«Fare chiarezza sul futuro di Alitalia»

Non c’è nulla di peggio che la mancanza di decisioni. Il decennale declino di Alitalia ha scontato molti di questi momenti in cui tutti sembrano affannarsi seriamente al suo capezzale, ma nessuno prende poi decisioni. Lasciando che il processo rotoli senza controllo verso la prossima stazione della via crucis.
La conferenza stampa di ieri, convocata da cinque sindacati spesso divisi in passato (Cgil, Cisl, Sult, Ugl e Unione piloti) è diventata perciò un forte richiamo alle responsabilità del governo: non solo come azionista di riferimento, ma anche come regolatore e controllore del mercato. Solo in Italia, infatti, si è proceduto a «liberalizzare» senza fissare regole uguali per tutti (imponendo ad esempio un contratto nazionale a tutti i vettori) e quindi favorendo i «pirati» delle compagnie low cost, che fanno concorrenza ad Alitalia giocando anche su stipendi infimi.
Una sola cosa è infatti chiara: che la possibile alleanza con Air France non può stare in piedi, vista l’idea dei francesi di fare della nostra compagnia di bandiera un vettore regionale, privato delle rotte internazionali (le uniche davvero remunerative). Il segretario della Filt-Cgil, Fabrizio Solari, ha anche spiegato gli orientamenti del governo. «Una governance a tre, in cui il Tesoro scenda dall’attuale 49,9% a circa il 25; con il subentro di un socio italiano che possa essere un’impresa, mentre un ulteriore terzo vada a un alleato internazionale». Di nomi, per ora, neanche a parlarne. Il socio «industriale» italiano non si vede, è già si parla di un possibile pool di banche come «soluzione ponte». Il partner straniero, ovviamente un vettore, andrebbe a questo punto cercato in oriente – estremo o «medio»? – visto che le tratte internazionali occidentali sono a questo punto poco «penetrabili» da Alitalia.
Le incognite sono molte, a cominciare dalla ripartizione delle quote (il 50% è sul mercato, da dove si tirerebbe fuori il 25-30 che serve per fare l’operazione?). Non è chiaro poi quale esperienza migliore dello stato potrebbe avere un industriale italiano che finora è rimasto fuori da un settore come questo (in cui certo non si può improvvisare). Infine, il partner straniero che – dovendo investire capitale cash – certo non potrebbe accontentarsi di fare l’azionista che non gestisce. Per non parlare poi di Giancarlo Cimoli, a.d. e presidente di Alitalia che però formalmente non starebbe decidendo nulla sulle strategie future della «sua» società.
I ministri Bersani e Padoa Schioppa hanno voluto rassicurare tutti sul fatto che il governo si sta occupando attivamente della compagnia, a partire dal fatto che «resterà italiana». Ma resta un certa impressione di mancanza di strategie (dopo la visita a Parigi di Prodi, a colloquio con Chirac, sembrava che con Air France fosse ormai fatta; mentre ora di dice che «ci sono tanti progetti alternativi, e sono tutti in pista»); oppure di possibili scambi dall’incerta positività per il paese.
Nell’incertezza, i cinque sindacati hanno confermato lo sciopero indetto per il 15 dicembre. Ufficialmente è solo per il rinnovo del contratto del personale di terra (la Uil si è dissociata dal documento unitario degli altri sindacati proprio per «non cambiare il significato dello sciopero»), ma è chiaro che sta a segnalare una «vigile inquietudine». Anche se certe sortite «di organizzazione,», come quella del segretario della Cisl, Claudio Genovesi («lo stato ha dimostrato di non saper fare il mestiere di azionista, quindi è meglio che passi la mano ad altri…») non sembrano agevolare la riuscita dell’«operazione salvataggio e trasformazione».
Resta il vero nodo: bisogna fare presto. La «tregua» di tre mesi concessa dai sindacati si sta consumando senza veri e concreti passi avanti. Si dichiarano ancora disponibili «alla realizzazione di un accordo» che contenga però «elementi innovativi su relazioni industriali, coinvolgimento sulle linee strategiche e modelli industriali aderenti al mutato scenario». Sarebbe invece criminale lasciar passare senza alcuna decisione chiara anche quest’ultima occasione.