Fiat, 1500 impiegati in cassa integrazione

La crisi tocca i colletti bianchi, allarme a Torino. Rinaldini (Fiom): «Il governo convochi un incontro»

La scure della cassa integrazione si abbatte anche sugli impiegati Fiat. Ieri l’azienda ha annunciato cassa integrazione ordinaria per circa 1500 impiegati (1300 solo a Torino) a partire da maggio. La cassa cesserà a fine luglio ed è stata motivata da Fiat Auto con il calo di produzione. Lo stop forzato riguarderà gli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Melfi e Pomigliano. Termini Imerese è già fermo dal 21 marzo e riprenderà l’attività il 30 settembre. Più in generale la cassa a Mirafiori riguarderà le carrozzerie: da maggio a luglio, una settimana al mese, staranno a casa i 4400 addetti delle linee di Punto, Musa, Multipla e Idea, per due settimane i 600 di Alfa 166 e Thesis. A Cassino invece sono previste due settimane di cassa a maggio, una a giugno e una a luglio per 2000 lavoratori delle linee Stilo e Stilo station wagon. A Melfi 4500 che producono Ypsilon e Punto si fermeranno per una settimana a maggio, mentre a Pomigliano si fermeranno i 2500 operai delle linee Alfa 147 e Alfa Gt (una settimana a maggio e una a luglio), mentre per due settimane a maggio si fermeranno i 1800 lavoratori della Alfa 156. «L’annuncio da parte della Fiat di un utilizzo della cassa integrazione ormai illimitato – dice Gianni Rinaldini segretario generale della Fiom – rende del tutto evidente la drammaticità della situazione e delle prospettive del settore dell’auto. Questa, purtroppo, è la realtà che inutilmente si cerca di coprire con inconcludenti operazioni pubblicitarie. E’ necessario – aggiunge Rinaldini – che il governo convochi l’incontro chiesto dai sindacati con la manifestazione nazionale dell’11 marzo». Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom sottolinea che «la cassa integrazione era nell’aria da tempo. Mi sembra che la Fiat abbia semplicemente scelto di aspettare dopo le elezioni per fare l’annuncio. Un piacere al governo in carica». Quanto alla situazione del gruppo Cremaschi sottolinea che «la situazione sta precipitando: non c’è nessun segnale positivo dal punto di vista della produzione. La realtà – conclude Cremaschi – è che si sta vivendo alla giornata e i lavoratori, come dice il poeta, stanno come d’autunno sugli alberi le foglie».

Torino è ancora una volta pesantemente colpita dalla cassa. «La Fiat – dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom torinese – sta facendo un utilizzo ai limiti della legge sulla cassa integrazione ordinaria. Ma questa crisi – aggiunge – si inverte soltanto con investimenti e prodotti che non si vedono. Se non si interviene avremo una situazione molto più grave e ci troveremo a dover affrontare seri problemi strutturali». L’umore tra gli impiegati, colpiti così duramente dalla cassa, è chiaramente pessimo. C’è rabbia, nervosismo e anche molta preoccupazione, come conferma Fabio Di Gioia, Rsu Fiom. «I lavoratori – dice – hanno capito bene che questo utilizzo della cassa integrazione da parte di Fiat è al limite della liceità. Il problema è che a settembre il panorama sarà ancora più desolante». Nello specifico, Di Gioia lavora a Volvera, e si occupa di assistenza. «Non ci aspettavamo di dover pagare un tributo di sangue così alto – ammette – Invece un lavoratore su tre sarà messo in cassa. La motivazione usata da Fiat è la stessa per tutti e cioè il calo di produzione. Ma noi facciamo assistenza e non siamo mai stati toccati dal calo di produzione».

Tra gli impiegati si stanno preparando le assemblee informative, e intanto si chiede nuovamente un impegno del governo. «Anche al nuovo governo della regione Piemonte – dice Airaudo – Ai candidati abbiamo chiesto impegni precisi sulla Fiat. Speriamo che li rispettino». Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, ha chiesto all’azienda un incontro urgente. «A meno di due mesi dalla positiva conclusione dei rapporti con Gm – ha detto Chiamparino – torna la preoccupazione sul futuro di Fiat Auto. La cassa integrazione è dovuta sia ai più recenti dati di mercato, sia all’atteggiamento dell’azienda stessa che continua ad adeguare i costi alle vendite senza però proporre un piano industriale».