Esternalizzare costa di più, anche in via Arenula

Esternalizzare è diventata una parola d’ordine che esemplifica un’ideologia. Quella dello «stato leggero», meno costoso e più efficiente. Un po’ come l’asino di Buridano, che mangiava meno e lavorava uguale. Peccato che poi sia morto. Di fame.
Prendiamo un esempio concreto, limitato e perciò verificabile: gli informatici all’interno del ministero di grazia e giustizia (oggi solo di «giustizia», senza più la «grazia»). Il servizio di assistenza è cominciato con ’89, agli albori dell’informatizzazione. Dal 1997 ci sono periodiche (biennali, in genere) gare d’appalto: gli esperti (Atu) al lavoro sono (quasi) sempre gli stessi, mentre le società che li gestiscono cambiano (senza che neppure esista una «clausola sociale» che le obblighi a riassumerli). La serie delle gare si è svolta secondo una logica elementare: al massimo ribasso. Le aziende si sono adeguate abbattendo i salari, ma i tagli alla spesa pubblica hanno ormai ragiunto il limite oltre il quale il servizio si ferma; la gente perde il lavoro, il ministero il controllo della sua rete informatica.
In effetti, sei anni fa, vennero assunti con regolare concorso 315 esperti con compiti di organizzazione e controllo delle attività informatiche. I circa 1.000 Atu esterni si occupano invece di supportare su tutto il territorio i singoli tribunali penali e civili, dalla manutenzione dei computer alla formazione del personale sull’uso di particolari applicativi, in rapporto diretto con quanti lavorano negli uffici della polizia giudiziaria (magistrati, cancellieri, ecc). Figure che sarebbe decisamente meglio non fossero precarie e «tagliabili».
Gli Atu, fino alla gara dell’aprile 2005, dipendono dalla Ois.Com, che però perde l’appalto. Nel 2006 ulteriori tagli imposti dalla finanziaria Berlusconi fanno partire una raffica di scioperi indetti dai sindacati, di base e non. La gara verrà poi annullata per irregolarità (a marzo 2006) e da allora i lavoratori continuano in regime di «proroga». Non essendo possibile stipulare un nuovo contratto, si va avanti con «contratti ponte», ovvero con stanziamenti di risorse non pianificati. E il ministero prende a non saldare i conti con le società appaltatrici. Perciò, in alcune situazioni ci sono stati licenziamenti, mobilità e cassa integrazione. La magistratura (Anm, Csm, ecc) protesta, anche perché viene a vacillare un pilastro fondamentale del lavoro giudiziario contemporaneo (se funzionano male le banche dati, addio indagini e istruzione di processi). Ma nulla si muove. Attualmente è in vigore l’ennesima proroga, ma da giugno ci si aspettano nuovi tagli (la finanziaria di Padoa Schioppa non ha nulla da invidiare a quelle di Tremonti).
Fin qui abbiamo visto due problemi: quelli contrattuali e salariali dei tecnici precari e quelli di funzionamento della macchina amministrativa. Ma almeno, questa esternalizzazione, ha ridotto i costi? Un attento studio – condotto peraltro dai diretti interessati – dimostra che in realtà i costi viaggiano oltre il doppio di quanto non avverrebbe se lo stesso numero di informatici fosse regolarmente assunto dal ministero (ovvio: tramite un regolare che concorso che però valorizzi, in termini di punteggio, il periodo già trascorso al lavoro nel settore).
Due conti rapidi, fatti sulla base delle cifre ufficiali dichiarate per il 2005 nel distretto di Napoli-Salerno-Campobasso rivela che per 83 unità nei vari ruoli (dall’operatore di call center al coordinatore) il ministero ha speso circa 6,5 milioni di euro l’anno. Nel 2006 c’è stata la valanga dei tagli; le unità al lavoro si sono ridotte a 70 e la spesa è veramente crollata: appena un milione e 531mila euro, iva compresa.
Eppure, nonostante tutto, se i circa 700 Atu residui a fine 2006, a livello nazionale, fossero stati normali dipendenti pubblici, il ministero avrebbe speso assai meno. Il costo medio annuo per ogni Atu esternalizzato va infatti calcolato così: 200 euro giornalieri per 700 unità, moltiplicato per 21 giorni lavorativi al mese e per 12 mesi, più il 20% di Iva. Un totale pari a 42 milioni e 336mila euro. Gli stessi 700, da ministeria, inquadrati indicativamente con il profilo B3, verrebbero a costare meno di 19 milioni (tredicesima compresa). Insomma: il solo ministero della giustizia spende 20 milioni l’anno in più per mantenere esterna la rete di assistenza informatica. Naturalmente, nessuno di questi tecnici guadagna 200 euro al giorno! Ma nelle tasche di qualcuno, la differenza, deve pur finire.