Fini e Sharon contro l’Iran ed Hezbollah

«Il Signor Fini è un amico di Israele, che esprime l’amicizia speciale e i legami speciali che esistono fra l’Italia guidata dal primo ministro Silvio Berlusconi e Israele». Con queste parole Ariel Sharon ha accolto il ministro degli esteri Gianfranco Fini giunto ieri a Gerusalemme, dopo aver incontrato lunedì a Ramallah il presidente palestinese Abu Mazen. Un’accoglienza calorosa ampiamente giustificata perché Fini, con un occhio rivolto alla fiaccolata di domani davanti all’ambasciata iraniana in sostegno di Israele e contro il regime di Teheran, ha sposato in pieno la linea israeliana in Medio Oriente. In qualche occasione, nell’ansia di affermare la sua totale adesione alle posizioni di Sharon, ha usato toni persino più perentori di quelli del primo ministro israeliano. Non ha lasciato nulla all’analisi di una situazione mediorientale di estrema complessità e gravità che non è fatta solo di attentati kamikaze ed estremismo di matrice islamica ma anche di due occupazioni militari: quella israeliana dei territori palestinesi e siriani e quella anglo-americana (con partecipazione italiana) dell’Iraq. Il ministro degli esteri – che ha anticipato di due settimane l’arrivo di Silvio Berlusconi a Gerusalemme per le commemorazioni del decimo anniversario dell’assassinio di Yitzhak Rabin – ha discusso con Sharon in particolare di Iran e di Hezbollah. Parlando del «Partito di Dio» libanese, descritto da Israele come un movimento terroristico – definizione non accettata fino ad oggi dall’Unione europea che si è rifiutata di inserirlo nella relativa «lista nera» dei movimenti terroristici – Fini ha addirittura sconfessato il nostro ambasciatore a Beirut. Il premier israeliano aveva protestato per il recente incontro che l’ambasciatore italiano in Libano, Franco Mistretta – come gli altri diplomatici europei – ha avuto con il ministro libanese dell’Energia e dell’Acqua, un esponente del «Partito di Dio». «Hezbollah è un’organizzazione terroristica che purtroppo ha ministri nel governo» ha prontamente affermato Fini. «Non abbiamo dubbi nel considerare Hezbollah un’organizzazione di tipo terroristico – ha aggiunto al termine dei colloqui avuti subito dopo con il ministro degli esteri Silvan Shalom». E’ stata una bocciatura in piena regola dell’ambasciatore Mistretta che, quasi certamente, aveva certo ricevuto indicazione proprio dalla Farnesina di partecipare all’incontro con il ministro libanese. Fini naturalmente ignora o finge di ignorare che Hezbollah è qualcosa di più di un pugno di guerriglieri che tiene in scacco Israele lungo la frontiera tra i due paesi e che nel corso degli anni si è progressivamente integrato nella vita politica libanese tanto che oggi suoi rappresentanti fanno parte del governo che, dettaglio non secondario, gode del sostegno internazionale. A proposito dell’Iran, Fini non si è limitato a condannare con forza le dichiarazione del presidente Mahmud Ahmadinejad favorevole alla eliminazione di Israele ma è intervenuto con decisione nella questione aperta del nucleare iraniano. «Auspichiamo che la decisione dell’Aiea (l’Agenzia atomica internazinale che si riunirà a novembre) – sia quella di sottoporre al Consiglio di sicurezza dell’Onu il dossier sull’Iran, anche dopo le dichiarazioni del presidente iraniano contro Israele», ha affermato, «ovviamente all’interno dell’Aiea ogni paese deve assumersi le proprie responsabilità e dare una risposta più ferma contro Teheran». Una posizione ovviamente condivisa dal ministro degli esteri israeliano Sylvan Shalom che si è detto in «totale accordo» con il capo della diplomazia italiana. Shalom da parte sua ha aggiunto che l’Iran «non è più soltanto un problema di Israele e il suo caso dovrebbe essere deferito al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. A chi gli ha chiesto se l’aviazione dello Stato ebraico colpirà le centrali iraniane, ha risposto che «il suo paese fa parte della comunità internazionale e rispetta la diplomazia». Ma non la non-proliferazione nucleare visto che è l’unico paese del Medio Oriente a possedere armi atomiche. Infine il ministro degli Esteri italiano, accogliendo in pieno la versione israeliana, si è detto convinto, a differenza di quanto affermato lunedì dai suoi interlocutori palestinesi, che ci possano essere infiltrazioni iraniane a Gaza e non ha mancato di sottolineare che Sharon ha «ragione nel dire che il disarmo è necessario per realizzare la Road-Map. Non c’è altra via, perché è impensabile fare delle trattative con chi ha milizie armate».