Fausto svolta e non piace all’Ernesto

Prima «il segretario» ha quasi sciolto il partito nel movimento dei movimenti che, irriconoscente, nelle urne non ricambia la cortesia. Poi ha accelerato con la svolta della «non violenza», che liquida il Novecento come un ammasso di macerie e errori, decreta la morte non solo fisica dei Grandi Padri, sancisce il fallimento oltre che del Comunismo della Politica che, usando la Forza per conquistare il Potere, rovescia inevitabilmente il Bene in Male (l’abuso di maiuscole è proporzionale alla vastità e alla lunga durata dei rovelli). Così il compagno Bertinotti esagera, obietta qualcuno in Rifondazione (e pure fuori). Tra chi obietta ci sono quelli dell’Ernesto, la rivista della minoranza della maggioranza di Rifondazione che fa capo a Claudio Grassi. La rivista ha replicato alla svolta bertinottiana con il convegno di ieri alla Casa della cultura «Il potere, la violenza, la resistenza», preceduto da una tavola rotonda venerdì sera. Dibattito a «più voci», sottolinea Grassi per marcare la differenza dal convegno di Venezia, dove si era sentita solo la campana favorevole alla «svolta». Le scintille polemiche si sono evidenziate soprattutto nella tavola rotonda dove Rina Gagliardi ha sostenuto la «proposta politica» della non violenza «contro» Claudio Grassi, Valentino Parlato, Piero Bernocchi e contro una sala antipatizzante. Grassi contesta la formula «spirale guerra-terrorismo» diventata senso comune dopo l’11 settembre. La guerra non è causata dal terrorismo, era diventata normale prima dell’attacco alle Torri gemelle; la spirale, semmai, è tra neoliberismo e guerra. Il terrorismo è «antitetico» alla tradizione comunista, ma quelli che si oppongono con le armi all’imperialismo non sono tutti terroristi. Quella di Nassirya non è stata un’azione terroristica, ma di «resistenza» contro un esercito occupante. Chi riduce il Novecento a orrori, sbagli, tragedie fa propria la vulgata anticomunista. «Ma se è così, perché voler rifondare un’idea di comunismo?». E’ pericoloso far precipitare nell’immediato, «a fini di lotta di partito», temi di rilievo strategico su cui nessuno ha «certezze granitiche».

Piero Bernocchi pensa che la discussione avviata da Bertinotti sulla non violenza sia vecchia come il mondo per un verso e falsa, «inventata a tavolino», per l’altro. «Non c’è alcuna emergenza violenza in Italia, a meno che si definisca violenza contestare Fassino». Guerra è diventata una parola «pulita e civile», mentre sotto la parola «lurida» terrorismo viene messo tutto, compresa la resistenza. L’esponente dei Cobas è decisamente di manica larga nel concedere a scatola chiusa la patente di resistenti agli irakeni. Glielo fa notare Valentino Parlato: «gli irakeni che tu consideri partigiani, magari sono la X Mas». Brusii in sala. Applausi, invece, quando Valentino definisce «estemporanea» la discussione messa in piedi da Bertinotti. «Mi ricorda l’uscita di Craxi su Proudhon. Si scomodano i princìpi per un’operazione politica, la cui sostanza è di respingere tutta la tradizione comunista». Smettiamola di torturarci chiedendoci dove abbiamo sbagliato. «Se lo sapessi, avrei la ricetta in tasca per vincere a tempo indeterminato». Sì, siamo stati sconfitti, ma «non inventiamoci una macchinetta nuova» ogni sei mesi per trastullarci. Il tempo che ci resta occupiamolo per conoscere cosa è l’Italia oggi, «non lo sappiamo più».

Caro Valentino, obietta Rina Gagliardi, mi sembra appena uscito da Botteghe Oscure, «eppure mi pare di ricordare che il Pci ti abbia radiato proprio perché prima di altri ti eri accorto che qualcosa avevamo sbagliato». Non è in discussione se la la rivoluzione d’Ottobre andava fatta o no, garantisce Rina, dobbiamo capire una volta per tutte a che «punto» abbiamo cominciato a sbagliare. L’errore, per la condirettrice di Liberazione, è la concezione «militare» della rivoluzione come «presa del potere centrale». L’opzione politica della non violenza non rinuncia alla trasformazione rivoluzionaria. La diliusce, però, in una sequenza di rotture dal basso, in una «liberazione diffusa». Non è il pacifismo classico, perché non deriva da una concezione filosofica o etica. Non è neppure la liquidazione in toto del Novecento. A patto, insiste Rina, che non si eluda la domanda «non accademica» su cosa abbiamo sbagliato, pena ridurre il comunismo a «nostalgia, fedeltà, testimonianza». La non violenza è una proposta politica «per qui e ora». Così, pezzo dopo pezzo, la «macchinetta» viene smontata. E alla fine del dibattito non si capisce più dove stia la differenza tra Gagliardi-Bertinotti e Grassi, visto che neppure lui pretende «qui e ora» di conquistare il Palazzo d’inverno e deve aver smesso di pensare che il comunismo sia la dittatura del proletariato.

Il seminario di ieri ha avuto un impianto più storico-teorico. Tra i tanti contributi corre l’obbligo di segnalare quello inviato dal partigiano Giorgio Bocca che, sull’uso della forza, non sta con Bertinotti.