Giordano dimissionario, scontro con Ferrero

Adesso, la battaglia del ribaltone dentro Rifondazione si combatte attorno ad un “comitato di garanzia” peri il congresso. E’ dietro questa formula infatti che si nasconde il braccio di ferro fra Giordano e Ferrero. Succede che il segretario, mentre tracimano proteste e sconcerto per la batosta elettorale, decide di presentarsi dimissionario,con tutto il gruppo dirigente del partito, allo show down del parlamentino, sabato prossimo. Dalla base, lettere di fuoco a Liberazionee manifesto, lacrime, rabbia e l’onda lunga del tutti a casa che monta. Veleni sul congresso, con il gruppo dell’Ernesto che parla di pacchetti di tessere comprati e venduti. Una forza d’urto che pesa nella scelta dei capi del partito di gettare la spugna. Una decisione che nel pomeriggio, prima che finisca sulle agenzie, viene anticipata all’ala del partito che soffia sul fuoco della rivolta. Ma la reazione dell’opposizione interna è gelida. Non basta gettare la spugna. «Dimissioni o no, francamente non cambia molto», taglia corto il capo dei senatori uscenti, Giovanni Russo Spena. «Qui il punto è che Giordano intende sciogliere Rifondazione: un’incomprensibile bizzarria, anzi una pazzia politica dopo la catastrofe della Sinistra arcobaleno». Spiegazioni, rassicurazioni, smentite arrivate dal segretario non sono servite, «non sarò certo io a mettere in liquidazione il partito» garantisce Giordano. Ferrero e compagni lo aspettano al varco. Ese nella sua relazione al comitato politico nazionale vedranno riaffacciarci ciò che, giurano, hanno sentito teorizzare come via d’uscita («ovvero un addio a Rifondazione, palese o occulto che sia»), chiederanno la conta e la sconfessione. A quel punto ne conseguirebbe la delegittimazione dello stato maggiore a traghettare comunque il partito verso il congresso straordinario dei primi di luglio. Ecco perciò che il cartello anti-bertinottiano metterebbe in pista la richiesta di un comitato dei garanti, azzerando i vertici. Di fatto, un ribaltone. Con lo stesso ministro Ferrero che potrebbe pilotare l’organismo di transizione, e quindi sistemandosi in pole position per la stagione congressuale che sceglierà il nuovo leader del partito. Bruciando sul tempo una discesa in campo di Vendola.
Ma Giordano è pronto al confronto, su regole e strumenti che assicurino equilibrio in questo difficilissimo passaggio è disposto a trattare. «A patto naturalmente — ha spiegato ai suoi — che non siano solo manovre con altri fini». La partita dei numeri è sul filo. La vecchia maggioranza (quella che al congresso di Venezia assicurò a Bertinotti il 60 per cento) si è spaccata, con Ferrero, Russo Spena e Mantovani ormai in rotta di collisione. E con i voti delle minoranze di Grassi e Giannini, il cartello potrebbe anche rovesciare i rapporti di forza al Cpn. Dove Fausto Bertinotti, fedele alla linea del passo indietro, non ci sarà. L’ex segretario si tiene ufficialmente fuori dallo scontro, ha cancellato tutte le presenze politiche più “militanti”, a cominciare dall’assemblea di Firenze promossa per sabato da Pancho Pardi. Ieri il saluto ai collaboratori della presidenza della Camera, poi riunione in viale del Policlinico ma solo per mettere a punto il nuovo numero della sua rivista “Alternative per il socialismo”. Ma sotto il cielo della sinistra il caos è grande. Un appello ad unire l’ala comunista, e cioè Rifondazione e Pdci, viene firmato da un gruppo di personalità vicine a Diliberto e al gruppo dell’Ernesto. I trotzkisti di Alternativa comunista decretano la morte della Sa e chiamano alla costruzione di una Cosa ultra-rossa. Mussi e i suoi tornano a riunirsi, con Cesare Salvi che pensa di riannodare il filo del dialogo con i socialisti di Boselli. E ai verdi giunge un appello al confronto dal Pd, lanciato dal responsabile ambiente Roberto Della Seta: Bonelli lo raccoglie, la De Petris lo rispedisce al mittente.