Il 2 aprile scorso i Capi di Stato e di Governo di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia si sono dati appuntamento a Washington per ratificare, insieme ai loro soci statunitensi, l´ingresso formale di questi paesi nella NATO, dando il via in tal modo alla seconda espansione verso l´est europeo di questa organizzazione, nata agli albori della Guerra Fredda.
Sebbene fosse già noto da qualche tempo, questo processo, formalmente iniziato con la cerimonia ufficiale dell´accordo che aumenta da 19 a 26 il numero dei membri della NATO, registra un inquietante passo in avanti nei piani di espansione militare promossi su scala globale dall´Amministrazione Bush, che sono conseguenza della più recente dottrina militare degli Stati Uniti basata sul principio delle “guerre preventive”. (1)
Questo secondo allargamento avviene, senza dubbio, nel nuovo contesto internazionale emerso dopo gli attacchi terroristici dell´11 settembre alle “Torri Gemelle” di New York, il conseguente scatenamento della “guerra contro il terrorismo”, le aggressioni statunitensi all´Afghanistan e all´Iraq quali passi iniziali della stessa guerra e, infine, dopo il contenzioso apertosi tra gli USA, da una parte, e, dall´altra, Francia, Germania e Russia, nazioni che si sono opposte senza successo all´aggressione anglo-statunitense contro il paese arabo.
Quanto appena detto spiega perché agli obiettivi iniziali che giustificarono l´allargamento se ne sommino altri e, di conseguenza, si assumano altre misure – non previste in precedenza – in sintonia con i citati piani militaristi di Washington.
Gli aspetti “di novità”: 1) aumentare in modo considerevole la presenza nordamericana nei paesi dell´Est europeo prossimi all´Asia centrale e al Medio Oriente ( nei territori della Romania e della Bulgaria, che entrano nell´alleanza); 2) garantire anche una presenza militare nella regione baltica (Lituania, Estonia e Lettonia); e 3) completare tale dispiegamento bellico con una presenza significativa anche in Asia centrale.
Nel primo caso, si tratta del trasferimento – già iniziato – delle truppe nordamericane delle basi militari attualmente esistenti nei paesi dell´Europa occidentale – fondamentalmente dalla Germania – fino alla Polonia, alla Romania e alla Bulgaria, tre importanti nuovi membri appartenenti alla “nuova Europa” nella concezione del Segretario alla Difesa Rumsfeld.
Nelle argomentazioni del Pentagono, questo movimento si produce in sintonia con i piani della lotta contro il terrorismo, per dotare l´Europa di maggiore sicurezza e stabilità e per accrescere le potenzialità di difesa di fronte alle “minacce globali”.
Numerosi analisti pensano che in realtà tali argomenti obbediscano ad una riconsiderazione strategica del ruolo assegnato ai nuovi e vecchi membri della NATO a favore dei primi, dal momento che l´atteggiamento di opposizione alla guerra contro l´Iraq di Francia e Germania ha stimolato entrambe le nazioni a muoversi nella direzione di dare concretezza alla “Politica Estera e di Sicurezza Comune” e, come parte di questo progetto, di cominciare a dotarsi in tempi brevi di capacità militari proprie.
Questo punto di vista suggerisce come la mancanza di fiducia nelle relazioni transatlantiche costituisca il fattore che ha determinato la scelta nordamericana dei paesi dell´est europeo, dal momento che questa stessa scelta è l´espressione di un rifiuto del fatto che l´UE possa contare su una struttura militare con cui competere e occupare il ruolo della NATO nella regione.
Dichiarazioni fatte nel dicembre scorso da Colin Powell sembrano avallare tali considerazioni: “non è possibile accettare una forza militare europea indipendente” – ha rilevato in una visita al Quartier Generale dell´Alleanza a Bruxelles, aggiungendo: (…) “Tale idea significherebbe la duplicazione dei sistemi di difesa e metterebbe in dubbio l´esistenza della NATO”. (2)
Altri rilievi, più radicali, indicano che il dispiegamento di truppe statunitensi verso la parte orientale del Vecchio Continente, può essere spiegato dal timore di Washington -, in ultima analisi, possiamo aggiungere che ciò ha rappresentato anche una delle cause dell´aggressione all´Iraq – per il crescente potere economico europeo, la cui espressione attuale è rappresentata dalla superiorità dell´euro rispetto al dollaro. Ciò è il preludio a un nuovo tipo di relazioni con gli Stati Uniti, i quali, in maniera previdente, stanno realizzando un nuovo dispiegamento di truppe, che avrà un sensibile impatto nel continente europeo.
Che siano valide o meno tali considerazioni, è certo comunque che Washington non abbandona, bensì approfondisce l´unilateralismo e la crescente militarizzazione che caratterizzano la sua politica estera, subordinando ai propri interessi quelli dei propri alleati e trasformando sempre di più la NATO in una sorta di strumento armato al servizio dei suoi obiettivi di egemonia mondiale. (3) E´ proprio in questo contesto che devono essere analizzate le conseguenze militari e politiche dell´allargamento dell´Alleanza verso est.
Sotto l´aspetto prettamente militare, Washington ha già negoziato con il governo romeno la creazione di cinque “enclave” militari che andranno a sommarsi alla base aerea che già possiede nella città di Cogalniceanu, trasformata in un importante centro di rinforzo per le sue truppe in Iraq. La maggiore base di questo paese sarà installata nell´aeroporto di Otopeni, vicino a Bucarest, e sarà simile a quella di Torrejon de Ardoz in Spagna, e di Aviano in Italia.
Alcuni organi di stampa hanno informato che nella menzionata base di Otopeni e in quella di Tropaisar sul litorale del Mar Nero, saranno piazzati sistemi di difesa antimissilistica “Patriot”, i più sofisticati dell´arsenale statunitense.
Un altro passo controverso compiuto dalla NATO è rappresentato dalla decisione di dislocare nei paesi baltici installazioni radar e di ascolto, così come da quella di “proteggere” lo spazio aereo degli stessi, a partire dal 29 marzo scorso. E´ un compito che richiede la realizzazione di voli di ricognizione da parte di aerei radar del tipo AWACS (che esistono solo nell´arsenale del Pentagono) e il dispiegamento nella zona di caccia F16, in questo caso forniti da Belgio, Danimarca, Norvegia e Gran Bretagna. Simile decisione è stata presa anche nei confronti della Slovenia, paese balcanico, dove verrà portata a compimento da aerei italiani.
A queste dislocazioni nella regione baltica e nel sud-est europeo si deve aggiungere la presenza militare già concretizzata, dopo l´aggressione all´Afghanistan, in Asia centrale e nel Caucaso. In paesi, come la Kirghisia, il Tagikistan e l´Uzbekistan, si sono già installati contingenti militari USA.
Forze della NATO sono ugualmente presenti in altri paesi balcanici come l´Albania e la Bosnia-Herzegovina, così come nel Kosovo, che appartiene alla Serbia, ma che è stato trasformato in un protettorato internazionale dopo l´aggressione militare alla Jugoslavia nel 1999. La Georgia, da parte sua, ha presentato il 7 aprile scorso un programma per il suo ingresso nell´Alleanza Atlantica, che è stato accolto positivamente dal suo Segretario generale Jaap de Hoop Scheffer, il quale ha garantito tutto l´appoggio per realizzare il progetto nei tempi più brevi.
A tutto ciò si aggiunge la creazione di un contingente militare sotto comando NATO – “NATO Responce Force”, secondo la definizione ricevuta – capace di intervenire in qualsiasi regione del pianeta in un lasso di tempo che va dai 5 ai 30 giorni.
Il ventaglio di compiti che dovrà essere svolto dal NRF include il sostegno e il “rafforzamento della diplomazia” (significa strumento di pressione militare) dei paesi membri, l´appoggio a ciò che viene chiamato “Consequence Management” (azioni “umanitarie” e contro la presenza o il pericolo di utilizzo delle armi di distruzione di massa esistenti e dell´arsenale delle nazioni definite “a rischio” o facenti parte dell´ “Asse del Male”), compiti di “pacificazione” e, infine, azioni militari come parte della lotta contro il terrorismo.
Con questo progetto si intende ottenere un contingente militare a carattere permanente, di elevata mobilità e manovrabilità, basato sul principio della rotazione delle truppe fornite dai paesi membri dell´Alleanza e che sia in condizioni di operare con successo a partire dal 2005.
Come si può osservare, l´insieme delle misure militari che Washington promuove nel contesto dell´allargamento della NATO verso l´Est europeo indica il rafforzamento del ruolo dell´Alleanza come organizzazione bellica a carattere globale, con presenza militare in diversi scenari del pianeta e che si appresta a dislocarsi anche in territorio iracheno (“in caso di sollecitazione dell´ONU o del governo provvisorio dell´Iraq”, secondo quanto ha segnalato recentemente il comando di questa organizzazione)
CONSEGUENZE POLITICHE
Come appare logico, la reazione più significativa di segno contrario a questo secondo allargamento della NATO è venuta dalla Russia, seppur con toni diversi e senza arrivare realmente ad un´opposizione radicale a quanto sta avvenendo.
La critica più acerba è stata formulata dal Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR). In dichiarazioni ad organi di stampa, Ghennadij Zjuganov, leader di questo partito, ha affermato: “l´espansione costituisce la minaccia più seria per la sicurezza della Russia dopo la Grande Guerra Patriottica”. Altri pronunciamenti del Cremlino e di settori accademici sono stati senz´altro più cauti nella critica, e alcuni sono arrivati addirittura a considerare l´allargamento come “un´opportunità per approfondire i legami Russia-NATO”. (4)
Tutto fa pensare che il Cremlino, come ai tempi di Eltsin, sia orientato ad adottare una politica di “limitazione dei danni” in risposta a questo nuovo passo dell´Occidente, in considerazione del percettibile rafforzamento della convinzione, in ampi strati della popolazione e in settori del ceto politico, che la presenza militare diretta della NATO alle frontiere occidentali della Russia indebolisca le sue posizioni strategiche.
Le obiezioni di Mosca abbracciano un numero importante di questioni, le più rilevanti delle quali possono essere così riassunte:
1. Nessuno dei paesi baltici – che in passato erano parte integrante dell´URSS – ha firmato il “Trattato sulla limitazione dell´armamento e delle forze armate convenzionali” del 1990, che servì a stabilire un relativo equilibrio di forze tra la NATO e l´Organizzazione del Trattato di Varsavia. Dopo la sparizione di quest´ultima e l´affermarsi di questi paesi come Stati indipendenti e fino alla scadenza, il trattato rimase in un limbo giuridico. E´ un aspetto che teoricamente permette ora ai paesi baltici di dispiegare nuove forze ed armamenti nei loro territori, senza violare alcun accordo internazionale. Ed è quello che teme la Russia. (5)
2. Per Mosca, tale ampliamento e le misure che lo accompagnano si propongono di spingerla ad adempiere alle intese in merito al “Trattato sulla limitazione delle forze armate e del sistema di armamento” del 1999 (che ha adeguato e modificato quello del 1990), relativamente al suo impegno a ritirare i contingenti militari russi stanziati in Georgia, Moldova e Caucaso del nord (inclusa la Cecenia, in cui il volume delle truppe e degli armamenti dispiegati oltrepassa ampiamente i limiti stabiliti in tale trattato).
Il fatto che questo trattato non sia stato ancora ratificato a cinque anni dalla sua firma, si trasforma in un importante fattore contrario alla necessaria stabilità del continente europeo, dal momento che lascia aperta la possibilità di una nuova corsa agli armamenti. Per gli stati membri della NATO, la Russia ne è la principale responsabile, cosa che le è stata ribadita nell´ultimo vertice dell´Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).
3. A partire da quanto esposto, la Russia ritiene che questo nuovo allargamento della NATO sia anche contrario al proposito di limitare la corsa agli armamenti e che rappresenti un impedimento alla stabilità delle regioni, verso cui si estende: “Abbiamo già espresso forte preoccupazione – ha dichiarato il presidente russo – di fronte alla drastica espansione (della NATO) fino alle frontiere della Russia”. (6)
I colloqui avvenuti in seguito tra la Russia e la NATO, realizzati nel corso della visita a Mosca del nuovo Segretario generale dell´Alleanza, non sono andati oltre la riaffermazione della forza dei vincoli esistenti tra entrambe le parti e le assicurazioni date al Cremlino che tale ampliamento non è diretto contro la Russia, senza che, d´altra parte, siano state fornite risposte chiare alle sue preoccupazioni.
Da parte sua, la Russia ha proseguito nell´approfondimento della collaborazione militare con la Cina, mentre eminenti rappresentanti dei circoli del potere a Mosca hanno dichiarato che esiste la possibilità di adottare misure che fronteggino il virtuale accerchiamento alle frontiere occidentali del paese, che si otterrebbe con il nuovo allargamento: ciò avverrebbe attraverso il rafforzamento militare di Kaliningrad e l´approfondimento della collaborazione militare con la Bielorussia nell´ambito dell´opera di costruzione dello Stato federale, in cui ambedue i paesi sono impegnati.
In tal modo viene a consumarsi una nuova scalata bellica di Washington, che assicura agli USA una maggiore possibilità di concretizzazione dei propri piani egemonici di dominio mondiale. Gli Stati Uniti non sembrano aver risolto in modo definitivo il dilemma esistente nella loro politica verso la Russia: contenerla, da un lato, e dall´altro spingerla ad un´alleanza strategica in qualità di partner a cui riconoscere propri legittimi interessi nazionali.
Quanto all´Europa, se qualcuno nutrisse dubbi circa le intenzioni nordamericane nei confronti del Vecchio Continente, occorrerebbe ricordargli uno dei principi basilari della dottrina militare dell´Amministrazione Bush, che va nella direzione di impedire l´ascesa di un concorrente sia sul piano economico che su quello politico-militare. (7)
Non solo l´allargamento della NATO implica una minaccia diretta per la Russia, ma ha anche rafforzato il ruolo degli Stati Uniti negli affari riguardanti la sicurezza dell´Europa: ciò va contro i desideri di indipendenza – in ambito politico-militare – dell´UE.
In ultima analisi, si potrebbe essere d´accordo con Brzezinski sul fatto che un tratto caratteristico dell´attuale governo nordamericano consiste nell´adozione, sempre più frequente ad ogni livello ufficiale, di quella che può definirsi “una visione paranoica del mondo”. (8)
E il nuovo allargamento ne costituisce una prova evidente.
(1) Questa è l´essenza della cosiddetta “Dottrina Wolfowitz”, illustrata per la prima volta al Pentagono, nel documento “Defence Planning Guidance” per il 1994-1999, filtrato alla stampa per la prima volta nel 1992. Il documento invita ad un intervento militare preventivo degli USA, al fine di paralizzare e prevenire l´ascesa di un pari (o uguale) concorrente, affermando che gli USA devono fare di tutto per impedire che ciò avvenga. Dopo l´arrivo al potere di Bush II, questa “dottrina” è stata incorporata come principio centrale nel documento conosciuto come “National Security Strategy of the United States of America” (settembre 2002), in cui si dichiara esplicitamente che il proposito finale della potenza nordamericana è di prevenire l´ascesa di una grande potenza concorrente, e che gli USA schiereranno tutti i mezzi necessari per impedire che ciò avvenga, compresa la forza militare preventiva quando sia necessaria ed anche aumenti della spesa militare di misura tale che nessun concorrente sia in grado di sostenerli. Per maggiori dettagli si veda:
Klare, Michael, “La nueva geopolitica”, in
http://www.cip.cu/webcip/servicios/estasem/titulares/2003/estasem091903.html
(2) Si veda a tal proposito il dispaccio dell´Agenzia di stampa NOTIMEX, diffuso a Belgrado il 24.12.2003
(3) Per l´analista spagnolo Daniel Reboredo, si tratta “dell´utilizzo della NATO come di una cassetta degli attrezzi che gli USA impiegano a seconda delle loro necessità”.”Necesita un Esercito la Union Europea?” http://www.lasprovincias.es/ , 4 maggio 2004.
(4) Così ha dichiarato Konstantin Kosachyov, presidente della Commissione per le Relazioni Internazionali della Duma russa, in piena sintonia con una simile valutazione espressa da John Barley, consigliere politico dell´Ambasciata statunitense in Russia, che ha assicurato che le relazioni bilaterali non saranno influenzate negativamente, perché l´espansione della NATO non implica l´installazione di nuove infrastrutture militari: “E´ possibile che certe persone esprimano qualche disaccordo”, ha affermato, precisando che “l´ampliamento dell´alleanza aiuterà a dissipare antichi miti sulle relazioni tra Mosca e Washington e aprirà una nuova fase dei legami russi con la NATO”. Per maggiori dettagli si veda:
Kester, Klomegah “Cercania de la OTAN preocupa a Moscu”. Dispaccio dell´agenzia IPS, diffuso a Mosca, 15.4.2004
(5) Negli anni conclusivi della Guerra Fredda, stabilire – mediante questo Trattato – i limiti massimi delle forze armate e dei sistemi di armamento a disposizione di entrambe le organizzazioni (NATO, Patto di Varsavia), ha portato ad una limitazione dei potenziali dei due blocchi contrapposti. Senza dubbio, la finalità originale del porre limiti alla capacità di entrambi di colpire militarmente l´avversario non è stata realizzata, dal momento che la dissoluzione del Patto di Varsavia (febbraio 1991) ha fatto perdere di significato a questo trattato. Il successivo ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca nella NATO (luglio 1999) lo ha reso definitivamente obsoleto. Al suo posto, in quell´anno venne adottato un nuovo Trattato che si proponeva di riflettere le nuove realtà geopolitiche e militari sorte dopo il collasso del socialismo europeo e la disintegrazione dell´URSS, non stabilendo di conseguenza limiti tra blocchi, ma un complicato sistema di misure su scala nazionale e territoriale, che non sono state ratificate dai paesi baltici che entrano nella NATO.
(6) Brzezinski, Zbignew: “La seguridad de EEUU en un mundo unipolar”. Revista Politica Exterior, Madrid, No 97, enero/febrero del 2004
(7) Kester, Klogemah, op. cit.
(8) Klare, Michael, op. cit.