Francois Bayrou, il terzo uomo

Di sinistra, Bayrou? L’ultimo sondaggio dà il «terzo uomo» al 24%, a un punto da Royal e due da Sarkozy. Ps e Ump cominciano a inquietarsi. Ieri, Sarkozy ha tirato fuori l’ultimo asso dalla manica anti-Bayrou : nel giorno della festa delle donne, la centrista più autorevole, Simone Veil, che ha dato il suo nome alla legge sull’aborto, ha assunto la presidenza del comitato di sostegno al candidato Ump. Ma la preoccupazione è più forte a sinistra, perché una parte del tradizionalle elettorato socialista sembra essere preda della seduzione operata dal centrista François Bayrou.
L’appello a votare Bayrou di un gruppo di personalità che si firma «Spartacus» – alti funzionari in maggioranza provenienti dalla «seconda sinistra», che si definiscono «socialisti e di sinistra» – ha creato un terremoto. Poi alcuni intellettuali e artisti hanno fatto la stessa mossa. Le ragioni addotte sono di diverso ordine: Bayrou è «serio», dicono alcuni, «non fa promesse campate in aria», «dà prova di buon senso», la sua candidatura «permette di rompere il duopolio Ump-Ps» con l’ipotesi della creazione di un nuovo partito democratico, e, soprattutto, ultimo argomento, «è l’unico in grado di battere Sarkozy al secondo turno». Come dire: il successo di Bayrou si sta costruendo sulle debolezze della candidata socialista. Ma l’impennata nei sondaggi del candidato centrista è fragile: mentre il 50% dei francesi afferma di aver già deciso, il 62% di coloro che dicono di poter votare Bayrou dichiarano di poter ancora cambiare idea. I più convinti sono le categorie socio-professionali superiori, quadri dirigenti e professioni liberali (al 35% a favore del voto per Bayrou). I meno convinti, gli operai, che solo all’11% scelgono il centrista.
Nei fatti, l’Udf è un partito che finora si è sempre collocato a destra dello scacchiere politico. Ha un ministro, Gilles de Robien alla Pubblica istruzione, nel governo Villepin (anche se le tensioni tra Robien e Bayrou sono forti). Udf rimanda a Giscard d’Estaing, a Raymond Barre (in questi giorni sotto accusa per dichiarazioni antisemite, in difesa di Maurice Papon, che era stato suo ministro, il prefetto della Gironda da poco deceduto, condannato per crimini contro l’umanità per la responsabilità nella deportazione di migliaia di ebrei), a economisti liberisti. Ci sono stati presidenti di regione Udf che per farsi eleggere non hanno esitato a concludere accordi con il Fronte nazionale.
Il partito si è spezzato, quando con la fondazione della Ump da parte di Chirac tutta un’ala è trasmigrata nel nuovo partito della destra (il ministro degli esteri attuale, per esempio, Philippe Douste-Blazy, l’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin). Bayrou, è vero, dal 2002 ha cercato di prendere le distanze dall’alleanza con l’Ump. Ha votato la censura al governo Villepin assieme ai socialisti in occasione dell’ultima finanziaria. Ma è stato seguito solo da un terzo dei deputati dell’Udf, che temono, tanto più adesso, per la loro rielezione se cade l’accordo elettorale con l’Ump (dopo la presidenziali ci saranno le legislative). Alcune personalità Udf in questi giorni hanno voltato le spalle a Bayrou, per schierarsi con Sarkozy.

La battaglia degli insegnanti
Gli insegnanti sono i più sensibili alla «tentazione Bayrou». Soprattutto dopo che un video pirata è circolato su Internet : si vede Ségolène Royal che afferma che gli insegnanti dovrebbero stare a scuola 35 ore (invece delle 15-18 attuali), per assicurare dei corsi di sostegno (invece di dare lezioni private). Gli insegnanti rappresentano (rappresentavano?) una tradizionale riserva di voti per il Ps. Ma le cose stanno cambiando. Royal ha cercato di recuperare, riprendendo da Tony Blair lo slogan «istruzione, istruzione, istruzione», come promessa di futura prioprità del suo quinquennato. Propone degli «stati generali» dell’educazione, ma irrita la categoria con la proposta di rivedere la carta scolastica, che rende obbligatoria l’iscrizione nelle scuole elementari e medie del quartiere. Bayrou si fa paladino della carta scolastica, perché eviterebbe i ghetti (era questa l’intenzione delle origini, ma oggi non funziona più, vista la ghettizzazione immobiliare). Rispetto al programma di Royal, gli insegnanti non apprezzano neppure l’idea di un secondo adulto nelle classi difficili.
Bayrou, invece, come si dice in francese, accarezza gli insegnanti nel senso del pelo. È stato ministro della Pubblica istruzione, a tutt’oggi il più popolare, dopo Jack Lang, della V Repubblica. Allora, aveva commesso un errore che avrebbe potuto essergli fatale: aveva cercato di riformare la legge Falloux, per poter dare un finanziamento pubblico alle scuole confessionali (cattoliche prima di tutto), ma aveva dovuto rinunciare in fretta di fronte a una mega-manifestazione di protesta. Oggi sostiene di aver «sbagliato» e gli insegnanti, legati alla laicità della scuola, hanno dimenticato. I sindacati degli insegnanti, ha cui ha reso un forte omaggio nel suo ultimo intervento in tv, ricordano invece molto bene che con Bayrou ministro avevano di fatto co-gestito la pubblica istruzione. Oggi, Bayrou promette di mettere fine «alla caccia ai posti», cioè alla riduzione dell’organico.

Imprese, politica economica, fisco
Bayrou, o il buon senso in economia. A cominciare dalla riduzione del debito pubblico, che ipoteca il futuro. Per Bayrou, non è possibile fare promesse di spesa se prima non si sono risanati i conti dello stato (che promette di risanare in tre anni). 35 miliardi di euro per l’applicazione del programma di Royal, solo 11,2 per quello di Bayrou. Il candidato centrista chiede all’amministrazione pubblica uno sforzo di produttività del 2% l’anno, per otto anni, propone di iscrivere nella Costituzione, come in Germania e in Gran Bretagna, la proibizione di votare una finanziaria in deficit per le spese correnti (salvo in periodo di recessione). Difende la filosofia del «piccolo è bello», esaltando la piccola e media impresa: vorrebbe esonerare dai contributi due assunzioni per impresa, e riservare alla piccola e media impresa il 20% dei grandi appalti pubblici e il 100% di quelli sotto i 50mila euro. Per Bayrou, «l’impresa è il motore della social-economia», per questo vuole abolire di fatto le 35 ore favorendo gli straordinari, si schiera contro l’aumento delle tasse (ma parla di necessaria «solidarietà» per i più ricchi, senza precisare), vuole l’esonero dei diritti di succesione fino a 200mila euro, intende realizzare una riforma delle pensioni che abolirà i «regimi speciali» (più favoreli, come nelle ferrovie).
Anche Ségolène Royal ha parlato del carattere «insostenibile» del debito pubblico. Dopo alcune prese di posizoni iconoclaste, come sugli effetti negativi per certe categorie più deboli delle 35 ore, ha adottato un programma social-democratico abbastanza classico: aumento dello smic, senza per questo schiacciare i salari appena al di sopra del minimo, aumento delle basse pensioni, aiuti pubblici alle imprese condizionati alle rinunce ai licenziamenti e al passaggio dai contratti precari a quelli a tempo indeterminato, largo spazio ai sindacati (anche se ha rinunciato all’idea di rendere obbligaria l’iscrizione per tutti i dipendenti). E soprattutto, l’idea principale: Royal vuole istituire una «sicurezza sociale professionale», che permetta alla flessibilità esistente di combinarsi con una protezione dei lavoratori (90% del salario per un anno garantito, in cambio di un impegno di formazione). Sull’immigrazione, Royal vuole riaprire le porte a chi viene in Francia per lavorare, con permessi di soggiorno che permettano andate e ritorno nel paese d’origine.

Giovani
Bayrou, nella campagna elettorale del 2002, ha preso a schiaffi un ragazzino che, in banlieue, cercava di rubargli il portafoglio. Vuole introdurre il servizio civico obbligatorio di sei mesi. Promette di «associare il primo contratto di lavoro alla formazione professionale». A scuola, vuole la «disciplina», con l’espulsione degli alunni che disturbano (e che verranno recuperati da servizi speciali di educazione). Anche Royal è per l’ordine, ma che sia «giusto». Vuole aumentare i «diritti» dei giovani (in termini di aiuti pubblici per gli studi o la casa), promette un «diritto al primo impiego», ma chiede delle contropartite. Anche Royal è per il servizio civico di sei mesi. E per i violenti, ci sarà l’ «inquadramento militare». Ma ha anche adottato un linguaggio «materno» verso i giovani, che rifiuta di considerare «come un peso, una minaccia». Sulla violenza nei quartieri periferici, ha ripreso l’ allarmismo della sinistra socialista: «se non facciamo niente, ci saranno rivolte di una violenza estrema, gesti di disperazione radicale, atti di nihilismo senza eguali». Bayrou ha fatto varie visite in banlieue, dove ha adottato un linguaggio paternalista: «quanti figli ha?» ha chiesto a una signora di origine immigrata. «Otto», «che bello, io ne ho sei».

Istituzioni
Qui, Bayrou vuole mettere la dinamite, parla di «elettrochoc». Ha «ossevato il degrado della vita politica francese» e vuole riformare a fondo: propone la creazione di un «partito democratico», che prenda il meglio da destra e da sinistra. Ammicca alla possibilità di nominare un primo ministro socialista, se sarà eletto. Guarda al modello del governo Merkel (o anche a Prodi, ma dopo il ruzzolone sull’Afghanistan non lo cita più). Promette di presentare dei candidati alle legislative di giugno della nuova «maggioranza presidenziale» (ma i parlamentari Udf, sempre eletti grazie all’accordo di desistenza con l’Ump, temono per la loro rielezione).
Promette di cambiare il sistema elettorale, ritoccando il maggioritario a due turni attuale (ma non potrà farlo per le legislative di giugno): 50% eletti con lo scrutinio maggioritario di circoscrizione, 50% con il proporzionale, con uno sbarramento al 5%. Al prezzo di far entrare il Fronte nazionale all’Assemblea. Secondo degli analisti politici, la proposta Bayrou riesce a combinare il peggio della Quarta Repubblica (l’instabilità legata alla moltiplicazione dei partiti e delle alleanze variabili), con il peggio della Quinta (il sistema presidenziale), lasciando un immenso spazio agli estremismi – a destra come a sinistra – che diventeranno in questo schema il solo modo per votare «no» al sistema. Anche Royal vuole riformare, ma con moderazione.
Non ha accettato di inserire nel suo programma le idee sulla VI Repubblica di uno dei suoi portavoce, Arnaud Montebourg. Per il proporzionale, intende metterne «una dose». Vuole ridurre il train de vie dell’Eliseo, impedire il cumulo delle cariche (vecchia proposta, mai realizzata, nel paese dei deputati-sindaci). Introdurre la democrazia partecipativa in tutti gli enti pubblici, con un milione di firme di cittadini una proposta di legge dovrà essere dibattuta in parlamento. Dare il diritto di voto agli immigrati dopo 5 anni di residenza, per le elezioni locali.