Tempi duri per la parte di paese cresciuta nell’«arte di arrangiarsi». Il bilancio annuale della propria attività, tracciato dalla Guardia di finanza, è scritto con la decisione (e la capacità di distinguere) di un caterpillar.
I dati illustrati dal comandante del corpo, il generale Roberto Speciale, sono indicativi. In totale, sono stati recuperati 15,3 miliardi di redditi non dichiarati (per circa un terzo si sarebbero dovuti tradurre in tasse) e scoperti 6.950 evasori totali. L’evasione parziale riscontrata (ovvero le dichiarazioni infedeli o incomplete) raggiunge i 5,7 miliardi, mentre 2,1 erano nascosti nelle pieghe dell’elusione e evasione internazionale. Grandi risultati quantitativi sono giunti dal contrasto al traffico di droga (14,7 tonnellate di hashish e similari, che sembrano ben poca cosa rispetto alle 2,7 tonnellate di cocaina ai 700 quintali di eroina ritrovati), ma anche dal sequestro di prodotti contraffatti (quasi 20 milioni di pezzi nel mondo della moda, 24 milioni nell’elettronica – cd e dvd, evidentemente – quasi 7 milioni di giocattoli, 13.600 slot machines, ecc). Individuate anche frodi sui fondi strutturali Ue (agricoltura e illeciti finanziamenti) per 433 milioni, mentre 421 sono i milioni truffati allo stato e 216 i danni derivanti da truffe al sistema sanitario nazionale.
E poiché truffe e reati camminano – come le idee – sulle gambe degli uomini, da tutto questo ben di dio sono derivati anche 3.100 arresti e oltre 16mila denunciati.
Naturalmente questi successi hanno due risvolti: uno, immediato, riguarda il recupero diretto di risorse finanziarie illegali, l’altro – derivato – investe le abitudini fiscali di evasori ed elusori che ancora non sono stati scoperti, ma che si sono precipitati a dichiarare qualcosa di più del solito. Sarebbe qui, insomma, la fonte dello spropositato aumento delle entrate fiscali nel corso del 2006. Qualcuno lo ha chiamato anche «effetto Visco».
Per l’immediato futuro, la stessa Guardia di finanza promette (o minaccia) di «concentrare tutti i servizi di polizia economica e finanziaria su due obiettivi di massima priorità: la lotta all’evasione fiscale e il contrasto alla criminalità economica». Con un’attenzione «particolare» al fenomeno dei rimborsi Iva (l’evasione in questo campo è aumentata del 40%) e delle compensazioni di crediti. «Le verifiche avranno un impatto su tutti i contribuenti. Le categorie economiche saranno selezionate con un’approfondita attività di intelligence e di controllo del territorio», per individuare «quei soggetti che presentano dichiarazioni dei redditi non in linea con l’alto tenore di vita tenuto». Sotto tiro le attività bancarie, valutarie e patrimoniali, specialmente in regioni come la Calabria e la Campania.
Per un paese in cui pagare le tasse significa «passar da fessi» (da ricordare che tutti i lavoratori dipendenti non possono praticamente evadere neppure un centesimo, secondi lavori «in nero» a parte), sembrerebbe davvero il minimo. Preoccupa però un’impostazione tutta «quantitativa» dell’attività antievasione, come se la Gdf fosse un’azienda da cui ci si deve attendere ogni anno un «fatturato» più alto. Anche nell’«illegalità fiscale» esistono situazioni (classi e ceti sociali) assai differenti. Affrontare con gli stessi strumenti – quelli repressivi e basta, perché alla Gdf altro non si può chiedere – fenomeni agli antipodi come la grande criminalità economica (traffico di droga compreso) e la vendita al dettaglio di borse o cd contraffatti, significa impattare vaste zone di disagio e arretratezza sociale che fin qui sono sopravvissute solo grazie alla «benevola tolleranza» degli organi repressivi (visto che di politiche sociali indirizzate a recuperarle alla vita civile non se ne parla più da un ventennio). Se non si è capaci di usare pesi e misure diversi tra i «grandi capitalisti criminali» e l’illegalità minuta tipica degli stati di bisogno estremo, si faciliterà l’ulteriore saldatura di una «base popolare di massa» con il blocco d’élite «berlusconiano». Non proprio un risultato brillante.