Ferrero: “Per dire basta ai clandestini ho fatto un compromesso con Amato”

Il disegno di legge, partorito assieme al ministro dell’Interno Giuliano Amato con il 2007 chiuderà con la Bossi-Fini ancora in vigore. Il ministro di Rifondazione comunista appare però soddisfatto: ha accettato un compromesso sui Centri di permanenza temporanea, ma il nucleo del testo è quello che voleva («Magari sorride non l’avrei scritto proprio così»). Mentre rivela particolari ancora poco esplorati (per esempio, la possibilità di sanare lo straniero scivolato nella clandestinità, che però abbia fatto in precedenza almeno 18 mesi di lavoro regolare) le agenzie battono la notizia che a Madrid gli immigrati sono più di 1 milione, uno ogni sei abitanti: «Jesus Caldera, ministro spagnolo dell’Occupazione, mi ha riferito che l’eccezionale tasso di sviluppo del suo Paese si deve tutto agli immigrati. Apriamo bene le orecchie anche noi».
Quali sono i tempi della riforma?
«Entro la fine di marzo il testo, che prima verrà sottoposto agli altri colleghi di governo, dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri. Poi ci sarà l’esame del Parlamento. Se ci sono voluti tre mesi per gli sfratti, sui cui c’erano punti d’intesa con l’opposizione, sull’immigrazione sarà più lungo. Infine tradurremo in decreto il disegno di legge delega. Sarei sciocco a prevedere che tutto ciò avvenga con certezza entro il 2007. Ma l’importante è che il nucleo della riforma ci sia».
Come ”premiare” i regolari?
«I contratti a tempo determinato dureranno ben tre anni, e al rinnovo il periodo potrà essere raddoppiato. Renderemo così più facile la vita agli stranieri e ai loro datori di lavoro, li sottrarremo alle code e alla gogna dei rinnovi. Così, ci potrà essere meno polizia negli uffici a sbrigare pratiche e più sulla strada a sovraintendere alla sicurezza. Chi perderà il lavoro, potrà cercarlo per un anno ancora, senza timore di diventare clandestino. Si potrà entrare in Italia anche senza avere già un lavoro, ma con un permesso per cercarlo. E pure auto-sponsorizzandosi, dimostrando di potersi mantenere per un certo tempo».
Colf e badanti sono fuori dalle quote?
«No, non abbiamo deciso questo. Semplicemente, poiché è più difficile prevedere la domanda delle famiglie, abbiamo messo in campo un meccanismo flessibile che possa accogliere anche un certo numero di domande in più».
A proposito, quando sarà pronto il decreto flussi 2007?
«Prima dovremo completare il lavoro delle quote 2006, e ci vorranno ancora tre mesi».
E’ in vista una nuova regolarizzazione?
«Troppo presto per discuterne. Intanto, di fronte a un’offerta di lavoro, potranno riemergere lavoratori caduti nella clandestinità, ma che in passato abbiano fatto almeno 18 mesi di lavoro regolare».
Prevedete delle liste di collocamento all’estero. Ma come potranno tenerle i consolati, tutti a corto di personale?
«E infatti non le terranno solo i consolati, ma anche enti e organismi con sedi all’estero, nonché le autorità dei Paesi d’origine. Tutti gli stranieri interessati all’Italia dovranno iscriversi. Sono un meccanismo per rendere visibile chi vuole entrare».
Sui Cpt, si può dire che con Amato sia finita 1 a 1?
«Era la questione più spinosa, c’è stato un compromesso. Io li avrei voluti chiudere tutti, ma in ogni caso c’è stata una secca modifica rispetto al sistema attuale. Primo, i centri, che verranno ridotti, saranno trasparenti: potranno visitarli giornalisti, delegati di comuni e di associazioni. Secondo, la permanenza, da 60 giorni sarà almeno dimezzata. Terzo, diventeranno marginali, perché ospiteranno solo quanti si rifiutino di essere identificati. Oggi, infine, per metà i Cpt ospitano carcerati da identificare in attesa di espulsione. Abbiamo disposto che in futuro vengano identificati direttamente in carcere: un bel cambiamento».
Per Giuseppe Pisanu questa è una controriforma, e altri azzurri sono contro il voto degli stranieri alle comunali.
«Se la Bossi-Fini era una riforma, evviva la controriforma. Le cose non stanno visibilmente così. Quanto al diritto di voto, qui si parla di stranieri che sono con noi da almeno cinque anni, pagano le imposte, hanno figli nelle nostre scuole. L’idea che c’è dietro questa critica è da borghesia di fine ’800: si vuole ridurre il suffragio universale, abolirlo per gli operai che fanno i lavori più faticosi».