Giappone, la successione a Koizumi passa per il mausoleo della discordia

Xia Shuqin ha 77 anni e vive a Nanchino. Nei giorni scorsi ha vinto una causa importante contro due storici giapponesi che, in teoria, dovranno versarle un milione e duecentomila yuan (200mila dollari) per aver dato una versione ingiuriosa di una vicenda capitata nel 1937. All’epoca Xia aveva otto anni. Erano i giorni dell’occupazione giapponese e soldati del Sol levante entrarono a casa sua e sterminarono la sua famiglia. Assieme ai genitori e parenti di Xia morirono almeno altre 150mila persone: è il famoso e terribile massacro di Nanchino. Gli storici Shudo Higashinakano e Toshio Matsumura accusano Xia di aver mentito sulla portata degli eventi; il loro editore replica alla condanna chiamando in causa la libertà di parola. A differenza della Germania e dell’Italia, il Giappone non ha mai fatto i conti con la propria storia recente e questo, come testimonia la vicenda del processo agli storici, è un problema che peggiora le relazioni di Tokyo con i suoi vicini più prossimi e importanti (la Cina e la Corea del Sud).
A testimonianza dei cattivi rapporti c’è una seconda notizia che viene dal nordest cinese, dove un consolato giapponese è stato preso d’assalto da due-trecento persone che protestavano contro il console, reo di aver appiccicato la propria gomma da masticare sul sedile del taxi che lo trasportava. Il console e i suoi amici cinesi hanno litigato con il tassista e il tutto è finito a spinte e schiaffi. Poi i colleghi del conducente hanno formato un corteo per andare a protestare sotto al consolato di Tokyo. Era dal 2005, quando decine di manifestazioni si tennero in tutto il Paese per protestare contro la richiesta di un seggio permanente in Consiglio di sicurezza Onu, che non si tenevano proteste contro il Giappone. Da due o tre anni il clima non è comunque buono -nonostante i due Paesi abbiano un tale volume di scambi da rendere difficile una vera crisi.

Le tensioni tra Pechino, Seul e Tokyo sono tornate prepotentemente alla ribalta per colpa di Junichiro Koizumi, il grande rinnovatore della politica giapponese. Il primo ministro che ha visitato la casa di Elvis Presley mimando il movimento di bacino del re del rock’n’roll, che per primo ha mandato truppe nipponiche all’estero, risollevato (e liberalizzato) l’economia giapponese dopo 15 anni di crisi, sconquassato gli equilibri del partito Liberaldemocratico da sempre al potere, mette nei guai il suo Paese per ragioni legate proprio al massacro di Nanchino. Un bel paradosso per uno che ha tentato (a partire dall’Iraq) di dare al proprio Paese il peso internazionale che non ha mai avuto.

Il premier giapponese si reca con una certa frequenza a rendere omaggio ai militari giapponesi le cui spoglie sono custodite al mausoleo shintoista di Yasukuni. Tra questi anche diversi criminali di guerra di quelli che hanno operato e ordinato il massacro di Nanchino. La cosa non è mai piaciuta a Pechino, né ai coreani, riaccendendo gli animi e contribuendo a rafforzare i rispettivi nazionalismi. Koizumi è stato sottoposto a pressioni internazionali, criticato dalla stampa di tutto il mondo, ma si è sempre rifiutato di smettere le sue visite, spiegando che si trattava di una questione personale. La verità è che con le sue visite solletica una parte nostalgica della società giapponese, una parte importante visto che il Giappone è una società tanto vecchia quanto la nostra. Con l’omaggio ai criminali di guerra, Koizumi, alimenta anche le tensioni con la Cina e questo può essere utile in una fase in cui il nazionalismo sembra essere uno degli strumenti con cui nutrire le opinioni pubbliche asiatiche (in Cina, in India e anche in Giappone). La competizione con Pechino (e in parte anche con Seul) è di tipo economico: dopo decenni il Giappone si trova a non essere più la potenza asiatica assoluta. Avere argomenti non economici da agitare in uno scontro di questo tipo è pericoloso ma può tornare utile.

Il secondo paradosso della vicenda di Yasukuni è che Koizumi sta per farsi da parte. Lo aveva annunciato già prima delle ultime elezioni, quando lo scontro era sulla privatizzazione delle poste. Portato a casa il risultato di dare un colpo a uno dei più grandi monopoli pubblici – tra l’altro anche base elettorale di alcune correnti del suo partito – il primo ministro lascerà a settembre. Il 20 del mese prossimo gli stati generali Liberaldemocratici si riuniranno per eleggere il nuovo premier. Tutti dicono che sarà l’attuale capo di gabinetto Shinzo Abe, che in politica estera è noto per essere un falco. In vista della sua elezione è immediatamente circolata la notizia della sua visita segreta a Yasukuni. Del resto il favorito nella corsa alla premiership è nipote di Nobusuke Kishi, già premier nel dopoguerra e finito in carcere per aver organizzato campi di prigionia e lavori forzati in Manciuria durante l’occupazione. I legami del partito Liberaldemocratico con la parte peggiore della storia recente giapponese sono uno degli altri elementi che rendono popolari le visite a Yasukuni. Il Pld nasce dall’unione di grandi e potenti famiglie giapponesi che erano tali già prima della sconfitta militare. Il loro coinvolgimento nelle guerre imperiali rende, per importanti pezzi della ”balena bianca“ giapponese, la visita al mausoleo una forma di rito di famiglia. Abe, che come commenta lo Yomiuri Shimbun (uno dei grandi quotidiani giapponesi) è stato «solo cinque volte rieletto alla Camera», forse ha bisogno di visitare Yasukuni per riaffermare le proprie radici e rendere credibile la candidatura di un ”giovane“ di soli 51 anni. Quando fu Koizumi a guadagnare la leadership lo fece contro le correnti liberaldemocratiche in un periodo di profonda crisi per il Giappone e per il suo partito. Ora, con la ripresa e le elezioni appena vinte, occorre avere il sostegno delle correnti. E molti capibastone hanno già detto che chi non onora il passato non merita di diventare primo ministro.