Urne aperte in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. Tutti attendono di sapere se Al-Fatah si confermerà il partito palestinese di maggioranza relativa oppure se Hamas metterà a segno un colpo clamoroso conquistando la maggior parte dei seggi nel nuovo Consiglio legislativo palestinese. Se nei giorni scorsi le forze politiche e i candidati continuavano a studiare i risultati dei sondaggi, stasera accoglieranno con un salto di gioia o con rammarico l’esito degli exit-poll che l’università di Bir Zeit e il «Centro palestinese ricerche sociali e politiche» (Cprsp) comunicheranno alla chiusura dei seggi. Abbiamo intervistato il direttore del Cprsp, Khalil Shikaki, considerato uno dei principali analisti politici palestinesi.
Professor Shikaki, appena qualche settimana fa nessuno avrebbe messo in dubbio la vittoria di Al Fatah, ora invece non si esclude un successo di Hamas. Quali fattori hanno determinato questo testa a testa fino all’ultimo voto?
Le scelte operate dagli indecisi. Per mesi, prima del voto, abbiamo vissuto in un’incertezza totale e le elezioni, più volte, sono state sul punto di essere rinviate. Questo ha reso tanti elettori indifferenti verso la consultazione. Poi il voto è diventato realtà e gli indecisi hanno fatto le loro valutazioni. Tengo però a precisare che le nostre indagini statistiche non indicano uno spostamento totale a favore di Hamas, perché anche Al Fatah ha goduto, sebbene in misura minore, di questa più precisa definizione delle posizioni dell’elettorato.
Lei crede alla vittoria di Hamas di cui sono convinti tutti i leader del movimento islamico?
Sono un sociologo che svolge ricerche e conduce sondaggi d’opinione su basi scientifiche e quindi valuto prima di tutto gli esiti del mio lavoro. L’ultima indagine del Cprsp risale a qualche giorno fa e ha dato come risultato la vittoria di Al Fatah. Il 42% degli intervistati voterà per Al Fatah, mentre il 35% sceglierà Hamas. Il nostro sondaggio ha un margine d’errore di circa 2 punti percentuali e lo riteniamo molto accurato. È evidente che in questi ultimi due, tre giorni potrebbe essere avvenuto un ulteriore spostamento, ma tendo ad escludere cambiamenti drammatici.
Dove e come Hamas ha costruito il suo consenso?
I problemi interni di Al Fatah sono noti, della corruzione diffusa si è parlato tanto e, senza dubbio, il caos in cui vivono alcune aree di Cisgiordania e Gaza hanno sicuramente giocato a sfavore di Al Fatah e dell’Anp. Il consenso ad Hamas tuttavia viene da più lontano: si è alimentato soprattutto nei centri urbani, dove decine di migliaia di palestinesi vivono in povertà, sopravvivendo grazie agli aiuti del movimento islamico. Non sorprende che il nostro sondaggio abbia registrato un vantaggio di Hamas nelle zone più popolose: Gaza city, Deir el-Balah, Hebron e Tulkarem. Al Fatah invece è in testa nelle città più piccole: Gerico, Ramallah e Qalqiliya, nei distretti di Rafah e Khan Younis e nelle zone rurali.
Parliamo del dopo voto. Molti hanno descritto scenari apocalittici a proposito di una vittoria di Hamas. Qualcuno prevede che Al Fatah o, per essere più precisi, alcuni settori di questo partito, non accetteranno di rinunciare al potere.
Anzitutto dobbiamo tenere conto delle dichiarazioni fatte dal presidente Abu Mazen, che in un’intervista di qualche giorno fa ha detto che il vincitore avrà l’incarico di formare il nuovo governo. Qualche giorno prima il raìs si era dichiarato determinato a rispettare la scelta dell’elettorato. Questo è l’atteggiamento condiviso da quasi tutti i palestinesi. Non mi aspetto crisi violente in caso di una vittoria di Hamas alla quale peraltro io non credo, visto che il nostro sondaggio la esclude. Trovo invece più interessante il discorso a proposito della riconferma di Al Fatah al potere.
Si riferisce alla formazione del nuovo governo?
Sì, ma non solo. È probabile la formazione di una coalizione con Al Fatah e altre forze laiche, ma un accordo con Hamas non può essere escluso del tutto, soprattutto se il distacco tra le due forze politiche risulterà minimo. Il vero punto interrogativo tuttavia sono le possibilità per Abu Mazen di portare avanti il negoziato con Israele. Il presidente e il futuro primo ministro riceveranno un mandato sufficientemente forte per rilanciare la trattativa? Su ciò si giocherà una partita molto complessa ed accesa nel nuovo parlamento.