Fascismo cultura ibrida

Bobbio, nel 1973, presso Einaudi, all’interno del volume collettaneo Fascismo e società italiana, aveva pubblicato un saggio dal titolo La cultura e il fascismo. Vi si negava che il fascismo avesse prodotto cultura. Gli intellettuali «integralmente» fascisti erano stati «di mezza tacca». E cioè funzionari, faccendieri, propagandisti. In nessun caso produttori autonomi di cultura. I grandi, vale a dire i Gentile, i Rocco, i Volpe, si erano formati prima del fascismo, avevano già cinquant’anni nel 1925 ed avevano influenzato il regime piuttosto che esserne influenzati. Certo, vi era stato un diffuso nicodemismo. E Croce, nel 1930, a sottolineare il fatto che dovesse passare la nottata, pubblicò, nella collana laterziana «Scrittori d’Italia», Della dissimulazione onesta, celebre trattatello seicentesco di Torquato Accetto. Oggi si va dicendo che sia stato Carlo Muscetta a discorrere di «dissimulazione onesta», mente la sua fu una citazione che faceva riferimento alla politica editoriale di Croce. La cultura vera, comunque, in primis quella accademica, per Bobbio «non eccedette nell’inneggiare né si ribellò». Accettò, subì, si uniformò, si rannicchiò in uno spazio in cui poteva continuare il proprio lavoro. Ebbe cedimenti di ordine morale. Ma non divenne strutturalmente fascista, perché in questo caso avrebbe cessato di essere cultura. Ben lieto di controbattere mostrando le capillari compromissioni degli intellettuali, in una nota di un mio libro del 1976 sull’Università di Torino durante il fascismo, con giovanile baldanza accusai Bobbio di «idealismo». Un epiteto meramente ideologico, per cui ora provo tenerezza e imbarazzo. Volevo denunciare il fatto che Bobbio si perdeva davanti ai protagonisti della cultura alta e non guardava all’organizzazione materiale della cultura. In un libretto a circolazione limitata del 1977 (poi ristampato da Einaudi nel 2002) Bobbio mi rispose, in una noticina, per le rime. E fece bene. Io però, allora, sostenendo che vi era stata una cultura fascista, volevo affermare una cosa – diciamo così – «di sinistra». E consideravo «di destra» e assolutoria la posizione di Bobbio. Oggi, a conferma della mediocrità di simili etichette, si presenta la posizione di Bobbio come quella che, nella «sinistra», è stata a lungo «ufficiale» (parola più ideologica del mio «idealismo» di allora). Così va il mondo. Una cultura fascista, ad ogni buon conto, c’è stata. Così come una cultura dell’età fascista, una cultura afascista e una cultura antifascista. Tutte ibridate tra loro. Ed è dalla capacità di ibridare che emerge la natura totalitaria del regime.