«Hanno chiuso tutte le famiglie delle tre case occupate, in un’unica stanza senza acqua e senza luce. Eravamo dentro con circa 30 bambini, senza cibo, latte e acqua. Sentivamo solo forti spari. Le nostre case sono state occupate e distrutte. In ogni stanza hanno fatto buchi sulle pareti per far sparare i cecchini addosso alle persone che si muovevano di fuori. Ci hanno distrutto tutto il campo di olivi e di uva che dovevamo raccogliere tra poco. Anche il nostro trattore è stato schiacciato dal carro armato. Nel nostro campo hanno parcheggiato circa 20 carri armati che sparavano in continuazione». Questa è la testimonianza di Mohamed, impiegato della Municipalità di Beit Lahya, raccolta da operatori umanitari italiani entrati sabato scorso nelle aree del nord della Striscia di Gaza (Beit Lahy, località At Tatra) da cui l’esercito israeliano si è allontanato per avanzare verso Gaza City. I cooperanti italiani riferiscono che al momento gli operai della municipalità stanno cercando di ripristinare acqua e luce e soprattutto le strade intorno alle case, «che sono diventate cumuli di sabbia e macerie», come ci ha riferito Meri Calvelli dell’Ong Cric, che ha aggiunto «le case requisite sono andate distrutte in gran parte, sia internamente che esternamente. Le famiglie sono state rinchiuse in un’unica stanza per tre giorni, senza avere la possibilità di muoversi e di uscire». Molte delle abitazioni, sempre secondo la testimonianza dei cooperanti, sono state occupate, perché posizionate in zone strategiche e trasformate in luoghi di coordinamento delle attività sul campo. I raid aerei che continuano quotidiani sulla Striscia partono invece da territorio israeliano. Ancora una volta nel corso delle incursioni sono stati colpiti dei civili. I colpi esplosi da un elicottero «Apache» sulla strada Mansour (est di Gaza) hanno ferito due passanti, uno dei quali in maniera grave. Nei raid di ieri mattina sono inoltre stati uccisi o due membri delle brigate An Nasser Salah Addin e feriti altri 4 miliziani. Altri tre palestinesi sono invece morti durante le due incursioni pomeridiane a nord della striscia.
L’operazione militare in corso è stata difesa dal premier israeliano Ehud Olmert, che ha respinto le critiche rivolte al suo governo dall’Unione Europea. «Quando è stata l’ultima volta che l’Unione Europea ha condannato i lanci di razzi e quali misure efficaci ha proposto per fermarli?», ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa tenuta domenica a Gerusalemme, aggiungendo che le operazioni militari nella Striscia di Gaza non hanno una scadenza e andranno avanti fino a quando non avrà conseguito il duplice obiettivo di ottenere la liberazione del soldato rapito e la fine dei lanci di razzi.
Mentre gli Stati Uniti hanno espresso, attraverso il sottosegretario Nicholas Burns, pieno appoggio ad Israele per la strategia adottata a Gaza, sottolineando che la situazione attuale è stata determinata dalla «oltraggiosa azione di Hamas in violazione della sovranità territoriale di Israele», l’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno nuovamente reclamato la necessità di aprire dei corridoi umanitari per far fronte all’emergenza vissuta in queste ore dalla popolazione di Gaza.
Permangono intanto le ambiguità sulla possibilità di una soluzione negoziale della crisi in corso. Mentre Olmert continua a ripetere che Israele «non rilascerà prigionieri palestinesi ad Hamas in cambio del caporale Shalit», il suo ministro degli Interni Roni Bar-On, ha dichiarato in un’intervista televisiva, che «se il soldato sarà liberato noi potremmo considerare di nuovo la liberazione di detenuti palestinesi così come abbiamo fatto prima del suo rapimento».
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti palestinesi, i negoziati sull’ipotesi dello scambio sarebbero attualmente gestiti da Ahmet Davutoglu, consigliere del premier turco Erdogan, che dovrebbe recarsi a Damasco, ove attualmente sono in visita anche emissari dell’Olp (Abdallah al-Hourani, membro del comitato esecutivo dell’Olp, e Taysir Khaled, del Fronte Democratico) inviati dal presidente palestinese Abbas per colloqui con il leader esiliato di Hamas Khaled Meshal. Quest’ultimo, considerato la mente del blitz palestinese dello scorso 25 giugno in Israele, come dell’implementazione della strategia modello “Hezbollah”, ha ieri definito l’attuale premier Olmert «un piccolo Sharon», aggiungendo che il soldato Shalit è un «prigioniero di guerra» e pertanto quanto previsto dalle convenzioni internazionali in materia sarà applicato al caso. «La soluzione è semplice: uno scambio, ma Israele lo rifiuta» ha dichiarato ieri Meshal. Secondo un sondaggio del Jerusalem Media and Communication Centre, la maggioranza dei palestinesi è favorevole al rapimento di israeliani (66,8%), ad appoggia sia l’azione che ha portato al rapimento di Shalit (77,2%), che il lancio di razzi Qassam su Israele (60%). Ieri è morto in ospedale a causa delle ferite subite durante un raid israeliano avvenuto lo scorso mese Nidal Wahbal. Aveva 15 mesi.