Bernhard Docke è sconcertato.
L’avvocato di Murat Kurnaz, ventitreenne turco-tedesco di Brema da quattro anni rinchiuso e torturato a Guantanamo senza accuse formali, non credeva fosse possibile. Ufficialmente non ci sono e non ci dovrebbero essere contatti tra il centro di tortura e detenzione statunitense e la Germania, ma stando alle informazioni ricevute su Murat, Docke ha appreso che agenti dei servizi tedeschi avrebbero addirittura partecipato agli interrogatori del giovane a Cuba. Inoltre, ci sarebbe stata una collaborazione a distanza
a proposito della documentazione posseduta dagli investigatori tedeschi. «Era sorprendente per me, constatare il livello di conoscenza degli statunitensi sulle indagini degli investigatori a Brema», ha dichiarato l’avvocato in un articolo sulla vicenda pubblicato oggi dal settimanale die Zeit. Ufficialmente, nessun documento sarebbe volato dalla Germania in direzione Guantanamo.
Docke, che aveva chiesto chiarimenti sulle vicende del suo assistito ai servizi segreti nel 2003, ricevette risposta nel dicembre
dello stesso anno. Nella lettera si diceva che pur comprendendo la preoccupazione della famiglia, l’agenzia era tenuta al segreto. Solo l’allora ministro alla cancelleria Steinmeier – attualmente nell’occhio del ciclone per il caso Masri – poteva essere informato. Un’altra ombra si proietta sull’ex-governo Schroeder. Nuove rivelazioni intanto intricano la vicenda del cittadino tedesco Kahled Masri, fermato per uno scambio di persona dalla Cia, tenuto sotto sequestro e torturato per i primi cinque mesi del 2004 in Afghanistan. Stando alle dichiarazioni di un portavoce del ministero degli interni, il colloquio con cui l’ex-ministro Schily fu informato del caso dall’ambasciatore americano a Berlino, Coats, sarebbe avvenuto il 31 maggio quando ormai Masri era tornato
in libertà. E’ la principale linea difensiva dell’ex-ministro. Schily avrebbe comunque accordato, da parte sua, il pieno riserbo sul caso come richiesto dagli Stati Uniti. Ieri, però, il portavoce del governo Merkel, Ulrich Wilhelm ha assicurato che anche l’ex-ministro degli interni di Schroeder dovrà fornire spiegazioni all’organo di controllo dei servizi segreti (Pkg. Il lato grottesco della faccenda è
che lo stesso Pkg – obbligato a mantenere il riserbo sulle informazioni – secondo indiscrezioni del Berliner Zeitung, saprebbe già del sequestro dal 2004. Una cosa comunque è stata appurata: l’attuale ministro degli esteri Steinmeier ha ammesso di essere venuto a conoscenza del caso Masri nel giugno del 2004. Le probabilità che dalla sua scrivania l’informazione sia rimbalzata su quella dell’excancelliere è alta. E nel frattempo sulle scuse presentate martedì da Condoleezza Rice alla cancelliera Merkel per il rapimento di Masri è scoppiato un piccolo “caso” internazionale: in realtà sarebbero solo frutto della ricezione distorta delle dichiarazioni del
segretario di Stato da parte della cancelliera tedesca. Ieri il New York Timesha infatti riportato le parole di un alto collaboratore della Rice: «Non sappiamo che le sia passato per la testa (a Merkel)», avrebbe detto a proposito delle dichiarazioni sull’«errore riconosciuto» dagli statunitensi. Anche Schroeder – in un momento estremamente delicato, che potrebbe trasformare la memoria popolare del “cancelliere contro la guerra” in quella, impietosa, del cancelliere mendace e opportunista – è tornato ieri ad affacciarsi dal balcone della politica. Nessuna dichiarazione sul caso di Masri o di Kurnaz, ma un appello trasmesso da al Jazira, «all’umanità
e alla misericordia» dei rapitori iracheni per l’immediato rilascio dellíarcheologa tedesca Susanne Osthoff, sequestrata il 25 novembre in Iraq. Ieri, inoltre, Tony Blair ha voluto difendere la collaborazione tra il suo governo e quello dell’alleato atlantico Bush. Blair ha riconosciuto che le renditions fanno parte da anni della politica per la sicurezza nazionale degli Usa. «Ma è una pratica che deve essere realizzata nel rispetto delle convenzioni internazionali». Eppure, a guardare le cose con gli occhi sapienti del Wall
Street Journal, sono gli europei a torturare gli Stati Uniti con le loro pretese. In un editoriale dal titolo eloquente “La tortura europea
della Rice”, il quotidiano economico elogia la segretaria di Stato affermando che «se non fosse così diplomatica, farebbe bene a cancellare il suo viaggio in Europa, dicendo che non farà ritorno fin tanto che i politici del vecchio Continente non si decideranno
a crescere». Invece di ricevere i meritati ringraziamenti, Condoleezza Rice «è stata costretta ad ascoltare la lezione su falsi problemi come le prigioni “segrete” per i terroristi che hanno ucciso 3mila americani». Segrete per modo di dire, eufemizzano le virgolette: «La Cia non poteva compiere operazioni in Europa senza che i governi coinvolti ne fossero a conoscenza». Murat Kurnaz e gli altri prigionieri di Guantanamo e della Cia nel mondo stiano comunque tranquilli, perché ieri da Kiev, la Rice ha interdetto le forze militari statunitensi dalla tortura, ricordando gli obblighi stabiliti dalla convenzione internazionale contro l’odiosa pratica.