Far emergere la questione del lavoro

Penso sia giusta l’apertura, sul nostro giornale, di un dibattito sul movimento anti-G8 e sul dopo-Genova. Ritengo che tutte le posizioni espresse dalle compagne e dai compagni abbiano diritto di cittadinanza in un confronto aperto, sereno, che aiuti il partito e il movimento a radicarsi e a crescere nella società. Per questa stessa ragione, non mi è piaciuto l’intervento del compagno Mantovani, che “taglia fuori” qualsiasi compagna/o che non la pensi come lui: non mi sembra che il processo di rifondazione nel quale siamo tutti impegnati si giovi di simili metodi!
Anch’io vorrei portare un contributo alla discussione sull’articolo scritto dai compagni Grassi e Burgio pubblicato dal manifesto il 19 luglio.
Ci siamo trovati di fronte a due eventi che hanno segnato un risveglio. Il primo è stato lo sciopero dei metalmeccanici della Fiom/Cgil e la loro adesione, in quella occasione, al Gsf. Si tratta di un fatto storico che non trova pari nel recente passato: di un atto politico forte che non soltanto rappresenta una netta discontinuità rispetto alla politica concertativa che ha prodotto i guasti che noi tutti ben conosciamo, ma sancisce altresì la nascita di un nuovo rapporto dei giovani operai metalmeccanici con i più vecchi. Cerco di spiegarmi. Lo sciopero Fiom del 6 luglio scorso ha visto in piazza una generazione giovane che non ha alle spalle una storia di lotte, ma che è maturata facendo esperienza, sulla propria pelle, giorno dopo giorno, della fatica e della durezza del lavoro in fabbrica. Ciò si deve anche alla tenacia di centinaia e centinaia di compagni più anziani che non hanno mai smesso di parlare a questi giovani, cercando di creare in loro una coscienza di classe, aiutandoli con un volantino, una parola, un’assemblea, a prendere atto di una condizione materiale pesante, e gettando così le basi della loro consapevole volontà di ribellarsi.
Questo sciopero ha messo in luce tale risveglio, ma soprattutto questa saldatura fra il vecchio metalmeccanico e il più giovane, e una nuova solidarietà che si era già vista alla Fiat, quando licenziarono i giovani assunti a tempo determinato e i lavoratori risposero compatti, contro quei licenziamenti, con uno sciopero spontaneo. Noi dobbiamo cogliere questa iniziativa di lotta e sostenerla se la Fiom deciderà di tornare in piazza a settembre contro l’offensiva della Confindustria e del governo che ogni giorno attaccano su sanità, scuola, pensioni, libertà di licenziamento, e da ultimo, sulla 194.
La messa in discussione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è un fatto gravissimo con cui si vorrebbero abbandonare i rapporti di lavoro al libero arbitrio e alla prepotenza dei padroni, portando un colpo mortale ai lavoratori e a quel poco che resta dei loro diritti. Opporsi a questo è un dovere per il nostro partito, ma lo è anche per il movimento anti-global, che deve darsi una piattaforma di lotta su questo specifico terreno. Anzi penso che, se vi sarà lo sciopero generale, il partito dovrebbe chiedere al movimento di prendervi parte, individuando nello sciopero stesso una lotta unificante contro la globalizzazione capitalistica.
Come ci poniamo all’interno del movimento, in quanto partito, dinanzi ai prossimi appuntamenti, il vertice Nato a Napoli e il vertice Fao a Roma? Io penso che sia giusto riprenderci pacificamente e democraticamente le piazze di Napoli e di Roma per manifestare contro i signori della guerra e dell’imperialismo americano che mascherano le loro mire di espansione su altri popoli con guerre “umanitarie”. Mentre milioni di donne e di uomini nel pianeta muoiono di fame e malattie. E’ giusto tornare in piazza anche per dire a questo governo che la sua violenza cilena espressa a Genova non ci spaventa e non spezza questo movimento: che anzi siamo sempre più numerosi a opporci con la forza delle nostre ragioni e a ribadire che un altro mondo è possibile.
Inoltre penso che, senza nessuna prevaricazione e nel rispetto di tutti coloro che fanno parte del movimento, come comunisti dovremmo fare emergere nella discussione interna del movimento un tema che credo sia per noi centrale: la questione del lavoro e del modo di produzione in un diverso sistema globale che metta finalmente al centro la prospettiva del superamento del capitalismo e della fine dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Le condizioni di precarietà, la mancanza di tutele e diritti, il lavoro nero e sommerso, lo sfruttamento dei minori e dei migranti e le nuove forme di lavoro semi-servile celate sotto l’ideologia della flessibilità, del lavoro atipico: anche questi temi il movimento anti-global deve sapere fare propri, così come deve sapere parlare insieme al metalmeccanico italiano o tedesco o americano e al lavoratore “extra-comunitario”, alla commessa del Mac Donalds, al minatore e al campesino, perché nel mercato globale, nel nord e nel sud del mondo, l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro e al salario è generale e ricorre spesso alle stesse ricette.
L’obiettivo dei comunisti è trasformare la società, battere il sistema capitalistico: questa è la nostra cultura e la nostra esperienza politica, che noi dobbiamo sapere portare dentro al movimento anti-global.
Un’altra questione che mi sembra giusto affrontare riguarda, infine, le forme di lotta. Credo vada ribadito con forza il carattere pacifico e democratico di questo movimento. Acquisito questo, mi pare una forzatura nei confronti dei compagni favorevoli alla presenza di un servizio d’ordine attribuire loro la volontà di “militarizzare il movimento”. Nessuno vuole questo: credo invece che si voglia semplicemente uno strumento in più per evitare eventuali infiltrazioni nei cortei da parte di frange violente e di provocatori e per proteggere le donne e gli uomini che manifestano pacificamente. Certo il servizio d’ordine non risolve sicuramente il problema dell’aggressione ingiustificata da parte delle forze dell’ordine, ed è quindi indispensabile la partecipazione di avvocati, giornalisti, parlamentari e cineoperatori, che possono, con la loro stessa presenza, dissuadere chiunque da eventuali comportamenti illeciti: ma tra ciò che è di per sé sufficiente e ciò che è superfluo si apre un vasto spazio, quello di ciò che è utile.