Germania / Progetto pilota alla Volkswagen

Forse è bene che inizino le ferie, così tutte le parti coinvolte avranno un po’ di tempo per riflettere. Il fatto è che nessuno può andare fiero per il modo in cui sindacato, rappresentanze interne e direzione della

Volkswagen hanno concluso, temporaneamente, le trattative sul nuovo progetto Volkswagen “5000 x 5000” (5.000 nuove assunzioni con salario mensile lordo, tutto compreso, di 5.000 marchi per addetto). Dato ormai per fallito, il progetto “pilota” ha ripreso vigore nelle ultime settimane, sia pure in parte ridimensionato: si parla ora di 3500 assunzioni per un periodo di formazione, che peraltro erano già programmate, per la costruzione di un mini-van su base Golf a Wolfsburg.

Peter Hartz, capo del personale e Klaus Volkert, presidente della Commissione interna, hanno annunciato che la Volkswagen occuperà inizialmente questi lavoratori in una sua affiliata, specializzata appunto nella formazione del personale e non vincolata al contratto interno. La paga sarà inferiore ai 5000 marchi. Gli altri 1500 sarebbero destinati alla costruzione di un minibus ad Hannover, la cui realizzazione però non è ancora decisa. Successivamente, se il progetto iniziale andrà avanti, le nuove maestranze potranno coltivare la speranza di passare alla nuova attività, sui cui aspetti concreti si saprà qualcosa di più dopo le ferie.

All’iniziale proposta della Volkswagen di assumere in una nuova società a responsabilità limitata, esterna al gruppo, 5.000 disoccupati con un salario lordo di 5.000 marchi mensili, proposta accompagnata da una certa disponibilità “critica” del consiglio di fabbrica, il sindacato metalmeccanico, per bocca del suo segretario generale Klaus Zwickel, aveva risposto picche. Pomo della discordia e scoglio, inizialmente insormontabile, era l’orario di lavoro settimanale e, in seconda battuta, proprio quei 5.000 marchi lordi che, pur sembrando molti, in realtà sono inferiori alla cifra prevista dal contratto collettivo.

La Volkswagen intendeva portare l’orario a una media annuale di 42,5 ore settimanali (in un primo momento proponeva addirittura le 48 ore). Decisivo al riguardo sarebbe stato il raggiungimento di un certo livello della produzione (“prima lo si raggiunge e prima si smette”, sosteneva la direzione), mentre l’Ig Metall avrebbe accettato al massimo le 35 ore della categoria.

A chi sostiene che con il suo atteggiamento il sindacato si è assunto la responsabilità di non dare lavoro a 5000 disoccupati, lo stesso sindacato ribatte che le condizioni imposte dalla Volkswagen sarebbero state in contrasto non solo con il contratto degli attuali occupati ma anche con il contratto collettivo della categoria, in particolare per quanto riguarda le 35 ore, aprendo le porte a una pericolosa spirale al ribasso. Va ricordato che alla Volkswagen sono tuttora previste 28,8 ore medie settimanali per 4 giorni la settimana: la loro introduzione nel 1994 aveva impedito il licenziamento di 30.000 addetti.

D’altro canto l’accordo, se fosse stato accettato, avrebbe potuto aprire la strada a ulteriori trattative. Senza contare le ragioni dei disoccupati. “Non sarebbe meglio lavorare 42 ore la settimana guadagnando 5000 marchi al mese piuttosto che passare tutto il giorno a casa passando ogni tanto all’Ufficio di collocamento?”, si chiedono in molti.

Inoltre va considerato che l’economia di un’intera regione, la Bassa Sassonia, dipende in buona parte dalle scelte della Volkswagen. Da qui i tentennamenti della stessa Ig Metall, al cui interno pare si siano scontrate i rappresentanti dell’anima riformista e di quella tradizionalista.

Inutile aggiungere che la maggior parte dei commentatori si è espressa in maniera anche aspra nei confronti del sindacato, (lo stesso Zwickel è stato definito “arrogante”), accusato per l’ennesima volta di difendere gli interessi degli occupati contro quelli delle persone che non hanno lavoro.

Più solidale appare invece il fronte sindacale. Le rappresentanze interne di Daimler Chrysler, Opel, Ford e Bmw hanno invitato i colleghi a respingere l’offerta della Volkswagen. “Le aziende – sostengono – avrebbero il pretesto per svuotare il contratto collettivo nei futuri nuovi insediamenti”. Di recente i consigli aziendali della Opel hanno impedito che la nuova fabbrica a Rüsselheim venisse edificata da una società del gruppo, per la quale il contratto collettivo non sarebbe stato vincolante.

Anche i consigli aziendali della Daimler Chrysler sono riusciti a imporre che la nuova fabbrica di motori prevista nella Germania est applichi il contratto collettivo di lavoro. Lo stesso dicasi per il nuovo stabilimento della Bmw di Lipsia. C’è da considerare infine che le stesse aziende non vedrebbero di buon occhio eventuali vantaggi di un concorrente dovuti a una riduzione contrattuale dei costi.

Come si vede è un bel rebus. In gioco non sono solo i 5000 posti lavoro, ma anche la futura politica contrattuale del sindacato metalmeccanico di fronte al tentativo dei datori di lavoro, più o meno scoperto, di negoziare condizioni di lavoro al di fuori del contratto collettivo in occasione di nuovi investimenti.

Dovessero aver successo a Wolfsburg, dove il sindacato metalmeccanico è molto forte (gli aderenti alla Ig Metall sono il 90 per cento), avrebbero sicuramente vita meno difficile altrove.