Fosforo Bianco, da Guernica a Falluja

Non c’è dubbio alcuno. Il «fosforo bianco» è un potente aggressivo chimico che è stato utilizzato spesso in guerra come terribile arma chimica. E come tale è bandito dalle leggi internazionali, sia pure con qualche margine di ambiguità.
Per i chimici il «fosforo bianco» – conosciuto dai soldati inglesi come «Whiskey Pete» e dai soldati americani come «Willie Pete» o «Wiley P» – è un aggressivo molto potente. Si tratta, infatti, di una forma allotropica (una delle diverse forme, nel gergo dei chimici) di un elemento molto diffuso, il fosforo, che ha la caratteristica di bruciare in maniera spontanea e violenta all’aria.
È un aggressivo potente non solo perché brucia reagendo velocemente con l’ossigeno. Ma anche perché forma un composto, il decafosforo di tetrafosforo nel gergo chimico, che è un autentico divoratore di acqua, che sottrae all’aria o anche ai corpi nei quali penetra. E non è finita, dopo questa reazione l’ossido forma un acido, l’acido fosforico: un liquido che è a sua volta un terribile aggressivo e un formidabile divoratore di acqua.
Con questa filiera di reazioni violente e idrovore, il «fosforo bianco» è in grado di provocare seri danni agli uomini in cui si imbatte: ustionandone la pelle, attaccando le mucose e corrodendone il corpo fino alle ossa. Come fosforo brucia tutto, come ossido volatile penetra dappertutto, come acido corrode ogni corpo umido. Per questo motivo fin dal 1906 è fatto divieto di usare «fosforo bianco» per fabbricare fiammiferi. Meglio il «fosforo rosso», che almeno si incendia solo per sfregamento.
Ed è per questi motivi che il «fosforo bianco» è utilizzato in guerra non solo come agente fumogeno, ma anche come agente incendiario e come vera e propria arma chimica. I primi a usarlo sono stati intorno al 1860 i «piromani Feniani», ovvero i nazionalisti irlandesi impegnati nelle loro guerre contro gli inglesi, in una particolare miscela nota, appunto, come «fuoco Feniano».
Ma l’uso del «fosforo bianco» come arma chimica supera presto i confini d’Irlanda. Sono gli stessi inglesi, per esempio, a utilizzarlo in battaglia nella Prima guerra mondiale e a costruire una vera e propria fabbrica di bombe al «fosforo bianco» nel 1916. Anche l’Italia fascista lo usa nel 1934 nella guerra d’Etiopia (battaglia di Ual-Ual). E non è da meno la Germania di Hitler, che utilizza la polvere bianca, incendiaria e tossica, nella guerra di Spagna. Quando Guernica brucia è proprio il «fosforo bianco» a fare il lavoro sporco. I nazisti devono apprezzarlo non poco, se lo utilizzano poi nella Seconda guerra mondiale: a Varsavia, a Rotterdam, a Londra, nei bombardamenti di Coventry.
È anche per vendicare le terribili morti provocate dal «fosforo bianco» tedesco, che nell’estate del 1943 l’aviazione inglese, coadiuvata dall’VIII flotta aerea americana, usa la polvere bianca per distruggere Amburgo e, nel febbraio 1945, per far bruciare Dresda. Nel corso della liberazione di Cherbourg, nel 1944, l’87th battaglione di artiglieria dell’esercito Usa lancia contro la cittadina francese ben 11.899 proiettili al «fosforo bianco». I racconti delle atrocità provocate inducono Lord Salisbury e persino Winston Churchill a battersi – senza riuscirci – contro l’impiego del terribile agente chimico.
Quelle atrocità, d’altra parte, non impediscono che il «fosforo bianco» venga utilizzato ancora dopo il 1945. Dagli americani, per esempio, nelle guerre di Corea e in Vietnam. E in Iraq, da Saddam Hussein contro la popolazione civile curda. Queste enorme e tragica casistica, come dicevamo, non lascia margini al dubbio: il «fosforo bianco» è un’arma chimica di distruzione di massa. Né vale la tesi secondo cui è un’arma desueta, superata. Se ancora oggi il «fosforo bianco» è lo strumento utilizzato dal più potente esercito del mondo per portare a termine a Falluja un’operazione dal nome inequivocabile: «scuoti e cuoci». E come tale – come arma chimica – è bandita non solo dalla coscienza dei popoli, ma anche dalle leggi internazionali. La Convenzione contro le Armi Chimiche vieta l’uso in guerra di ogni sostanza chimica che, a causa delle sue proprietà tossiche, provoca danni o morte a uomini e persino animali. Il «fosforo bianco» quando reagisce con l’ossigeno e s’incendia, quando divora acqua come ossido, quando corrode come acido è – al di là di ogni dubbio – un’arma chimica.
Tuttavia ci sono, nella legislazione internazionale, alcune ambiguità. L’uso del «fosforo bianco» non è esplicitamente bandito dalla Convenzione sulle armi chimiche e anzi ne è consentito l’uso come tracciante (per illuminare) e come agente fumogeno.
Ma l’uso legale è molto limitato e, in ogni caso, non è mai consentito contro l’uomo. La Convenzione sulle Armi Convenzionali (Protocollo III) del 1980, infatti, proibisce esplicitamente ogni uso di armi incendiarie contro la popolazione civile e persino contro forze militari nemiche se gli attacchi indiscriminati coinvolgono la popolazione civile.
Alcuni sostengono che in ogni caso usando il «fosforo bianco» a Falluja l’esercito americano non ha violato le leggi internazionali. Sia perché gli Usa non hanno firmato il Protocollo III, pur essendo «parti» della Convenzione. Sia perché il Protocollo consente l’uso di sostanze in cui l’effetto incendiario è secondario. Ma definire secondario l’effetto incendiario di una sostanza che ha contribuito a bruciare Guernica, Coventry, Amburgo e Dresda facendo più morti delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki è davvero un’operazione tecnicamente azzardata. Definire legale una sostanza i cui effetti hanno suscitato ripugnanza in Winston Churchill e Lord Salisbury è operazione moralmente temeraria. Ma, soprattutto, utilizzare in nome della democrazia un’arma chimica di distruzione di massa è un’operazione politicamente pericolosa.