SANT’ANNA DI STAZZEMA (Lucca) — Il primo ciak è di pochi giorni fa, nelle sale cinematografiche uscirà tra un anno e la sceneggiatura, già scritta con la consulenza di storici dell’Università di Pisa, è ancora top secret, almeno nelle pagine più crude e oscure.
Eppure «Miracolo a Sant’Anna», il film di Spike Lee sulla strage consumata il 12 agosto del 1944 dalle Ss di Walter Reder (560 morti tra cui donne e un centinaio di bambini), suscita già polemiche, accuse di falsi storici e persino di revisionismo. E alla vigilia della sentenza della Cassazione (stamani a Roma) su quell’eccidio — arrivato al capolinea dopo più di mezzo secolo di colpevole dimenticanza con i fascicoli fatti marcire negli «armadi della vergogna» — si materializzano gli spettri di mai sopite polemiche sul ruolo della lotta partigiana nell’Alta Versilia.
A lanciare gli strali sul film del grande regista americano, una sezione
versiliese dell’Anpi, amministratori, politici e storici locali. Arrabbiati per una presunta «licenza cinematografica» nella quale lo sceneggiatore, seguendo la trama del romanzo di James McBride (Rizzoli, 2002) al quale si ispira il film, avvalorerebbe la tesi che le Ss fossero a caccia di partigiani.
Dunque non un eccidio premeditato e pianificato, un atto di terrorismo, come lo ha definito il tribunale militare della Spezia, che due anni fa ha condannato all’ergastolo dieci esecutori materiali (ufficiali e sottufficiali oggi anziani pensionati che non faranno un giorno di carcere), ma una strage in qualche modo indotta da una rappresaglia.
«È una ricostruzione cinematografica fasulla, che non tiene conto della realtà storica — accusano Moreno Costa, Enio Mancini e Giovanni Cipollini, della sezione Anpi di Pietrasanta —. È incredibile che ancora oggi si riproponga come causa della strage di 560 civili la presenza dei partigiani a Sant’Anna».
E Marco Bonuccelli, capogruppo di Rifondazione alla Provincia di Lucca, scrive: «Pur stimando e apprezzando il cinema di Spike Lee non posso ritenere una “licenza cinematografica” la totale invenzione sulle motivazioni che portarono i nazifascisti a compiere la strage di Sant’Anna. Quindi è necessario, secondo me, stralciare una finzione di questo tipo altrimenti i danni alla memoria e verità storica saranno gravissimi».
Giorgio Giannelli, ex giornalista parlamentare e storico, fa un appello al regista e gli chiede un taglio: «Mi metto in ginocchio e chiedo a Spike di tagliare tre metri del suo film. La strage di Sant’Anna non è un romanzo, fu una tragedia che appartiene alla storia. E un episodio inventato può stravolgere la storia. Il film avrà una risonanza mondiale. Allora tremo a sapere che da Tokyo a New York, da Mosca a Nuova Delhi sia raccontata una storia falsa. La nostra».
Eppure c’è chi parla di polemiche insulse, strumentali. Come il sindaco di Stazzema, Michele Silicani: «Polemiche che nascono da una sbagliata interpretazione di una scena del film, nella quale un nazista chiede al prete del paese, don Innocenzo Lazzeri che sarà poi trucidato, dove è un inesistente partigiano chiamato Papalla e se ce ne sono altri in montagna». Una scena, sostiene il primo cittadino, «che non modifica la storia, il valore della Resistenza e soprattutto riafferma che l’eccidio fu premeditato e pianificato come confermato da testimoni e storici. Vorrei rassicurare l’Anpi che i valori della Resistenza non saranno stravolti e sono certo che Spike Lee farà un capolavoro». Marco De Paolis è il pm del processo contro la strage. Non vuole parlare del film: «Non è mio compito e comunque un romanzo e un film sono anche opere di fantasia — dice — Da magistrato che ha indagato su quell’eccidio dico solo che non fu una rappresaglia. I soldati nazisti massacrarono uomini, donne e bambini e fu un atto di terrorismo, pianificato e studiato nei minimi particolari. Deciso dai vertici del comando tedesco come politica del terrore per dissuadere i cittadini ad aiutare i partigiani».