Germania, anno nero per il lavoro a rischio circa centomila posti

BERLINO – L´anno del lavoro perduto: così sarà ricordato in Germania il 2005. Se le prospettive per il 2006 permettono un filo di ottimismo, il bilancio dell´anno passato è davvero disastroso, soprattutto per un Paese abituato alle certezze della stabilità e alle garanzie del welfare. Le somme le ha tirate la Frankfurter Allgemeine Zeitung, pubblicando una classifica delle aziende che più hanno cancellato posti di lavoro.
E´ un massacro diffuso, che mette in imbarazzo il Gotha dell´economia mondiale. Ma la strage è soprattutto tedesca: in testa a tutti c´è la Deutsche Telekom, che cancellerà 32 mila posti di lavoro entro la fine del 2008, dopo averne fatto sparire oltre centomila nell´ultimo decennio. L´azienda propone un piano di prepensionamenti che le costerà 3,3 miliardi di euro, i sindacati annunciano scioperi, ma nel complesso l´ex monopolista del telefono sembra obbligato a un forte ridimensionamento.
Neanche l´auto sta bene: Daimler-Chrysler, fabbricante delle Mercedes, deve mandar via 16 mila persone. La maggior parte saranno dimissioni incentivate, ma dalle prime partenze nascono problemi nuovi: anziché giovani inesperti, ad abbandonare la stella a tre punte sono operai qualificati, pronti a riciclarsi altrove. Una situazione simile registrano Volkswagen (con 14 mila esuberi) e Opel (12 mila). E tremano anche le certezze di Deutsche Bank (con 6400 dipendenti da mandar via), della catena di supermarket Karstadt-Quelle (5700), del gigante dell´elettronica Siemens (5400), di marchi famosi anche nelle case italiane, come Aeg e Miele (elettrodomestici) e Grohe (rubinetterie).
L´emorragia è tanto forte che si riparla di emigrazione. Dalla ritrovata unità tedesca, quindici anni fa, oltre 1,8 milioni di tedeschi hanno lasciato il Paese per cercare fortuna all´estero. A moltiplicare la paura, in questi giorni è arrivata la certezza che le medicine fin qui proposte non sono in grado di tamponare l´emergenza. Le riforme del mercato del lavoro, divise in quattro “pacchetti” e conosciute da tutti con il nome di Peter Hartz, leader della commissione di esperti che le aveva preparate nel 2002, seguono una ricetta amara: avviano un duro ridimensionamento del welfare, con tagli alle indennità di disoccupazione e forti pressioni verso l´imprenditorialità diffusa. Ma proprio queste misure si sono rivelate inefficaci, quando non controproducenti. A scoprire che il farmaco non funziona è stata proprio una commissione governativa, il cui rapporto è finito sui tavoli dei giornalisti dell´Handelsblatt. E la sostanza è chiara: la cura è sbagliata. In particolare i tecnici puntano il dito contro le “Agenzie di servizi personali”, una sorta di sub-appaltatori di manodopera, che sembrano però aver aggiunto solo complicazioni e nuovi costi al mercato del lavoro. Ma va male anche l´idea dei “mini-jobs”, lavoretti pagati poco e non tassati, che non si trasformano in posti stabili. Qualche primo risultato viene dalla ricetta delle “Io-Spa”, un sostegno finanziario per lavoratori che vogliono mettersi in proprio. Ma è troppo costoso per le casse federali, e potrebbe essere sospeso nell´anno che verrà.