Fassino: «Sì ai talebani nella conferenza di pace»

«La pace si fa con il nemico, e in una situazione così drammatica come quella afghana è difficile pensare a una conferenza che non veda sedere attorno allo stesso tavolo tutti i protagonisti». Così Piero Fassino, sull’Unità, rompe uno storico tabù dell’area ulivista dell’Unione e apre ufficialmente all’ipotesi della trattativa politica con le fazioni talebane «non qaediste» sul futuro dell’Afghanistan.
Non a caso l’apertura del segretario della Quercia (che registra in qualche modo una correzione di rotta dell’«establishment» simboleggiata anche dagli ultimi editoriali del Corsera) incontra il gelo degli altri dirigenti ulivisti e l’ostilità del centrodestra. Plaudono invece Rifondazione, Verdi e l’Italia dei valori. Franco Giordano, unico segretario ad apprezzare la «svolta» diessina, giudica «importante e innovativo» l’investimento esplicito di Fassino su una «vera conferenza internazionale».
Per il resto un silenzio quasi imbarazzato. Giuliano Amato, ministro degli Interni di solida fede atlantista, è l’unico dirigente del futuro partito democratico a intervenire schierandosi però sul versante opposto a quello del segretario Ds: «Se in Afghanistan tornasse il fondamentalismo dei talebani – si limita a dire – sarebbe pericoloso per la solidarietà che abbiamo per le democrazie e i diritti delle donne, ma anche per noi, per i nostri interessi vitali».
L’apertura del segretario Ds rafforza le parole di venerdì del ministro degli Esteri Massimo D’Alema che, pur dietro i veli della diplomazia, aveva sostanzialmente corretto il tiro ammettendo «iniziative» con l’altra parte, cioè i talebani di Dadullah. Nessun commento dalla Farnesina, impegnata ieri una giornata di silenzio operoso distante dai riflettori.
Domani sera alle 19 D’Alema incontrerà Condoleezza Rice a Washington, al Dipartimento di stato Usa. Un appuntamento delicato centrato su tre questioni che andranno presto sul tavolo del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite: Iran, Kossovo e, ovviamente, Kabul.
Subito dopo l’incontro, infatti, D’Alema volerà a New York dove alle 10 di martedì interverrà nel consiglio per riferire sulla missione civile internazionale (Unama) in Afghanistan che dovrà essere rinnovata il 23 marzo.
Uno scenario internazionale perfetto per «ribadire la prospettiva italiana di una conferenza internazionale di pace sul futuro del paese», assicurano dalla Farnesina sottolineando le (timide) aperture rispetto a qualche settimana fa. Nessun commento per ora su un «invito» ai talebani quanto l’insistenza su paesi confinanti strategici come il Pakistan o come Cina e Iran «che stanno alla finestra e che potrebbero fare molto di più».
Al centro del colloquio con la Rice, però, soprattutto il nodo delle sanzioni con Tehran, la nuova risoluzione è dietro l’angolo e l’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo dall’inasprimento delle sanzioni.
«Insistiamo su una doppia sospensione – spiegano dalla Farnesina – l’Iran sospenda il suo programma nucleare e l’Onu farà altrettanto con le sanzioni». Purtroppo però Tehran ha tutta l’intenzione di andare avanti nonostante un isolamento internazionale sempre più stringente, considerato che recentemente anche la Russia ha ritirato il suo sostegno alla join venture che cogestisce il reattore di Busher. In ogni caso il nostro paese sosterrà la tesi di sanzioni «ponderate» tra i vari paesi, visto che Italia e Germania rischiano di pagare il prezzo commerciale maggiore per le scelte di Ahmadinejad.