Festa 2005: Un’ altra Europa: quale?

Venerdì sera la festa dell’Ernesto ha ospitato uno dei dibattiti più interessanti. Si è tentata una riflessione, dopo i referendum in Francia e Olanda sulla Costituzione Europea, intorno al tema dell’Europa, ragionando innanzitutto sulle linee strategiche di fondo di questa Unione e sulle prospettive, da valutare nella loro possibilità, di un’altra Europa rispetto alla quale anche i comunisti possano dare il proprio contributo.
Introducendo la discussione, Fausto Sorini ha toccato subito il centro della questione: come superare una concezione, diffusa anche a sinistra, tesa ad identificare l’Unione Europea con l’Europa tutta? Come evitare quindi il rischio di non capire ciò che persino un moderato come Gorbaciov vede, e cioè che il processo di costruzione europea oggi in atto si definisce progressivamente, per assorbimento e cooptazione, come un’unità assolutamente fittizia e contraria ad un progetto pan-europeo plurale, per esempio aperto anche alla Russia?
In questo contesto – l’affermazione del ritardo della sinistra nella definizione di “Europa” – Sorini pone il problema della valutazione del cosiddetto “sì critico” alla Costituzione europea che, se da un lato contesta l’impianto liberista e filo-atlantico del Trattato, dall’altro ritiene che la vittoria del no (cioè la crisi del processo di integrazione) giochi in ultima istanza a favore degli USA e di un’Europa sempre più blairiana e subalterna alla politica nord-americana.
Sorini, infine, pone agli interlocutori il tema della ricerca di linee programmatiche di un’Europa diversa, sia in campo economico e sociale, sia in materia di politica estera, a partire dalla messa in discussione definitiva della NATO e dalla chiusura di tutte le basi militari straniere presenti sul suolo europeo.
Purtroppo il dato di partenza è la rimozione totale di quest’ultimo obiettivo compiuta dagli stessi leaders del Partito della Sinistra Europea riunitisi dopo i referendum di Francia e Olanda e, rimanendo in Italia, la “Carta dei Valori” di Prodi, sottoscritta da tutti i segretari dei partiti dell’Unione e assunta come base programmatica comune, in cui si afferma senza mezzi termini il «rispetto degli impegni derivanti dai trattati e dalle convenzioni internazionali», tra cui appunto la NATO.
Per Emiliano Brancaccio la suggestione proposta da Gorbaciov è utopistica e «decisamente fuori dalla storia, perché mette in luce l’esistenza, all’interno della Unione Europea, di spinte alla formazione di un esercito europeo autonomo dalla NATO».
Ma è soprattutto sul terreno sociale ed economico che si confronta Brancaccio, mettendo in luce come qualsiasi progetto di Europa alternativa sia illusorio in assenza di forti movimenti sociali e di massa.
Quei movimenti che, costruendone le condizioni al livello dell’opinione pubblica, sono riusciti in Francia ed Olanda ad imprimere all’esito del referendum una spinta di sinistra. «Vi è stata una richiesta della sinistra di destrutturare questa Europa, integrata e sottomessa agli Stati Uniti», dice Cremaschi, «e di costruirne un’altra».
Un’Europa, come suggerisce Tiziano Rinaldini, che «ponga al centro della propria identità costituente il rifiuto della guerra ed il ripristino degli eserciti di leva». Un’Europa da costruire realisticamente, rifuggendo qualsiasi idea, suggestiva ma impraticabile, di integrazione pan-europea.
Ma è Bruno Steri, quasi in conclusione, a raccogliere le sollecitazioni emerse dal dibattito e a ricordare il ruolo centrale assunto oggi, all’interno del movimento pacifista italiano, dalla lotta contro la presenza di basi militari NATO e USA sottratte alla sovranità nazionale, non soltanto nei suoi settori tradizionalmente più avanzati, come insegna l’esperienza sarda dove la stessa giunta regionale ha assicurato il sostegno alle grandi mobilitazioni popolari in campo contro le basi americane.
Sembra una voce isolata, purtroppo. L’impressione, fortissima, è che anche la sinistra d’alternativa, in Italia come in Europa, debba fare ancora molta strada, avviando con urgenza un confronto ed una discussione non reticenti su temi strategicamente importanti come il tema della NATO, delle basi militari e di una politica di sicurezza per l’Italia e per l’Europa sottratta ai vincoli atlantici.