Fincantieri, prove tecniche di concertazione

Un tavolo di confronto aperto sul futuro industriale di Fincantieri, che tenga conto delle posizioni di sindacati e sindaci delle città marinare su argomenti chiave: a partire dalla definizione del fabbisogno necessario a garantire gli investimenti per sostenere la competitività; fino ad arrivare all’individuazione delle modalità per il recupero delle risorse finanziarie.
Non poteva chiudersi meglio il faccia a faccia tenutosi ieri al ministero dei trasporti tra governo, rappresentanti dei lavoratori e comuni che ospitano i cantieri navali. A conferma del fatto che la concertazione funziona meglio se si mette in moto prima di prendere le decisioni, e non dopo.
Mosca bianca nel panorama industriale nazionale – con bilancio in verde e un flusso di cassa di 2,5 miliardi di euro annui – Fincantieri occupa attualmente la vetta del mercato mondiale della costruzione navale. Tuttavia negli ultimi mesi «il modello produttivo su cui l’azienda ha giocato la carta della competitività presenta forti criticità», dovute in gran parte al dilagare del sistema degli appalti che incide negativamente sulla qualità della progettazione e, di conseguenza, su tutta la filiera produttiva. Quest’analisi, messa a punto dai sindacati Fim, Fiom e Uilm, è in gran parte condivisa anche dal viceministro dei trasporti, Cesare De Piccoli e dal sottosegretario, Massimo Tononi. Entrambi (in veste di rappresentanti del governo nella riunione di ieri) hanno sostenuto la necessità di proseguire sulla strada dell’innovazione tecnologica e dell’internazionalizzazione per preservare la leadership dell’azienda nel settore. «Ben consapevoli – si legge in una nota del ministero – che per fare ciò siano indubbiamente necessarie importanti risorse finanziarie per sostenere i programmi di sviluppo, che andranno verificate».
Le modalità di reperimento delle risorse però rappresentano il nodo cruciale della questione: se il consiglio di amministrazione di Fincantieri spinge per un reperimento dei capitali sui mercati finanziari, passando per la privatizzazione e la successiva quotazione in borsa, dall’altro lato sindacati e sindaci dei comuni interessati si oppongono nettamente a questa ipotesi, considerandola come l’inizio della fine dell’azienda.
«Dare il via libera ad un’operazione di quotazione in borsa – ha commentato il coordinatore nazionale costruzioni navali della Fiom, Sandro Bianchi – vuol dire smettere di fare navi». Tuttavia «prendiamo atto di una effettiva apertura e disponibilità da parte del governo» a legare le decisioni sulle modalità di finanziamento ai risultati che deriveranno dal piano industriale, dove verranno definite le reali necessità, su cui si inizierà a lavorare nei prossimi mesi. Lo sbarco in borsa – insomma – non sarebbe visto come una priorità da parte del governo, ma sembrerebbe relazionato all’effettivo fabbisogno di liquidità dell’azienda.
I prossimi incontri, a partire dall’audizione alla commissione trasporti prevista per il 6 dicembre, serviranno a confermare le buone sensazioni registrate ieri, alimentate anche dalla disponibilità di Tononi a «discutere un riassetto societario di Fincantieri», che ha riconosciuto come sia «contraddittorio che un’azienda strategica sia gestita da Fintecna, il cui ruolo è quello di dismettere le attività dell’ex Iri».