GENOVA—«Io poi non capisco neppure come questa cosa possa aiutare i colleghi…». Il 26 aprile 2007 c’è la telefonata più importante. I magistrati la considerano una prova definitiva del fatto che l’ex questore di Genova Francesco Colucci non agiva per sé, e neppure per i colleghi, ma per conto dell’allora capo della Polizia. Il collegamento diretto.
La Procura di Genova chiede il rinvio a giudizio per Gianni De Gennaro, indagato dal giugno 2007 per aver istigato Colucci, (promosso prefetto dal 15 febbraio scorso) a rendere falsa testimonianza durante un’udienza del processo Diaz, che vede imputati alcuni dei principali funzionari della Polizia italiana. L’atto di accusa dei magistrati è stato depositato giovedì all’ufficio di presidenza dei Giudici per le indagini preliminari. Viene chiesto il processo anche per Spartaco Mortola, il funzionario che raccoglie le confidenze di un Colucci ignaro di essere intercettato in quanto indagato in una inchiesta sulla sparizione delle false bombe molotov che dovevano servire per «incastrare» i 93 manifestanti arrestati durante il blitz alla Diaz. Ovviamente quest’ultimo è decisamente il più inguaiato. Per lui, l’accusa più grave, falsa testimonianza.
Il documento della procura — alcune decine di pagine — condensa i punti chiave di un’inchiesta che ha messo assieme un’enorme mole di materiale probatorio: intercettazioni, verbali di interrogatori, deposizioni, materiale di repertorio del processo Diaz, quasi i.300 pagine. Nella loro ricostruzione, la tesi di un’unica regia impegnata a sviare e condizionare il processo per i reati commessi dalla Polizia durante l’irruzione alla scuola Diaz resta sullo sfondo. Tutto è circoscritto alle lunghe chiacchierate (ne vengono citate sei) tra Colucci e il suo sparring partner Mortola, all’epoca capo della Digos di Genova, oggi vicequestore a Torino, che si prende la briga di rinfrescare la memoria al suo ex superiore. Grande risalto viene dato al colloquio del 26 aprile, quando l’ex questore racconta di essere stato a Roma: «Sono tornato ora, e praticamente il giorno 3 maggio devo venire a
Genova… Il capo m’ha dato le sue dichiarazioni. Mi ha fatto leggere, poi dice… tu, devi, bisogna che aggiusti un po’ il tiro». Colucci riferisce che il capo della Polizia gli chiede di farlo per i colleghi imputati nel processo, ma è perplesso. La richiesta principale riguarda infatti Roberto Sgalla, capo ufficio stampa del Viminale. Interrogato nel 2001, e poi davanti alla commissione di indagine parlamentare, Colucci raccontò di non averlo avvisato affinché si presentasse alla Diaz. Adesso dovrà cambiare versione, ma l’ex questore che dichiara più volte di non ricordarsi davvero nulla («C… sono passati sei anni!»)
non capisce cosa possa servire ai colleghi da aiutare questo dettaglio. Secondo i pm genovesi, serve soltanto a De Gennaro, per altro mai indagato nell’inchiesta sui fatti della scuola Diaz, per cancellare dalla propria immagine l’ombra di un pur minimo sospetto. Una questione che De Gennaro rischia di pagare cara se il Gip riterrà di accettare la richiesta di rinvio a giudizio, n 16 novembre, l’ex capo della Polizia aveva scritto a Colucci, invitandolo a riflettere «sulle ragioni che ti hanno indotto a cambiare versione». Era un invito a presentarsi davanti ai magistrati per chiarire. Ma — dopo molto tergiversare — non è stato accolto dall’ex questore.
Ma già così, per De Gennaro il prezzo da pagare è elevato. L’11 giugno 2007, quando ricevette l’avviso di garanzia, Gianni De Gennaro era ancora il capo della Polizia. Si dimise nove giorni più tardi, la novità sul suo conto era intanto diventata pubblica, per diventare capo di gabinetto del ministro dell’Interno, Giuliano Amato.
Con la benedizione dell’intero arco parlamentare, l’8 gennaio scorso ha assunto il ruolo di commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, compito di difficoltà estrema. Da «licenziato», anche per la sinistra radicale divenne l’unica possibile risorsa per risolvere una situazione drammatica. A poco più di un mese alla scadenza del suo mandato, i risultati del suo lavoro — soprattutto a Napoli città — si vedono. Ma il passato, a volte, ritorna.