Finsiel e call center Fs Tutta la Cos in piazza

Il gruppo Cos è in grande subbuglio, scioperi dappertutto: l’azienda-simbolo della precarietà è di nuovo nell’occhio del ciclone. E non solo per la famosa Atesia. Ieri sono scesi in piazza i dipendenti della Finsiel (un pezzo importante della Cos Almaviva di Alberto Tripi) e quelli della meno nota Tsf, società che gestisce i servizi per le Ferrovie dello Stato, in particolare il call center 892021 di Trenitalia. Nella Tsf non lavorano solo 700 dipendenti, ma ci sono almeno 800 precari subappaltati ad altre aziende, cocoprò retribuiti 800 euro al mese pur lavorando come veri e propri subordinati. Come se non bastasse, i lavoratori Cos stanno preparando un grande sciopero nazionale dei call center, che verrà lanciato a una prossima iniziativa della Cgil, a Napoli: nella città non sono stati confermati una trentina di apprendisti, al lavoro per il 190 della Vodafone; altre centinaia vivono da anni l’umiliante condizione di cocoprò.
Come si vede, la fantasia precarizzante si è espressa in pieno. E allora raccontiamo.
Finsiel, l’informatica cerca un futuro
I lavoratori della Finsiel hanno scioperato ieri con adesioni superiori all’80%, portando in piazza un migliaio di persone a Roma. Il gruppo leader nell’informatica italiana è in cerca di un futuro, dopo l’acquisto da parte della Cos a inizio 2005. Sono in tutto 3 mila persone, e Tripi, all’atto dell’acquisizione, aveva annunciato un piano di sviluppo e di ampliamento del personale. Ma la realtà è molto inferiore alle dorate promesse: «Il figlio di Alberto, Marco Tripi, ha annunciato di recente che il gruppo vuole tagliare 250 lavoratori in Finsiel e il 20% degli amministrativi e commerciali di Almaviva, ovvero 150 persone – spiega Marco Onorati, Rsu della Finsiel – Non c’è uno straccio di piano industriale, o se c’è ci viene nascosto». I dipendenti della Finsiel si sono dunque armati di padelle e pentole, protestando a gran voce sotto la sede della Federcomin – l’associazione delle imprese di informatica – e poi sotto il ministero delle attività produttive. Una delegazione di Fim, Fiom e Uilm e delle Rsu è stata ricevuta dai rappresentanti del governo, ottenendo finalmente l’incontro con l’azienda: si dovrebbe tenere entro la seconda settimana di questo mese. «Il gruppo di Tripi si è fortemente indebitato – continua la Rsu – La Cos, 200 milioni di euro di fatturato, ha comprato la Finsiel che ne fa 600. Adesso emergono le difficoltà e vogliono tagliare: non c’è la penetrazione sperata nella pubblica amministrazione, e la Cos – specializzata nei call center – non ha ancora acquisito la mentalità per gestire l’informatica».
Si ribella Tsf, il call center Trenitalia
E’ la rivolta dell’892021, il call center che usiamo spesso per acquistare i biglietti e prenotare. Chi lavora dietro il numeretto? Sono circa 400 precari, cocoprò a 800 euro al mese, in una sede delle ex Ferrovie allo Scalo Prenestino, a Roma. Fanno parte di un complicato sistema di subappalti, che fa capo alla Tsf, al 61% della Cos e al 39% del Gruppo Ferrovie. In pratica le Ferrovie appaltano i servizi di logistica, commerciali, l’help desk, il call center, alla Tsf, che poi a sua volta riappalta a varie altre aziende. In tutto, Tsf conta 700 dipendenti, ma tra i vari subappalti arriva a dare lavoro ad altri 800 «consulenti» (oltre allo Scalo, c’è una seconda sede romana in via Galati): in pratica, sono cocoprò pagati 800 euro al mese, ma sono organizzati con i turni come i subordinati, oltre a ricevere le direttive direttamente dai dipendenti Tsf. Il problema è che la commessa delle Ferrovie scade il 31 dicembre, e l’amministratore delegato Moretti ha annunciato di voler rimettere il servizio in gara. Dunque 1500 persone – precari inclusi – potrebbero perdere il lavoro dall’oggi al domani (e molti sono partite Iva, poi cococò, oggi cocoprò da 7 anni). Ieri gli addetti dell’892021 hanno rallentato il servizio per due ore: chiedono il rinnovo della commessa e la stabilizzazione, ma soprattutto che la catena della responsabilità risalga alle Ferrovie, vere e proprie datrici di lavoro a monte dei subappalti.
Napoli chiama Italia: Cos allo sciopero
Il 6 dicembre i delegati italiani della Cos, da Roma a Palermo, da Milano a Catania, si danno appuntamento alla Camera del lavoro di Napoli. La Cgil potrebbe indire il primo sciopero nazionale dei call center del gruppo. La scintilla è scoccata a Napoli, dove la Cos ha annunciato una decina di giorni fa di non voler rinnovare una trentina di apprendisti addetti al servizio 190 Vodafone. «Gli apprendisti sono in tutto 97 – racconta Gianluca Daniele, segretario Slc Cgil Campania – La Cos due anni fa aveva detto che li avrebbe stabilizzati tutti, e invece ora annuncia la non conferma per i primi 30 in scadenza. Inoltre, chiediamo di affrontare l’intero capitolo precariato: al call center di Napoli, operante su commesse Vodafone e Europcar, abbiamo 330 dipendenti a fronte di 240 lavoratori a progetto, pagati a cottimo come in Atesia, 97 apprendisti e 269 somministrati. Da notare: gli ultimi 50 somministrati sono stati assunti di recente, mentre si annunciava la non conferma dei 30 apprendisti». Alla golosità precaria non c’è fine.