La manovra bis allarma il sindacato e preoccupa Rifondazione. Maurizio Zipponi, ex segretario della Fiom milanese e neodeputato del Prc, dovrebbe essere in fibrillazione. Invece, mantiene la calma. «Non è ancora il momento di dichiarare uno sciopero», dice.
Sei diventato un pompiere?
Gli scioperi si proclamano a ragion veduta. E i lavoratori mi hanno insegnato a partire dai fatti. Per ora, il fatto incontrovertibile è che Tremonti ci ha lasciato un buco all’ingrosso di 10 miliardi di euro, e le scoperte non sono ancora finite.
Un buco che il governo Prodi deve riempire. Oltre che un fatto, questo è un problema.
Nessuno lo nega. E la prima cosa da fare è negoziare con la Ue tempi più lunghi per rientrare nei parametri. Francia e Germania li hanno ottenuti. Lo so che l’Italia non ha la stessa forza per battere i pugni sul tavolo. Almeno, proviamoci.
Ma la manovra bis è alle porte, inizio luglio. E il problema è quello di sempre: chi paga?
La manovra deve servire contemporaneamente a risanare i conti e a rilanciare l’economia. I timidi segnali di ripresa che si colgono nell’industria vanno sostenuti dai consumi. Il che vieta, oltre che per ragioni di equità, di spremere ulteriormente i redditi da lavoro dipendente.
E’ la quadratura del cerchio…
No, è il programma dell’Unione. Che alla domanda fatidica “chi paga” dà delle risposte. Pagano subito i consumi di lusso, le rendite finanziarie, tutto ciò che è privilegio e spreco, come le auto blu. Dei bei soldini possono venire dalla regolarizzazione di quasi 400 mila immigrati che lavorano in nero. Cosa sfuggita agli imbecilli che hanno strillato contro la proposta del ministro Ferrero.
Tutta robetta.
Non mi pare. Comunque, cominciamo da quella in attesa che il recupero dell’evasione fiscale dia frutti nel medio periodo. La cosa che mi preme dire è che non siamo al dramma del ’92. La situazione è difficile, ma si può aggiustare. Chi la dipinge nerissima, come Il Sole 24 ore e il Corriere della sera per fare due nomi non a caso, lo fa per spostare altre risorse dal lavoro alle rendite e ai profitti. Non ne hanno mai abbastanza.
Lunedì ci sarà il primo incontro tra governo e sindacati. Se tu fossi ancora un sindacalista cosa diresti a Prodi?
Gli direi di non dar retta a Confindustria. Ma glielo dico anche da deputato dell’Unione. Deviare dal nostro programma è impossibile, produrebbe una rottura sia sociale che politica. Prodi lo sa benissimo.
Gli operai del Nord votano in prevalenza per il centro destra. Le analisi delle elezioni di aprile hanno confermato quel che succede da un pezzo. Non è che il centro sinistra dà i colletti blu per persi e si sente autorizzato a tosarli?
Se lo facesse, sarebbe un suicidio. I lavoratori si aspettano tre cose dal governo: modifica della legge 30, restituzione del fiscal drag, eliminazione del gradone pensionistico. Vanno fatte subito.
Con questi chiari di luna, Montezemolo come un disco rotto suona il ritornello della nuova concertazione.
Basta! La concertazione è un ferro vecchio. Ognuno deve fare il suo mestiere. Gli industriali devono portare a casa dei risultati, se sono capaci. I sindacati devono difendere i lavoratori. Il governo deve essere la sede in cui si trova una giusta mediazione tra gli interessi. Non c’è altro da aggiungere. La concertazione, per Confindustria, è solo un modo per avere altri aiuti dallo Stato e per abbassare ulteriormente il costo del lavoro.