L’Unità ha dato ieri le cifre dei congressi di sezione ds finora svolti, circa la metà delle seimila sezioni ancora in vita. Sarebbero centomila partecipanti su seicentomila iscritti dichiarati. Cifre in parte litigiose, ma non tanto da modificare il risultato: la mozione Fassino ha il 64%, quella di Berlinguer circa il 32% e quella di Morando circa il 4%. La partecipazione è scarsa, il dibattito pressoché nullo. Il congresso Ds non fa neanche notizia.
Questo è il dato più impressionante. Dopo la sconfitta del 13 maggio pareva incalzare l’interrogativo: com’è che una grande forza politica, che aveva retto al 1989, è scesa al minimo storico, pesa meno delle altre, già assai meno forti, sinistre moderate europee? Non era un interrogativo soltanto degli iscritti, ma del paese, che aveva amato o detestato il Pci e poi, benché ridimensionato, il Pds, ma su di esso si divideva o determinava, i suoi congressi infiammavano gli spiriti. Ora al congresso ci siamo ma non interessa più di un congresso, che so, delle Acli.
E’ la guerra, si dice, che offusca tutto il resto. E’ vero, ma perché dai Democratici di sinistra non è venuta su di essa una sola parola diversa da quella del governo, che era uguale a quella di Bush? Se non si sente la voce dei ds è perché non c’è. E non c’è da nessuna parte, benché per la prima volta essi andassero con mozioni separate al congresso. Ma sulla guerra Giovanni Berlinguer non s’è espresso diversamente da Fassino. Nessuna analisi differente, neppure un tentativo di chiedersi perché il jihad, che dieci anni fa era pochissima cosa, sia cresciuto fino a diventare un pericolo mortale, perché il tollerante Islam sia oggi in così gran parte fondamentalista, e il fondamentalismo diventi terrorismo. Nessun ammonimento sulla inaccettabilità della guerra prima ancora che sulla sua insensatezza, perché se di odio all’occidente si tratta non farà che alimentarlo. Nessuna proposta su un che fare che modifichi un Medio Oriente che noi, occidentali, abbiamo strutturato, risanandone almeno le ferite più purulente come quelle della Palestina. L’Europa è scomparsa nel generale ossequio al Dipartimento di stato e in essa sono affondati i ds.
La guerra è, come sempre per la sinistra, un crudele rivelatore. La sinistra ds credeva di potersi distinguere da D’Alema sul lavoro, senza andare troppo in fondo sulla globalizzazione, che è stretta all’impero unico, a sua volta stretto, checché si speri, al sistema militare di dominio, chiamato ormai ogni due anni a preservare coi carri armati l’ordine mondiale. Pensava in questo modo di allargare i consensi raccogliendo anche un centro veltroniano che a una presa di posizione più netta non sarebbe stato. Era una modesta operazione e non ha funzionato. In tre settimane la mozione di Giovanni Berlinguer è precipitata dall’adesione di quasi la metà degli iscritti a un po’ meno di un terzo. Meglio sarebbe stato partire e tener fermo su una identità più limpida che funzionasse contro il liberismo e la guerra, perché se si tratta di dividersi almeno farlo su questioni fondamentali.
In mancanza di questo, i congressi sono diventati una modesta conta con scarsa partecipazione. Delusione o indifferenza o tutt’e due: se l’esito è scontato, discutere che senso ha? Eppure pareva, ed era stato detto, che era in causa la sopravvivenza stessa di un grande partito: D’Alema e Veltroni credono di non averne bisogno, credono che gli basti un comitato elettorale e l’entratura nei luoghi giusti. Ma la mozione di sinistra non puntava a una rianimazione di quel corpo collassato? Non c’è stata, se al congresso dei ds nessuno bada è perché non c’è a che badare.