Germania: manager più ricchi, cittadini impoveriti

Tre milioni di euro di stipendio, in media, per il 2005. Un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. I manager delle prime 30 aziende quotate dalla borsa di Francoforte sono tra i più pagati in Europa. Le cifre le ha snocciolate lunedì scorso la Dsw, un’importante associazione per la tutela degli investitori tedeschi, con 60 anni di storia alle spalle e 28 mila associati.
Al primo posto della classifica si è piazzato Josef Ackermann, direttore di Deutsche Bank, con 8,4 milioni di euro percepiti nel 2005. Al secondo posto, con 5,2 milioni di euro, il presidente del cda di Daimler-Chrysler, Dieter Zetsche. L’aumento più consistente, due milioni di euro, se l’è invece assicurato il direttore della Commerzbank Klaus-Peter Müller: +175% rispetto al 2004. Chiudono la classifica Lufthansa e la società tecnologica Infineon, con i loro manager pagati poco al di sotto del milione di euro.
Non a tutti è però andata così bene. Klaus Kleinfeld, a capo della Siemens, si è visto bloccare l’auto-aumento di stipendio del 30% (circa 690mila euro in più dei 2,3 milioni guadagnati nel 2005). Il cda ha dovuto cedere alle pressioni dell’opinione pubblica, furiosa per il fallimento dell’ex-ramo della telefonia mobile Siemens, ceduto alla taiwanese BenQ. Solo sette imprese, in totale, hanno avuto l’ardire di ridurre gli stipendi ai piani alti, alcune anche a dispetto dei guadagni ottenuti.
Il livello delle retribuzioni non è affatto male anche per i manager delle altre aziende quotate: una media di 1,7 milioni di euro annui, escludendo le opzioni sulle azioni. Considerato il buon andamento delle imprese tedesche nei primi nove mesi del 2006 – il Dax 30 fa registrare sugli ultimi dodici mesi un aumento del 23% -, per l’anno prossimo gli stipendi dei piani alti tenderanno a crescere come o più degli anni precedenti.
Le notizie sugli stipendi milionari cadono proprio nel bel mezzo di un dibattito tormentato sulla nuova povertà in Germania. Secondo un recente studio commissionato dalla Fondazione Friedrich Ebert, vicina al partito socialdemocratico, sei milioni e mezzo di tedeschi, l’8% della popolazione, patiscono forti difficoltà economiche e una precarietà lacerante. Il dato è allarmante soprattutto per le regioni dell’ex-Repubblica democratica, dove è il 20% della popolazione a trovarsi in seria difficoltà.
Solo dal 2006 le imprese quotate sono obbligate dalla legge a rendere noti i dati relativi agli emolumenti per i top-manager. In passato ben sette delle imprese nel dax 30 avevano rifiutato di fornire le cifre e rendere così trasparente il capitale aziendale impiegato nelle retribuzioni milionarie. Tra queste Daimler-Chrysler, Bmw e Basf.
Per Ulrich Hocker, presidente della DSW, la società che ha redatto lo studio, non c’è comunque nulla di scandaloso. In fondo la maggior parte delle imprese in questione ha realizzato incrementi sugli utili rilevanti. Con alcune eccezioni: la Tui, leader mondiale del turismo organizzato, ha concesso un aumento del 26% ai suoi manager a fronte di perdite di valore sulle azioni pari al 23%. In fondo, commenta Hocker, «l’importante è non perdere il contatto con la base».