Francia, le ferite di destra e sinistra

Due grossi premi di consolazione, contro una marea di sconfitte. Il giorno dopo il risveglio non è dei migliori per la sinistra francese in generale e per il governo Jospin in particolare. Ma neppure all’Eliseo esultano. Due grosse vittorie subito definite “storiche” – Parigi e Lione a sinistra, dopo un secolo di potere di destra (dal 1871 per Parigi e dal 1906 per Lione) – e due importanti successi (la conquista di Digione dopo trent’anni di destra e quella di Ajaccio, dal 1790 in mano ai conservatori), nascondono un panorama nazionale molto meno roseo per la sinistra francese. Le speranze a Tolosa svaniscono, e il candidato centrista Philippe Douste-Blazy vince, malgrado l’appoggio dato dai Motivé-e-s al socialista François Simon. La destra strappa a socialisti e comunisti una trentina di città con più di 30mila abitanti. Strasburgo, Rouen, Orléans, Aix en Provence, Nimes, Tarbes, Chateauroux, Lisieux, Epinay sur Seine… è l’inizio di una lunga lista di sconfitte. La destra conquista 40 città con più di 15mila abitanti: il risultato finale è 318 per la destra, 259 per la sinistra e 3 rimaste all’estrema destra (che dopo il crollo del primo turno, conferma i suoi punti di forza locali, dopo Orange ripresa al primo turno, di Marignane e Vitrolles).
In alcuni casi, è stata la divisione a far perdere la sinistra. Il caso più palese è Strasburgo, dove l’ex ministra Catherine Trautmann ha perso (nel ’95 era stata eletta al primo turno) perché ha dovuto far fronte a una trinagolare con la presenza di una lista di destra e di una dissidente socialista. Per Jospin, il dopo-municipali rischia di trasformarsi in un rompicapo politico: non solo sono cambiati gli equilibri all’interno della sinistra plurale (c’è il crollo comunista e la crescita dei Verdi), ma la conferma del fallimento dei ministri-candidati (dopo la sconfitta al primo turno del comunista Jean Claude Gayssot e della verde Dominique Voynet, hanno seguito questa china domenica la socialista Elisabeth Guigou a Avignone, il socialista Pierre Moscovci a Montbéliard e persino Jack Lang a Blois). “Dei ministri sono stati puniti, ma non per questo devono dimettersi” è arrivato ad affermare ieri François Hollande, segretario del Ps. E’ tutto dire sul clima al governo: Jospin si interroga sulle legislative e le presidenziali del prossimo anno. Come potrà vincere con un’équipe che ha la marca del perdente?
Intato, ieri, il primo ministro ha annunciato che i ministi eletti sindaci (Marylise Lebranchu e Claude Bartolone) dovranno scegliere.
Parigi e Lione sono due vittorie simboliche per la sinistra. Ma che, come le sconfitte, faranno riflettere. Nella capitale, è un quasi sconosciuto che arriva alla poltrona di sindaco, con il 49,6% dei voti: Bertrand Delanoë incarna quelle che erano state le promesse di novità di Jospin – modestia, voglia di lavorare, attenzione ai cittadini – poi non mantenute dai ministri del governo.
A destra, domenica è stata una serata dei veleni: il sindaco uscente Jean Tiberi e il candidato ufficiale Philippe Séguin si sono gettati mutualmente addosso la resposabilità della sconfitta. Tiberi si consola con una rielezione con il 53% dei voti nel suo feudo del V arrodissement, mentre Séguin porta a casa un modestissimo 25% nel XVIII. Anche a Lione è soprattutto la divisione della destra che ha permesso alla sinistra, minoritaria in numero di voti, di eleggere Gérard Collomb. E’ l’accordo voluto a tutti i costi proprio da Chirac, tra il candidato gollista (che aveva preso il posto del liberale capo-lista, dimissionario dopo il primo turno) e l’ex miistro Charles Millon, capo di una scheggia di destra cattolica ultraconservatrice, che ha fatto crollare la destra. Gli elettori non hanno seguito questa proposta, che significava passare una spugna sull’accordo con il Fronte nazionale concluso da Millon nel ’98.
Né Jospin né Chirac possono dirsi rassicurati dai risultati.
A destra, la parola d’ordine è: “va tutto bene, la maggior parte del paese è a destra, la provicia tiene”. Ma per Chirac, la perdita di Parigi e di Lione è una sconfitta personale. A Parigi, gli elettori hanno respinto il “sistema” di clientelismo e di corruzione che era stato messo in piedi dall’attuale presidente della republica nei lunghi anni in cui è stato sindaco della capitale (’77-’95). A Lione è l’alleanza ambigua con gli ultraconservatori, volta proprio dall’Eliseo, che è stata respinta.
Jospin ora non è sicuro di poter manovrare come vorrebbe di qui alle scadenze elettorali del prossimo anno. Aveva previsto di far votare un’inversione della data delle legislative e delle presidenziali, per fare prima l’elezione del presidente, per potersi presentare candidato all’Eliseo sul bilancio del suo governo. Ma ormai Chirac farà di tutto per non far passare questa inversione: ormai la destra ha la convinzione di poter vincere le legislative. In questa ipotesi, Jospin sarebbe spiazzato e verosimilmente non potrebbe presentarsi alle presidenziali.
Il secondo turno conferma il declino del Pcf (che perde i suoi punti di forza, dopo Drancy, anche Tarbes, Nimes, Colombes, Pantin, La Ciotat ecc.) e la crescita dei Verdi, diventati ormai la seconda forza della sinistra plurale. Adesso i Verdi passano alla cassa, da Jospin, e avanzano già le loro pretese per le legislative, oltreché quelle più immediate per il potere nella gestione di Parigi (avranno il sindaco del II arrondissement e probabilmente la delega all’economia e all’occupazione). Ma i Verdi, che in alcune città avevano mantenuto la propria lista contro i socialisti, si sono rivelati molto meno disciplinati dei vecchi comunisti. Per Jospin, si annuncia un periodo di profonde revisioni degli schemi del passato.