«Fondamentale è uscire da un’impostazione difensiva». E qui il discorso si complica. E si affollano le domande. «Ma la Cgil pensa ad una vera piattaforma sulla previdenza o ad una sorta di resa condizionata?». «Oppure a delle semplici linee guida, magari a maglie larghe?»
A sparigliare le carte all’interno della Cgil, e offrire così un’occasione di confronto e dibattito, a meno di un mese dall’apertura del tavolo tra governo e sindacati sulla riforma del sistema previdenziale, è stato ieri un seminario organizzato dal Forum sindacale. Luogo di discussione trasversale e inclusivo, nato lo scorso luglio, «a scavalco – come precisa Dino Greco, segretario della Camera del lavoro di Brescia e tra i primi firmatari del Forum – tra tesi e aree programmatiche». Un luogo di proposta politica insomma concretizzatosi ieri in una affollatissima assemblea alla Camera del Lavoro di Bologna.
Quello che ne è uscito è un documento, una proposta che il Forum avanzerà alla confederazione, che muove dalla relazione «ampiamente condivisa» che ieri ha aperto il seminario, arricchita dai contributi di Nanni Alleva, della Consulta giuridica Cgil e Felice Roberto Pizzuti, docente alla Sapienza. Con l’obiettivo di contribuire alla costruzione e messa in campo di una piattaforma Cgil in materia di pensioni.
Come si presenterà la Cgil al tavolo di riforma del sistema previdenziale? Tra il memorandum di intesa, siglato da Cgil Cisl e Uil a ottobre scorso con il governo, e i fischi di Mirafiori c’è forse un grosso problema di democrazia. E anche quando i segretari generali promettono che in materia pensionistica consulteranno i lavoratori, il problema resta: «quale consultazione, se manca una piattaforma su cui chiedere un mandato»? «Il rischio – conclude la relazione del Forum – è che la Cgil finisca per trovarsi stretta, se non schiacciata, tra un governo cosiddetto amico e i nostri lavoratori che rivendicano un legittimo protagonismo rivendicativo».
Uscire da una logica difensiva significa allora uscire dalla prospettiva per cui la previdenza pubblica costituisce solo un problema di sostenibilità finanziaria. Esiste un problema di sostenibilità sociale – sottolinea Greco – e il rischio che si profila è quello di una secessione generazionale.
Innanzitutto, sostiene Graziano Fracassi della Camera del lavoro di Brescia, bisogna smontare il paradigma di «un sistema al collasso». A fare di conto ci pensa Giuseppe Turudda del Comitato di vigilanza dell’Inps. Il lavoro economicamente dipendente ha i conti in regola; le pensioni italiane sono tra le più basse d’Europa e la spesa previdenziale in rapporto al Pil è tendenzialmente in tenuta dopo i tre interventi dal 1992.
Allora la domanda è: «Si prevede un assetto della previdenza pubblica tale da garantire a tutti una prestazione intorno al 60-65% del tasso di sostituzione (ossia il rapporto tra la pensione percepita e l’ultima retribuzione, ndr) senza bisogno di ulteriori contributi?». Questione da cui dipende l’uso del Tfr nell’ambito della previdenza complementare. Poi si può anche discutere di volontarietà delle uscite e di incentivi alla permanenza al lavoro. Come anche dell’utilizzo di forme contrattuali a progetto o part time per chi ha maturato i requisiti da pensione, ma vuole continuare a lavorare.
«Non è facile ma bisogna provarci – conclude la relazione – Cosa ne sarebbe della Cgil se si andasse al confronto con il governo con l’ipotesi della resa condizionata?». Fuori dalla relazione, i commenti: «I lavoratori non ce lo perdonerebbero, e giustamente».