La Polonia, prima nella lista dei candidati all’Unione Europea, rischia di avere delle noie al momento dell’ammissione, prevista per la fine del 2002, a causa della grave crisi economica che sta attraversando. Quasi a esorcisma di questa minaccia, la parola “crisi” è stata bandita dal vocabolario politico e ci si limita a parlare di un “buco nel bilancio” difficile da colmare. Prima di essere destituito ieri l’altro, il ministro delle finanze, Jaroslaw Bauch, lo stimava a circa 90 miliardi di zloty e ha presentato una finanziaria per l’anno prossimo che prevede tagli drastici in tutti i ministeri. Il primo ministro Jerzy Buzek non è d’accordo, ritiene che il buco di bilancio si limiti a 40 miliardi di zloty e si è precipitato a smentire in televisione che sarebbero i pensionati e gli impiegati dello stato coloro che dovrebbero pagarne la fattura.
E’ una discussione un po’ oziosa, dato che il 23 settembre i polacchi eleggeranno un nuovo parlamento e che il prossimo governo avrà il tempo di rifare la finanziaria. Intanto, i quattro partiti principali che concorrono alle elezioni hanno concluso il patto di non parlarne e di non fare nulla che possa nuocere all’adesione del paese all’Unione Europea. Ma l’opposizione, che ha tutte le probabilità di diventare maggioranza, rifiuta di partecipare all’elaborazione della prossima finanziaria. Il grande problema è perché la Polonia abbia un tale deficit di bilancio, handicap per l’entrata nell’Unione Europea, e quale politica dovrà fare il prossimo governo per riassorbirlo. Di colpo le spiritosaggini sull’effetto devastante che sulla sopravvivenza del governo avrebbero avuto le piene dell’Oder e della Vistola non fanno più ridere. Non è l’inondazione del luglio scorso che trascinerà via la squadra di Jerzy Buzek, ma il disintegrarsi della coalizione di destra costruita attorno al sindacato Solidarnosc (Aws, Azione elettorale di Solidarnosc).
Lo stratega di questa alleanza, Marian Krzaklewski, che “pilotava il governo stando seduto sul sedile posteriore”, secondo la sua stessa espressione, nutriva l’ambizione di diventare presidente della repubblica. Ma alle presidenziali dell’autunno scorso non ha avuto che il 15% dei suffragi e, arrivato terzo, non è stato ammesso al secondo turno. Dopo questo scacco, il sindacato Solidarnosc si è ritirato dall’Aws, dando l’esempio alle diverse forze minoritarie che ne facevano parte. Ora il sistema elettorale fissa la sbarra, per avere degli eletti, al 5% dei voti per i partiti e all’8% per le coalizioni.
Stando così le cose, l’Unione della sinistra democratica (Sld) che allo scrutinio del 1997, pur senza perdere voti, è diventata minoritaria a cagione dell’unità della destra, stavolta è sicura di ritrovare la maggioranza perduta. Il poco carismatico leader della formazione postcomunista, Leszek Miller, può sostenere che nel 1997, quando la sinistra è stata messa fuori dal governo, la Polonia aveva il 7% di crescita annuale, era considerata una delle “tigri d’Europa” e che la disoccupazione, che stava costantemente scendendo, si era avvicinata al 10%. Oggi la tigre non è che un gatto – 2% di crescita e 18,2% di disoccupazione. Il rallentamento economico nell’Unione Europa, soprattutto in Germania che è il principale interlocutore della Polonia, spiega in parte queste difficoltà. Ma la responsabilità principale incombe sulla politica monetarista condotta da tre anni dal vice primo ministro, Leszek Balcerowicz, con le poco chiare privatizzazioni che ha fatto e con la vastità della corruzione. L’ultraliberista Balcerowicz è stato fin dall’autunno scorso presidente dell’Unione della Libertà, che si dichiara un partito delle classi medie, mentre la sua politica di riduzione delle imposte per gli alti redditi e di diminuzione della spesa sociale ha nuociuto gravemente alla supposta clientela elettorale. Per esempio, un professore di università non ce la fa a vivere del solo salario ed è costretto a dare lezioni in un istituto privato per arrotondare, bene o male, le sue entrate. Gli insegnanti, un tempo molto apprezzati, sono fra i lavoratori meno pagati e non parliamo delle infermiere, che hanno fatto eroici scioperi per sopravvivere. Ma a offuscare terribilmente l’immagine del paese è soprattutto la piaga della disoccupazione, il 18%. E la Polonia non è l’Andalusia, dove grazie al turismo i disoccupati riescono a lavorare almeno qualche mese. Solo una piccolissima percentuale di disoccupati polacchi riesce a fare qualche lavoro in “nero”. Balcerowicz, benché padrone dell’economia, ha dovuto comunque fare i conti con gli alleati della Aws, che sotto la pressione del loro sindacato Solidarnosc non gli hanno permesso di ristrutturare la siderurgia e le miniere di carbone. Il suo successore alla testa dell’Unione della libertà, Bronislaw Geremek, molto noto in occidente, si trova di fronte all’arduo compito di ottenere almeno il 5% dei voti alle prossime elezioni. Ha un bel percorrere il paese in lungo e in largo in un autobus per chiamare al voto gli elettori della classe media, come gl
i fossero indifferenti i voti degli operai e dei contadini: è difficile che ottenga i risultati su cui conta. Il fatto è che alle elezioni presidenziali dell’autunno scorso un candidato indipendente, Andrzej Olechowski, ha ottenuto un grosso risultato e dopo il successo ha deciso di formare un nuovo partito – Piattaforma dei cittadini – per raccogliere i delusi della Aws e una parte dell’Unione della libertà. Andrzej Olechowski è un centrista, non ha esperienza politica ed è accreditato nei sondaggi del 12% dei voti, cosa che per un novizio non è poco, ma non minaccia in alcun modo il Sld di Leszek Miller, che caracolla in testa col 52% delle intenzioni di voto, cosa che gli garantirebbe 270 deputati in una Camera che ne conta 450.
Nella precedente legislatura i postcomunisti, che non avevano questa maggioranza, sono stati costretti ad allearsi col partito contadino il Psl. Questo partito, in un paese dove i contadini costituiscono circa un terzo dell’elettorato, è certo di avere un buon numero di eletti. La sua base è cattolicissima e teme molto l’ingresso nell’Unione Europea. Il suo leader, Jaroslaw Kalinowski, è invece un europeista convinto, ma avrà il problema del che fare con la manodopera eccedente che dovrà lasciare le campagne. L’adesione all’Unione Europea non sarà un rimedio, tanto più che il cancelliere Gerhard Schröder esige un periodo di transizione che impedirebbe ai polacchi di spostarsi liberamente in Europa fino al 2010.
Non sorprende l’aumento della criminalità in un paese dove vasti strati della popolazione sono condannati alla miseria. Ma esso permette a un uomo politico di destra, Lech Kaczynski, fino a poco fa ministro della giustizia, di conseguire una forte popolarità al punto da crearsi un suo proprio partito: Diritto e giustizia. Kaczynski, favorevole alla repressione e alla pena di morte, non è evidentemente un europeista e non ha firmato la dichiarazione comune dei quattro principali partiti sul non ricorrere, durante la campagna elettorale, agli argomenti che toccherebbero l’ingresso della Polonia nell’Unione Europea. I sondaggi gli danno tuttavia più del 5% dei voti e potrà dunque tuonare dal prossimo parlamento. Naturalmente contro la criminalità comune, perché la corruzione non sarà di sua competenza.
Secondo i nostri attuali teorici, l’economia di mercato sarebbe il miglior modo di far crescere la produzione pur aumentando purtroppo le inuguaglianze. Ma nulla dicono su quel sottoprodotto dello sviluppo che è l’arricchimento illecito attraverso la speculazione e la corruzione. La Polonia non è colpita dalla malattia quanto la Russia o l’Ucraina, dove sono i gruppi criminali a tenere in mano l’economia, ma ne è contaminata non poco. Per modernizzare l’esercito polacco al momento dell’adesione alla Nato, i venditori occidentali di aerei hanno distribuito ricche tangenti e c’è voluto un commando dei servizi speciali per riacchiappare su un ferry uno dei colpevoli che cercava asilo in Svezia. Dopo di lui è il direttore del Pzu, la più grande assicurazione del paese, che si è trovato sotto accusa: secondo l’istruttoria esportava capitali in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e nei paradisi fiscali dei Caraibi. C’è stata una grande emozione nel mondo politico. Si è chiesto a tutti i deputati di rendere pubblica la loro situazione patrimoniale; il comitato di etica del parlamento esige che i deputati che arrotondano le loro entrate con consulenze alle imprese private rimborsino alla Camere questi redditi illeciti. Si attendono in tempi rapidi altre misure contro la corruzione.
Il 75% dei polacchi riteneva a primavera che la situazione del paese si stesse deteriorando. Leszek Miller sarà in grado di ridare un po’ di speranza? Finora non ha scoperto le sue carte; non è facile prevedere se cercherà di ispirarsi al modello socialista francese o a quello di Tony Blair. Certo non gli sarà difficile mostrare un po’ più di sensibilità sociale di coloro che hanno governato il paese durante gli ultimi quattro anni. Ed è su questo che l’uomo, conosciuto come onesto, dovrà dar battaglia per far entrare il suo paese nell’Unione Europea.