Prove di unità a sinistra a partire dalla finanziaria. Il primo vertice della sinistra parlamentare (Prc, Pdci, Verdi e Sd ai massimi livelli) ha finalmente rotto gli indugi. «Non siamo un monocolore del Pd, abbiamo una grande forza politica e parlamentare ma non riusciamo a farla valere, dobbiamo essere propositivi», è il tono dato ad inizio di seduta dal coordinatore di Sd Fabio Mussi. Primo banco di prova per l’unità a sinistra sarà il conclave dei segretari della maggioranza convocato per oggi, un po’ a sorpresa, da Romano Prodi a palazzo Chigi.
Sul tavolo dei quattro segretari della sinistra, presenti i ministri e tutti i capigruppo, una piattaforma in tre parti: linee di politica economica, una piattaforma con pochi punti qualificanti su cui insistere con il resto della maggioranza, le possibilità di tagli per finanziarle (come chiesto da Padoa Schioppa). «E’ il momento della giustizia sociale – hanno concordato tutti i presenti – e la spesa pubblica deve essere qualificata, non si può più agire sulla competitività di prezzo perché l’Asia sarà sempre più conveniente di noi».
Sul fronte della spesa (cioè gli investimenti) si giocherà tutto su scuola e ricerca, ambiente e protocollo di Kyoto, lotta al precariato e «piano casa» (che va anche finanziato oltre che scritto nel Dpef). Per non passare come «il partito della spesa», queste misure potrebbero essere finanziate vendendo una parte delle riserve auree di Bankitaìia, un taglio «radicale» ai costi impropri della politica (per Cesare Salvi si possono ottenere per questa via fino ai 6 miliardi di euro), una riduzione drastica delle spese militari anche attraverso la denuncia degli accordi internazionali già siglati, armonizzazione delle rendite finanziarie a livelli europei salvaguardando i piccoli risparmiatori.
Sul piano fiscale nessuna obiezione alla riduzione dell’Ici, salvo che così come la propone la Margherita si mangerebbe tutto il «tesoretto». Dunque rimodularla e insistere sul rispetto del Dpef votato all’unanimità e della risoluzione politica che l’ha accompagnato in parlamento. Così come il taglio delle tasse ipotizzato dal Pd deve partire da chi l’Irpef lo paga di sicuro come i dipendenti e i pensionati o da chi non riceverebbe benefici come gli incapienti o chi sta nella «no tax area». Capitolo a parte ma propositivo anche sul protocollo sul welfare, la «bomba» che più di tutto ha messo a rischio la tenuta della sinistra della coalizione. Sulla rotta tracciata da Mussi poche le obiezioni. Primo: il protocollo non può stare nella finanziaria («Non è mai successo nella storia della Repubblica e il Quirinale difficilmente lo consentirebbe», ha rilevato il leader di Sd) ma deve andare in un ddl collegato da approvare anch’esso entro il 31 dicembre. Tutto dipenderà però da come sarà scritto quel testo. Le modifiche su cui tutti già concordano («mettiamo da parte le valutazioni differenti», ha invitato il leader di Sd) puntano sulla detassazione degli aumenti salariali invece degli straordinari e nessun tetto ai lavoratori «usurati» esclusi dallo «scalone» (via XX settembre prevede un tetto massimo annuale di 5mila persone). Passata anche la proposta di rimandare a un ddl a parte la riforma del contratto a termine e dei co.co.co. (consentirebbe di uscire dalle secche ideologiche pro o contro la legge 30 e di misurarsi anche con il nodo delicatissimo della «legge Treu»). Sul tavolo infine la proposta di rivedere il sistema delle «quote» sganciandole dall’età minima di pensionamento: «O l’età o le quote», ha ricordato il segretario del Prc Giordano.
In un’atmosfera «mai così unitaria e positiva», riferiscono tutti i partecipanti, non è stata stilata una «finanziaria ombra» ma di certo ai più è sembrato all’opera quasi un «governo ombra». Da qui l’irritazione del Pd: «Non capisco questa voglia di distinguersi a tutti i costì», ha criticato il futuro numero due Dario Franceschini.
Con il passare dei giorni l’assedio del Pd rischia di essere asfissiante, e lo scambio di bordate di tutti contro tutti preoccupa non poco Professore e Quirinale. Non è un caso perciò che Romano Prodi abbia anticipato tutti e convocato per oggi un primo vertice della maggioranza.