Le cannonate israeliane ieri sera hanno ripreso a martellare il nord della Striscia di Gaza. Colpi che indicavano che «Pioggia estiva», l’operazione delle forze di terra avviata a Rafah nella notte tra martedì e mercoledì, sta per investire altre aree, avvicinandosi sempre di più al capoluogo Gaza city da cui, nei sei anni di Intifada palestinese, i mezzi corazzati israeliani si sono tenuti a distanza, limitandosi a brevi ma devastanti incursioni nei rioni periferici. Tutto lo lasciava pensare ieri sera. D’altra parte lo stesso premier israeliano, Ehud Olmert, ha avvertito di essere pronto a tutto per assicurare la liberazione del caporale dell’esercito Gilad Shalit, rapito domenica a Kerem Shalom da un commando palestinese. «Non esiteremo a compiere azioni estreme per restituire Ghilad alla sua famiglia», ha ammonito. Olmert insiste sull’azione militare, non vede altra opzione. Come aveva lasciato intendere sin dall’inizio, non vuole dare spazio alle trattative con i rapitori e agli sforzi del presidente palestinese Abu Mazen per arrivare al rilascio di Shalit evitando nuove escalation. Si sta infilando in un vicolo cieco, preso dall’ansia di dimostrare all’opinione pubblica di essere nell’animo quel generale che non è mai stato sui campi di battaglia, di riguadagnare la fiducia degli israeliani che, da destra, criticano il suo piano unilaterale per la Cisgiordania. Può ancora fermarsi, evitare il peggio, ridare fiato al negoziato per il rilascio di Ghilad Shalit e, soprattutto, avviare il dialogo con Abu Mazen. Ma pochi credono che sceglierà di evitare un nuovo bagno di sangue.
In un vicolo cieco sta entrando anche Hamas che ieri ha fatto un passo sconcertante, che potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang. Il governo islamico, a sorpresa, ha proposto ad Israele uno scambio di prigionieri per risolvere la crisi del militare rapito. Il ministero dell’informazione palestinese ha diffuso un comunicato che indica come «logica naturale» procedere ad uno scambio. «Questo è quanto è stato fatto dai precedenti governi israeliani con Hezbollah e l’Olp ed è ciò che fanno gli altri paesi nelle situazioni di conflitto. La leadership israeliana sta prendendo una strada sbagliata e cerca di usare il prigioniero per scopi politici e per confondere la situazione politica palestinese», ha scritto Hamas. Con questa proposta i dirigenti islamici di fatto hanno dichiarato di stare dalla parte dei rapitori, esponendosi così alla rappresaglia di Israele che aveva immediatamente indicato in Hamas il «vero responsabile» del rapimento del militare. L’impressione ricavata dagli osservatori è che l’ordine al governo di puntare sullo scambio di prigionieri, sia giunto dalla leadership in esilio, visto che a sostenerla è stato principalmente Osama Hamdan, il rappresentante di Hamas in Libano e stretto collaboratore di Khaled Mashaal, capo dell’ufficio politico del movimento islamico in esilio a Damasco. Hamdan ha aggiunto che se Israele prosegue con la minaccia di uccidere Mashaal, «ci saranno serie conseguenze». La risposta israeliana non è tardata ad arrivare: cacciabombardieri dello Stato ebraico sono entrati nello spazio aereo siriano e hanno rotto la barriera del suono proprio sulla residenza di Bashar Assad a Latakia, per lanciare un avvertimento non solo a Mashaal, ma anche al presidente siriano.
Nei prossimi giorni a parlare saranno le armi, di fronte ad una Comunità internazionale paralizzata e ad una Amministrazione Bush che non va oltre lo slogan già noto: «Israele ha il diritto di difendersi». Fonti della difesa israeliana hanno confermato che l’incursione cominciata a Rafah rappresenta solo la prima fase di «Pioggia estiva», anche se non sarebbe intenzione di Tel Aviv di rioccupare Gaza. Ieri sera i carri armati e mezzi blindati erano schierati in un’area aperta a est di Rafah, nei pressi del valico fra Gaza e l’Egitto. Alcuni blindati hanno occupato l’aeroporto internazionale di Dahaniyeh, l’unico scalo di Gaza, da tempo fuori servizio. Gli F16 hanno colpito anche un presunto campo di addestramento di miliziani di Hamas, oltre ad aver distrutto la centrale elettrica e tre ponti (due palestinesi sono stati uccisi da una esplosione di un ordigno a Khan Yunis). La tensione è salita alle stelle anche in Cisgiordania dove reparti israeliani hanno compiuto incursioni, in particolare a Ramallah, alla ricerca di un colono ebreo dell’insediamento di Itamar rapito dai Comitati di resistenza popolare, come nel caso di Ghilad Shalit. In serata è giunto un nuovo annuncio: un terzo cittadino israeliano sarebbe nelle mani di gruppi armati palestinesi. Sarebbe un 62enne originario della città di Rishon Lezion.