Fuoco amico Usa? È giallo sui 5 agenti uccisi al check point

Prima il governo Karzai che chiede agli americani «una chiara spiegazione» sull’attacco, arrivando a definirlo «imperdonabile», poi la marcia indietro, con la dichiarazione che ad ammazzare cinque poliziotti afghani non è stato il «fuoco amico», ma i taliban. È giallo sulle circostanze che ieri mattina nella provincia meridionale di Helmand hanno portato allo scontro a fuoco in cui sono rimasti uccisi i cinque agenti.
Il ministero dell’interno e Isau Khan, vice capo della polizia della provincia dove ha sede il quartier generale britannico, in un primo momento avevano puntato l’indice direttamente contro gli statunitensi. Poi un comunicato della Nato ha affermato: «Contrariamente a quanto diffuso dai media, non c’è stato alcun coinvolgimento dell’Isaf nell’incidente di Gereshk, nella provincia di Helmand, che è costato la vita a cinque poliziotti afghani». A quel punto Khan ha modificato la sua versione dei fatti e ha garantito che, «dopo avere effettuato indagini sul posto», è stato stabilito che i poliziotti sono caduti in un’imboscata dei talebani in seguito fuggiti prima dell’arrivo sul posto di una pattuglia della Nato. Da mesi le truppe statunitensi sono accusate di avere il grilletto facile e di aver compiuto una serie di stragi di civili, soprattutto però con i bombardamenti dell’aviazione.
Secondo una ricostruzione effettuata dalla Bbc in base a testimoni locali che hanno chiesto di rimanere anonimi, l’incidente sarebbe avvenuto quando una pattuglia dell’esercito afghano ha raggiunto un posto di blocco della polizia nella località di Spin Kalay: ne sarebbe nato uno scontro a fuoco in cui i soldati avrebbero avuto la meglio. Una pattuglia di statunitensi – unità speciali che addestrano l’esercito regolare di Kabul – sarebbe sopraggiunta subito dopo la fine della sparatoria. Ma resta un mistero il perché l’esercito avrebbe dovuto sparare sulla polizia.
Intanto l’appello della Nato a inviare più truppe in Afghanistan è stato raccolto da uno dei nuovi partner dell’Alleanza: la Bulgaria ieri ha annunciato che nel giugno prossimo spedirà altri 335 uomini, per rafforzare la sua presenza militare sul posto. Il contingente bulgaro, che partecipa alla missione Isaf (International security assistance force), è composto attualmente da circa 80 soldati. Un’unità di 200 soldati bulgari sarà schierata presso l’aeroporto di Kandahar, nel sud del paese, una delle aree più calde, teatro di frequenti attacchi delle milizie talebane. Altri 120 soldati e 15 ufficiali saranno invece dislocati a Kabul, per attività di peacekeeping e di coordinamento dei progetti di ricostruzione. Successivamente i soldati bulgari saranno inviati anche nelle regioni settentrionali dell’Afghanistan. La Bulgaria, che è entrata nella Nato nel 2004, ha inviato truppe anche in Kosovo e in Bosnia. In Iraq, 154 soldati, posti sotto il comando degli Stati Uniti, sono schierati a presidio del campo profughi di Ashraf, a nord di Baghdad.
Non si ferma intanto la scia di attacchi suicidi che sta insanguinando il sud del paese: Un uomo ha innescato l’esplosivo che portava addosso nei pressi di una pattuglia militare nella provincia di Kunar, al confine con il Pakistan, secondo il capo della polizia provinciale Abdul Jalal Jalal. «Due soldati e un civile sono rimasti feriti, mentre il kamikaze è stato dilaniato dall’esplosione», ha detto la fonte alla France Presse.