Ferrero: “Abbassiamo i toni, ma non ci sarà un nuovo congresso”

«Vendola propone una tregua all’interno del Prc. Bene. Per quanto mi riguarda la pratico unilateralmente dal 27 luglio, giorno in cui è finito il congresso. A partire da ciò non posso che felicitarmi del fatto che Vendola escluda finalmente ogni ipotesi di scissione». Paolo Ferrero commenta così le dichiarazioni del governatore della Puglia che ieri, insieme a Claudio Fava, ha battezzato la nuova associazione “La sinistra”. Ma non è disgelo tra le due anime del Prc, perché i punti di dissenso restano tutti.
Intanto la proposta di congresso straordinario raccoglie un secco no sia da Ferrero che dal suo principale alleato nella maggioranza uscita vincente da Chianciano, Claudio Grassi: «Non sta né in cielo né in terra, il congresso si è appena concluso. Mi sembra un’idea strampalata», dice infatti il responsabile organizzazione. Ma l’idea registra reazioni negative anche all’interno della stessa area “vendoliana” se per esempio Milziade Caprili, benché avvertendo di parlare «dalla periferia», la bolla come «irricevibile» e Tommaso Sodano, ex senatore, la definisce un’ipotesi «distruttiva, che porterebbe molti compagni a tornarsene a casa».
Anche la proposta del cartello elettorale non trova consensi. Il ragionamento di Vendola è semplice: siccome incombe la “spada di Damocle” delle elezioni europee (appuntamento quanto mai importante per la sopravvivenza politica), perché farci del male reciprocamente andando ognuno contro l’altro armato? Facciamo una tregua, un cartello elettorale appunto; poi si vede. Sul merito Ferrero preferisce non rispondere, convinto com’è che tenere il partito inchiodato fino a giugno ad un dibattito che va avanti da mesi (Arcobaleno sì, Arcobaleno no) sia un suicidio: «Il titolo è: come si uccide un partito». Che invece deve mettere tutte le sue energie per «uscire dalle stanze e lavorare dentro il movimento, dentro la società. Che poi equivale a trovare i voti». E poi non si sa ancora ufficialmente con quale legge si andrà a votare.
Che è l’obiezione anche di Grassi, che respinge esplicitamente l’ipotesi del cartello elettorale: «Tocca ad altri avanzare una proposta, non a chi ha proposto la Sinistra arcobaleno, col risultato disastroso che sappiamo. Noi abbiamo sostenuto la S.A. anche se il progetto non ci convinceva. Ora facciamo la prova del budino: andiamo al voto col nostro simbolo e vediamo quanto consenso ottiene». Anche il Pdci, per voce dell’ex senatrice Manuela Palermi, boccia il cartello elettorale: «E’ probabile che la proposta di rimettere insieme i pezzi della Sinistra arcobaleno non inglobi noi, che in quanto comunisti veniamo considerati dei rottami. Ma l’approdo, o l’allargamento, come lo chiama Vendola, mi pare evidente che debba interpretarsi nella confluenza nel Pd». In ogni caso, «non siamo assolutamente interessati. La consideriamo una proposta vecchia e sostanzialmente inutile, oltreché surreale».
E questo è uno dei motivi per i quali, sia nell’area vendoliana che nella maggioranza del partito, le assicurazioni sulla non volontà di arrivare alla scissione non hanno ancora convinto del tutto. «Non capisco – dice infatti Ferrero – in che relazione stanno le dichiarazioni di Vendola con quelle di Fava che annuncia un nuovo soggetto politico alleato naturale del Pd». Tra i vendoliani, se Caprili esprime un «dissenso per difetto» all’idea di Claudio Fava delle «sinergie tra me, Nichi Vendola, Umberto Guidoni e Paolo Cento» («L’alleanza dev’essere più larga, perché limitare?», si domanda), lo “stop and go” di questi giorni ha generato una confusione che ancora non si è dissipata. «Io sono fermo alla mozione che ho sottoscritto al congresso – precisa Sodano – L’associazione deve essere di aiuto al processo costituente» e non dare origine ad una nuova «frammentazione». Come Augusto Rocchi, anche Sodano si dice contrario a «scorciatoie elettoralistiche». «Il cartello non dipende solo da Rifondazione. Se non decolla che facciamo? Il “con chi ci sta” mi vede contrario; sarebbe un’altra piccola sigla. Allora meglio andare al voto con il nostro simbolo».
Alfonso Gianni ce la mette tutta per sgomberare il campo da ogni dubbio: «E’ una costruzione mass-mediologica, l’ipotesi della scissione non è all’ordine del giorno» (anche perché, ha già avuto modo di dire, oggi non ci sono le condizioni). «L’associazione – spiega ancora – serve per rifondare e riunire la sinistra, non comporta assolutamente una precipitazione sull’appuntamento elettorale. Certo è che dobbiamo evitare di fare la fine della sinistra argentina o di quella francese, cioè dividere una piccola percentuale in tanti zero virgola».