Ferrovieri tutti fermi, azienda tutta sorda

Se serviva una prova concreta, Fs e governo l’hanno avuta. Lo sciopero di ieri – otto ore – è stato praticamente totale, con punte del 100% tra il personale viaggiante. Hanno circolato in pratica soltanto i convogli «garantiti» per legge. Ma la prima risposta dell’azienda non lascia presagire nulla di buono: una nota ha parlato del 30% appena di adesioni, tentando di minimizzare quello che ogni viaggiatore ieri poteva constatare con i propri occhi. Notevoli disagi venivano segnalati a Napoli. Sarebbero stati soppressi tutti i treni regionali e quelli della tratta metropolitana previsti nella fascia oraria tra le 9 e le 17. Bloccata quindi anche la linea 2 della Metro, che collega Gianturco a Pozzuoli. Problemi simili anche in Emilia Romagna, in Piemonte e i numerose altre regioni.
Le sei sigle che avevano proclamato l’agitazione (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Orsa, Fast) gridano giustamente al successo e chiedono a gran voce «un cambiamento di gestione nella vertenza sulle ferrovie». Le motivazioni alla base della fermata sono numerose: rinnovo del contratto (anche se la piattaforma rivendicativa è ancora un oggetto misterioso, non discusso nella categoria), regole comuni per tutte le imprese che agiscono nel trasporto su rotaia, un piano industriale per lo sviluppo, una politica di incentivo del trasporto ferroviario; e contro la liberalizzazione senza regole, il ridimensionamento delle Fs, l’attacco ai livelli occupazionali e al salario.
L’Assemblea dei ferrovieri – un coordinamento nazionale dei delegati rsu e rls, iscritti un po’ al tutte le organizzazioni, forte di alcuni scioperi riusciti nel corso di questi ultimi anni – hanno segnalato anche il no al «macchinista unico» che le Fs vogliono imporre per ridurre di altre 10.000 unità il personale, anche a costo di ridurre a zero i livelli di sicurezza per lavoratori e passeggeri. Importante – anche per capire di cosa si sta parlando in questo settore – la richiesta delle «otto ore»; nel contratto 2003, infatti, era stato accettato per il personale viaggiante un orario di turno pari a «10 ore più una». Unico, in Europa.
Comunque, parziali differenze a parte, i ferrovieri hanno risposto compattamente, dimostrando di aver ben compreso la gravità del momento e il rischio implicito nelle strategie aziendali per «ripianare i bilanci». Nei giorni scorsi l’amministratore delegato, Mauro Moretti (ex segretario della Filt Cgil), aveva tra l’altro ribadito la necessità di aumentare le tariffe anche per i treni dei pendolari, tracciando una linea completamente opposta all’incentivazione del trasporto ferroviario. Nella serata di ieri smentiva solo in parte questa sortita, spiegando che «non ci sono aumenti in programma nell’immediato»; naturalmente, ha concluso, «è impensabile che tra cinque anni in Italia ci siano le stesse tariffe dioggi».
Sempre ieri, IlSole24Ore illustrava al meglio le nuove «aree di business» per il gruppo Fs: servizi urbani dalla bicicletta alla limousine, parcheggi, centri commerciali, piattaforme logistiche al servizio dell’e-commerce, valorizzazione degli immobili delle stazioni. Tutto insomma, tranne che trasporto ferroviario. Il governo tace, probabilmente soddisfatto dal piglio decisionista con cui il ministro dei trasporti Alessandro Bianchi, considerato «in quota» Pdci, parla di «un’azienda che deve saper competere sul mercato». Sorvolando sul fatto che qui si tratta di «servizio pubblico» – si pensi solo ai pendolari – e non di merci qualsiasi.
E proprio la sicurezza del trasporto rischia di diventare una grossa «grana» per i vertici del gruppo (tuttora di proprietà dello stato al 100%). Ieri mattina il gip del tribunale di Bologna ha chiesto al pm di «avviare indagini anche in capo di soggetti diversi da quelli attualmente indagati» (tutti dirigenti di Rfi, la società che gestisce la rete) per la strage di Crevalcore, due anni fa. Si dovrebbe trattare dell’allora a.d. di Trenitalia, dei responsabili del personale del trasporto regionale, del responsabile della sicurezza. Ma il giudice ha chiesto anche di approfondire le indagini per quanti erano stati in un primo momento «stralciati»; tra questi figura Mauro Moretti, allora a.d. di Rfi. Non è finita: tra i documenti richiesti c’è tutta la parte relativa all’«uomo morto» (il pedale contrabbandato come «sistema di sicurezza»), comprese le relazioni della Asl che lo descrivevano come un «elemento di distrazione» e logoramento del macchinista.