Forse a Milano è cambiato il vento. Certo da lunedì si respira meglio.

Il risultato di questa tornata elettorale amministrativa assume un forte e chiaro segno politico, non solo perché Berlusconi nel disperato tentativo di recuperare ha caricato su questo passaggio una forte valenza politica , fino ad una sorta di referendum / plebiscito su se stesso, ma anche perché il risultato nella sua ampiezza ( da Milano a Napoli, passando per Torino, Cagliari, Trieste ecc. ) e nella sua profondità squaderna in modo eclatante la crisi verticale di consenso che si è aperta nella destra tra il suo corpo elettorale e Berlusconi.
Una crisi che neppure la Lega al Nord riesce più a tamponare, come aveva fatto nei 2 passaggi precedenti alle regionali ed alle provinciali, recuperando in larga misura quanto il PDL andava perdendo, ma che, anzi, comincia a contagiare la Lega stessa che , per esempio a Milano, fa un brusco salto indietro rispetto al risultato di solo 1 anno fa.
Una tendenza ,questa, che è subito stata colta dal gruppo dirigente leghista che già si sta interrogando se convenga di più l’uovo oggi ( rimanere al governo con Berlusconi rischiando di essere travolti dalla sua crisi ) o la gallina domani ( abbandonarlo cercando di consolidare l’attuale consenso elettorale per giocarselo in chiave di altre alleanze di governo ).
Le dichiarazioni di alcuni dirigenti leghisti sembrano far balenare riflessioni in tal senso.
In questo quadro il centrosinistra e la sinistra non devono lasciarsi sfuggire l’occasione di incalzare Berlusconi attivando una campagna di delegittimazione del governo perlomeno pari a quella che la destra attuò verso il governo Prodi.
Per quanto riguarda, invece, il dato politico/elettorale del centrosinistra nonostante il risultato sia complessivamente nettamente positivo mi sembra di più complessa ed articolata lettura.
Con il Pd che segna elementi di crescita significativa di consenso come a Torino, o a Milano ( dopo aver subito ,però, una sconfitta alle primarie ) , ma che non può ignorare la contraddittorietà con tale quadro di un risultato importante come quello di Napoli.
L’ IDV che registra un grande successo con De Magistris ma che a Milano crolla da circa l’ 8% di un anno fa ad un misero 2,9%.
SEL che nonostante segni un risultato con l’elezione di Pisapia, a lei vicino, non riesce a raccoglierne completamente il frutto con un 4,7 % che pur marcando una avanzata dal 2,9% di un anno fa non può certo compensare una debacle politica come quella di Napoli.
La FDS, al di là di una analisi più concreta ed articolata che non posso certo fare qui, appare complessivamente inchiodata attorno a dei valori modesti che non danno il segno di una ripresa, pur in un quadro di sconfitta della destra che dovrebbe in qualche modo facilitare un nostro recupero di consenso.
In linea generale appare in recupero di consenso il centrosinistra preso complessivamente, sull’onda della crisi e del logoramento di Berlusconi che sta di converso rilanciando la speranza e riattivando il “popolo” progressista, più che le forze politiche che lo compongono che singolarmente prese appaiono tuttora preda delle loro varie contraddizioni e di conseguenza oggetto di risultati alterni sul piano territoriale.
Chiudo qui questa rozza, ma già fin troppo ampia, premessa generale, visto il tema del contributo che deve essere centrato sul passaggio elettorale di Milano.
Come già accennato, il risultato di Milano ha un peso importante nel quadro complessivo nazionale che è scaturito da questo passaggio elettorale.
E questo dato va incassato pienamente e valorizzato dal punto di vista politico locale e generale, ma per capire i processi politici in atto occorre andare più a fondo nell’analisi.
Ovviamente prendiamo in esame i risultati del primo turno nel quale gli orientamenti politici si esprimono in modo chiaro tra più alternative.
Sul segno politico complessivo abbiamo già detto , ed ovviamente il fatto di vincere dopo 20 anni di governo della destra ( prima la Lega, poi FI e PDL ) e nella “patria” di Berlusconi, nella città che più di ogni altra sembrava incarnare il modello sociale e culturale del berlusconismo, ha giustamente galvanizzato sia i commenti politici che il popolo della sinistra e del centrosinistra.
E’ un fatto che non va né sottovalutato né sottaciuto, anzi va pienamente valorizzato ma che non deve neppure impedire una analisi concreta, non improntata al semplice trionfalismo.
Il primo dato su cui riflettere è il fatto che al primo turno la Moratti perde 80.000 voti rispetto a 5 anni fa mentre Pisapia prende più o meno gli stessi voti di Ferrante ( in realtà ne prende circa 5000 in meno ).
Si capisce subito che più che una avanzata del centrosinistra si tratta di un crollo della destra, e questo fatto riconferma una tendenza in atto da molti anni, cioè non vince chi conquista voti all’altro schieramento, e neppure quelli di un ipotetico centro, quanto chi riesce a mobilitare il proprio campo ed a non rimanere vittima dell’astensionismo.
In questo caso sull’astensionismo di destra ha pesato anche la bocciatura del sindaco uscente Moratti e della sua giunta. E il tentativo di Berlusconi che ha cercato di spostare lo scontro su un piano politico generale e su un referendum sulla sua persona chiedendo la conferma delle 53000 preferenze raccolte 5 anni fa, è servito solo ad evidenziare la sua attuale impopolarità che ha finito con il sommarsi a quella del Sindaco uscente.
L’aver dimezzato le preferenze dimostra che anche per il suo stesso elettorato, che pure continua a votare PDL, è oggi faticoso esprimere una preferenza per Berlusconi.
La Lega conferma un risultato di rilievo dal 3,8 di 5 anni fa al 9,6% attuale ma non può nascondere il salto indietro dal 14,5% dell’anno scorso.
Degli 80000 voti persi 33000 vanno al terzo polo UDC / FLI che ottiene un risultato non irrilevante ( 5,5% al suo candidato sindaco ) ma neppure abbastanza significativo da diventare un fattore politico di rilievo.
Altri 6000 voti sono andati a liste minori di destra ( che la scorsa volta non si erano presentate ), ma circa 40000 voti vanno all’astensione.
Questo determina un primo fatto importante: tutte e nove le zone del decentramento ( dove si elegge con 1 solo turno ) vanno al centrosinistra. La volta precedente pur avendo vinto la Moratti al primo turno una zona era stata conquistata dal centrosinistra ( ed un’altra mancata per pochissimo ). Persino la zona centro, dove ormai non esiste più alcun insediamento popolare, ma quasi solo medio alta borghesia, viene conquistata dal centrosinistra.
E’ senza dubbio il segnale che parte della borghesia milanese ha abbandonato la Moratti e Berlusconi, quantomeno decidendo per l’astensione. Qui l’analisi andrebbe approfondita perché non è un dato completamente nuovo: da anni e per alcuni da sempre, tra parti della borghesia milanese e Berlusconi non corre buon sangue, ma questa parte di borghesia, anche potente da un punto di vista economico, non ha grandi capacità di orientamento sociale.
Nonostante la visibilità politico mediatica di iniziative come quella di Bassetti, che hanno raccolto un paio di centinaia di firme in questo ambito sociale a sostegno di Pisapia, l’impatto sul risultato elettorale è stato, a mio parere, modesto.
E’ rimasto saldo, invece, anche in questo passaggio il legame ed il sostegno di altre parti della borghesia milanese verso Moratti/Berlusconi ( come per es. i costruttori e gli immobiliaristi ).
Per quanto riguarda una più ampia analisi della composizione sociale del voto rispetto agli schieramenti, al di là di alcuni elementi particolari, come il risultato della zona 3 che pur essendo una zona semicentrale ha espresso un risultato tra i più alti percentualmente per Pisapia, da attribuire a mio parere ad una forte presenza di ambienti legati al mondo universitario, si può dire, nei termini schematici di questo commento, che si conferma ancora una volta che il centrosinistra ottiene i risultati di gran lunga migliori nei quartieri popolari, alla faccia dei commenti sociologici su “gli operai che votano Lega “ o “i pensionati che votano Berlusconi”, fenomeni che sono sempre esistiti dai tempi della DC e del MSI , ma che non mettono in discussione la natura della base sociale non solo della sinistra ma dello stesso centrosinistra ( non a caso l’unica zona in cui si è vinto la volta scorsa e stata la zona 9, quella più periferica, con l’insediamento sociale più popolare tra tutte le zone di Milano ).
Tornando brevemente a guardare alla composizione politica del voto, per quanto riguarda il centrosinistra bisogna ammettere che nonostante la sconfitta alle primarie ed un candidato sindaco che non era riconducibile al PD è stato proprio questo partito che ha ottenuto il risultato migliore nel campo di Pisapia Anche in questo caso le motivazioni del risultato sono molteplici e richiederebbero più spazio di quanto ne possa utilizzare, ma credo che 2 siano i fattori che hanno pesato di più: il primo è che il PD oggi a Milano è di gran lunga il partito che ha la maggiore presenza organizzata nei quartieri con sezioni, circoli ARCI e cooperative; il secondo fattore è che di fronte alla sensazione, sempre più forte nel corso della campagna elettorale, che “questa volta si poteva vincere” ha preso corpo nell’elettorato l’idea che il voto verso il partito più forte del centrosinistra potesse in qualche modo dare più certezza nel risultato e maggiore solidità alla vittoria .
Non si può spiegare diversamente come la pesante sconfitta alle primarie del PD si sia trasformata poi in un risultato non eclatante ma comunque il migliore all’interno del centrosinistra ( nonostante Boeri, il candidato bocciato alle primarie, fosse il capolista ).
Come già accennato il risultato di SEL è positivo, anche se non raccoglie quanto si poteva presumere dopo la vittoria di Pisapia alle primarie, e soprattutto dopo la intensa e molto valorizzata ( mass-mediaticamente ) presenza di Nichi Vendola , più volte passato da Milano proprio per cercare di capitalizzare al massimo la candidatura di Pisapia a vantaggio di SEL:è certo un dato su cui occorrerebbe fare una analisi più approfondita.
Per quanto riguarda IDV ed il suo crollo credo che senza dubbio abbia ceduto qualcosa al PD ed a SEL, ma soprattutto abbia perso elettorato verso la lista Grillo.
Saltando altre liste minori tra cui , però, vi sono anche i verdi che non riescono ad eleggere, neppure vincendo, un consigliere comunale, solo alcune brevi riflessioni sulla lista Sinistra per Pisapia, che comprendeva la FDS e una lista civica di sinistra “Uniti per Dario Fo” ( che aveva 1 consigliere uscente ), il risultato per quanto in lieve crescita rispetto alle regionali del 2009 ( dal 2,8 al 3,1% ) suona più come una conferma del livello modesto a cui è ridotta la FDS che come un segnale di un inizio di recupero di consenso.
Questo nonostante una vera e propria campagna politica ( molto enfatizzata da alcuni dirigenti locali ) unitaria verso SEL, per presentare una lista unica a sinistra del PD, che si è protratta per vari mesi e che non ha poi portato i frutti sperati.
E’ questo il motivo per cui ci si è presentati come “Sinistra per Pisapia”, con un simbolo parzialmente modificato e non come FDS, coniando per l’ennesima volta un nome nuovo e sconosciuto all’elettorato, pensando di raccogliere così i frutti di una proposta unitaria rifiutata da SEL.
Non solo, se si guardano con attenzione i dati del voto, in particolare collegandoli alle realtà territoriali, si vede che i risultati migliori di “Sinistra per Pisapia “ non coincidono con i risultati migliori della coalizione. In particolare per noi è ancora più forte il rapporto tra insediamento sociale popolare e migliori esiti del voto, ma ancora di più i risultati sono nettamente migliori in quelle zone ed in quei quartieri in cui il PDCI ed il PRC conservano ancora delle sezioni che sono attive e relativamente radicate sul territorio.
Questo dovrebbe farci molto riflettere su quale è l’anello che può tirare tutta la catena in grado di permettere il rilancio dei comunisti e della sinistra anticapitalista dopo la dura crisi che stiamo attraversando, e cioè quello della ricostruzione dell’insediamento sociale e delle struttura del partito ( o dei partiti nel caso della FDS ) e non quello delle furbizie e degli stratagemmi elettorali ( o istituzionali ) con relativi e continui cambi di nomi e di simboli pensando che vale di più la carta che avvolge il pacchetto che il suo reale contenuto. Ma su queste cose, credo avremo modo di riflettere anche nelle future scadenze congressuali.
Ora si tratta di valorizzare al massimo il risultato ottenuto, prepararsi a svolgere un ruolo, che può anche essere più grande delle nostre forze attuali ma che non possiamo eludere, quello cioè di contribuire a fare in modo che questa vittoria nei prossimi mesi ed anni non si trasformi ( a fronte delle concrete politiche attuate ) nell’ennesima delusione per la nostra base sociale, i lavoratori ed il popolo della sinistra, con le gravi conseguenze per i comunisti, per la sinistra e per la democrazia nel nostro paese che abbiamo già sperimentato in questi ultimi anni.
Intanto godiamoci la vittoria che, vi assicuro, a Milano, dopo oltre 20 anni di governo della destra e di fronte ad una sempre più ampia recrudescenza delle formazioni neofasciste e neonaziste nella città medaglia d’oro della resistenza, è particolarmente dolce da assaporare.