Falluja, i parlamentari pacifisti chiedono la Commissione d’inchiesta internazionale

Corpi sfigurati, essiccati dal fuoco e ancora avvolti in abiti intatti. Le immagini del documentario choc di Rai News 24 sull’utilizzo del fosforo bianco contro la popolazione irachena di Falluja vengono proiettate nella Sala della Sacrestia della Camera dei Deputati. I rappresentanti del Forum parlamentare per la pace guardano, in silenzio. In televisione va in onda l’orrore di una guerra che nessuno dei presenti ha voluto.

Guerra e orrore vanno a braccetto, ma Maurizio Torrealta, curatore dell’inchiesta giornalistica di Sigfrido Ranucci non ha alcuna intenzione di rasserenare gli animi: “Alcune foto in nostro possesso sono state dichiarate dagli esperti come compatibili con l’utilizzo del fosforo bianco. Altre, sono compatibili con l’utilizzo di armi nuove, che abbiamo identificato, e che potrebbero aprire scenari completamente inediti”. Armi che, per ora, restano top secret, almeno finché il team di reporter Rai non trova nuovi riscontri e nuovi testimoni disposti a parlare. La ricerca della verità su quanto è accaduto a Falluja continua. Rai News prosegue a scavare tra i soldati rientrati in America, tra gli iracheni sopravvissuti, tra i giornalisti un tempo “embedded”. I parlamentari pacifisti chiedono l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale che faccia luce sulle responsabilità politiche e sulla reale portata di questa strage.

Per Alice Mahon, parlamentare del Labour dimessasi da ogni carica e dallo stesso parlamento britannico “non c’è alcun dubbio sul fatto che coloro che ci hanno spinto in questa occupazione illegale stiano commettendo, ogni giorno, gravi crimini di guerra”. “Tra i responsabili – spiega – c’è il mio Paese e il partito al quale sono stata iscritta per oltre trent’anni”. L’ex deputata inglese, oggi esponente della “Stop the war coalition” (coalizione per fermare la guerra, ndr) è venuta in Italia per sostenere la richiesta di una commissione d’inchiesta internazionale che chiarisca anche “come e perché i nostri governi ci hanno imposto di entrare in guerra”. Sul banco degli imputati, dunque, non solo Falluja ma anche i presunti dossier sulle armi di sterminio di massa irachene costruiti ad hoc per addomesticare le opinioni pubbliche europee. L’esperienza inglese dimostra come sia difficile portare avanti delle inchieste nazionali indipendenti. In Gran Bretagna ci hanno provato per ben due volte, ma in entrambi i casi i giudici alla guida delle commissioni sono stati nominati dal premier Blair e le inchieste hanno portato ad un nulla di fatto.

“Il crimine di guerra è un crimine di diritto internazionale” ha spiegato nel suo intervento il magistrato Domenico Gallo aggiungendo come sia “interesse di tutte le nazioni operare per impedire che questo resti impunito”. Certo, nell’ambito delle Nazioni Unite, il compito dell’istituzione di una commissione d’inchiesta spetta al Consiglio di Sicurezza. Va da sé che questa strada è, nei fatti, impraticabile. Ma se gli Stati Uniti riescono a condizionare le decisioni del Palazzo di Vetro, diversa è la situazione in Europa e nell’opinione pubblica. “L’Europa può giocare un ruolo importante a favore della verità e della pace” spiegano i parlamentari italiani. Ma più di tutti può l’opinione pubblica, stufa di essere raggirata dai governi e assetata di giustizia.

“Laddove non agiscono le istituzioni ufficiali esistono organizzazioni indipendenti come Human rights watch pronte a mettere in campo strumenti e risorse per svelare le responsabilità politiche dei governi oltre che quelle militari degli eserciti” spiega la dottoressa Vierucci, docente di giurisprudenza all’Università di Firenze: “ attraverso il principio della necessità militare gli eserciti agiscono indisturbati fuori dalle regole delle Convenzioni internazionali. Ma questo non significa che i singoli Paesi non possano dotarsi di regole e leggi più restrittive in campo bellico”. In particolare, l’Italia ha come precedente la normativa anti mine, adottata unilateralmente ben prima che anche il resto d’Europa ne seguisse l’esempio.