Fincantieri, gli scioperi non si arrestano

Dopo Monfalcone e Venezia oggi tocca a Genova. La Fiom Cgil ha infatti indetto per oggi uno sciopero di quattro ore contro l’ipotesi di privatizzazione di Fincantieri. Mercoledì l’intero stabilimento di Marghera era sceso in strada. Indetto dalla Fiom di Venezia, lo sciopero ha visto infatti l’adesione della quasi totalità dei 3600 addetti tra diretti (circa 1200) e dipendenti degli appalti (circa 2400). La fabbrica si è svuotata, sottolinea Giorgio Molin, segretario della Fiom veneziana, «e i lavoratori hanno sfilato in corteo lungo il ponte della Libertà».
Apriva il corteo uno striscione che diceva, «giù le mani dai cantieri – no alla privatizzazione – no alla borsa». Gli slogan più gettonati quelli contro la privatizzazione e contro la decisione del governo Prodi di sostenere il piano della Fincantieri. Il 2 aprile si era fermato il cantiere di Monfalcone, preceduto, due settimane fa, da scioperi e cortei dei lavoratori del cantiere navale di Castellamare di Stabia.
Fincantieri ha presentato un piano che si articola su due punti: la privatizzazione tramite l’ingresso in Borsa per reperire risorse finanziarie e un piano industriale che punta al low cost e all’acquisizione di cantieri esteri per abbattere i costi. In particolare, dice Molin, «si prevede l’acquisto di cantieri in Ucraina e Romania. Quello ucraino – aggiunge Molin – non servirà certo a costruire vaporetti, visto che è grande cinque volte quello di Monfalcone».
Ma a far arrabbiare lavoratori e Fiom (perché Fim e Uilm hanno abbandonato il campo da tempo ormai) è stato il giudizio positivo espresso su questo piano aziendale dal governo Prodi. «L’ingresso in Borsa di Fincantieri, che è una società a bassa redditività – sostiene il segretario veneziano della Fiom – può portare all’indebolimento industriale e alla perdita del controllo pubblico come già avvenuto per altre società, per esempio l’Alitalia». Ma c’è un altro problema: per la Fiom infatti il piano industriale «non tiene conto dei problemi reali del gruppo e la scelta del low cost, se mantenuta, può portare alla rapida delocalizzazione della produzione degli scafi con effetti devastanti sui cantieri italiani e sull’indotto». A Porto Marghera le privatizzazioni industriali hanno portato solo chiusure e licenziamenti, dando avvio alle speculazioni immobiliari e sulle aree. Per il sindacato questo non può e non deve accadere anche con la cantieristica.
Intanto, rispondendo al presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, che definiva la Fiom di Venezia «ottusa e stalinista» per aver promosso lo sciopero di mercoledì, Sandro Bianchi coordinatore nazionale della Fiom Cgil per la cantieristica navale ha sottolineato che «forse Calearo potrebbe farsi un viaggio, che è sicuramente in grado di pagarsi da solo, a Timisoara, in Romania, dove hanno delocalizzato le imprese tanti suoi colleghi o in Ucraina dove ci sono cantieri navali che a quanto pare stanno ad aspettare le delocalizzazioni di Fincantieri».