Gaza deve vivere

Con l’appello «Gaza vivrà», lanciato a fine settembre, siamo stati tra i promotori della campagna per la fine dell’embargo a Gaza. Questo embargo ha già mietuto centinaia di vittime, falciate dalla mancanza di medicine quando non direttamente dalle pallottole e dai missili israeliani. Gaza è oggi il luogo dove si concentra il massimo dell’oppressione nei confronti di un popolo. Il criminale strumento dell’embargo, concepito per piegare la resistenza di una popolazione colpevole di aver votato in maniera opposta ai desideri dell’occidente, è reso qui ancor più odiso dalle drammatiche condizioni frutto di decenni di occupazione. Gli ospedali non possono assicurare il loro servizio sanitario a causa di ricorrenti black-out. Metà della popolazione, vittime anzitutto i bambini, è sottoalimentata per il severissimo filtro sull’importazione degli stessi beni di prima necessità. Siamo in presenza di un’enorme catastrofe umanitaria che avviene sotto gli occhi di un’Europa muta e inerte.

Con la conferenza di Annapolis, che molti analisti considerano come un incontro voluto da Bush per preparare una nuova e più devastante guerra, questa volta da scatenare contro l’Iran, la situazione a Gaza e nel resto della Palestina rischia di precipitare ulteriormente. A Annapolis gli Usa sono riusciti a associare definitivamente Abu Mazen al loro disegno, con lo scopo di utilizzarlo per piegare la volontà di resistenza del popolo palestinese.

I risultati già si vedono, con Israele che si sente ancor più legittimato nella sua quotidiana azione di guerra. E’ in questo contesto che le organizzazioni umanitarie di Gaza ci hanno chiesto di inviare una delegazione sul posto. Stiamo lavorando, quindi, all’invio di una delegazione rappresentativa dei firmatari dell’appello che si recherà a Gaza nelle prossime settimane. La delegazione avrà incontri politici e con le organizzazioni umanitarie per promuovere nuove iniziative tese a contrastare l’embargo e i suoi effetti sulla popolazione.

Già si intravedono le difficoltà: non solo il governo israeliano controlla gli accessi alla Striscia di Gaza, ma si riserva ogni decisione in merito all’ingresso delle persone all’interno di questo enorme campo di concentramento. Con ulteriore salto di qualità. In Jugoslavia e in Iraq, ad esempio, l’embargo riguardava solo le merci; in Palestina abbiamo invece un embargo che a discrezione delle autorità israeliane riguarda anche le persone. E’ il momento che il governo italiano esca allo scoperto. Già si è reso complice di un embargo affamatorio. Ora vuole forse accordarsi anche alla pretesa israeliana di impedire ogni accesso a Gaza? Facciamo perciò appello a tutti i democratici, che oggi non possono non avvertire la drammaticità della situazione umanitaria di Gaza, affinché si uniscano a questa iniziativa. Per informazioni e adesioni: www.gazavive.com

Fosco Giannini, Gianni Vattimo, Danilo Zolo, Giovanni Franzoni, Lucio Manisco, Fernando Rossi, Leonardo Mazzei