Esiste l’ingerenza occidentale dietro la rivoluzione in Libia?

Traduzione di l’Ernesto online

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In un messaggio datato 22 febbraio, diffuso tra la sinistra latinoamericana, l’ex dirigente Fidel Castro ha accusato la NATO di preparare un’invasione della Libia. Anche il ministro degli Affari Esteri venezuelano Nicolas Maduro si è augurato che il popolo libico riesca a superare la crisi attuale pacificamente “senza l’ingerenza dell’imperialismo, i cui interessi in quella regione sono stati toccati negli ultimi tempi”. Ha anche condannato l’irresponsabilità del ministro degli affari esteri britannico William Hague che ha fatto correre la voce che il colonnello Gheddafi si era rifugiato in Venezuela.

La Libia è un alleato del Venezuela (Hugo Chavez ha recentemente consegnato a Gheddafi l’onorificenza del liberatore Bolivar) ma intrattiene anche buone relazioni con l’Italia e la Francia (si è anche riavvicinato apertamente agli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Iraq, rinunciando al suo programma di produzione di armi di distruzione di massa, prima di dichiarare la sua delusione per il fatto che questo riavvicinamento non aveva permesso la completa normalizzazione dei rapporti tra i due paesi).

Nel momento in cui la repressione contro l’insurrezione ha già fatto più di 250 morti, si può pensare che la rivoluzione libica sia un movimento spontaneo fin dall’origine come in Tunisia e in Egitto (gli Stati Uniti non hanno sostenuto la caduta dei dittatori fino a quando l’insurrezione ha acquisito una certa ampiezza) o che si tratti di un’azione molto sostenuta dagli occidentali e destinata a “compensare” la possibile perdita del controllo dell’Egitto, se il potere militare che ha rovesciato Mubarak dovesse cedere?

Alcuni elementi di ingerenza occidentale che non si sono rilevati in Egitto sono visibili nel caso della Libia.

C’è ad esempio il fatto che il 21 febbraio il segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen abbia lui stesso preso l’iniziativa di condannare la violenza della repressione, mentre sull’Egitto e la Tunisia la NATO aveva mantenuto il silenzio. E’ questa dichiarazione che fa temere a Fidel Castro l’esistenza di un piano di occupazione militare del paese. Allo stesso modo il fatto che il Consiglio di Sicurezza che non si era riunito a proposito dell’Egitto, sia stato convocato, secondo Al-Jazeera, su richiesta dello stesso rappresentante libico all’ONU, Ibrahim Dabbashi, che si è unito ai manifestanti.

Il meno che si possa dire è che Washington, che si era mostrata esitante per molte settimane riguardo a Mubarak prima di dare una spinta al colpo militare contro di lui, ha avuto maggiore margine di manovra sul dossier libico.

Le ingerenze provengono anche da diversi paesi musulmani. Il primo ministro del Qatar (paese che ospita Al Jazeera) si è appellato alla Lega Araba. La Turchia e l’Iran hanno chiesto al governo libico di mettere fine alla repressione. In Egitto, il predicatore membro dei Fratelli Musulmani, sceicco Yousouf al-Qaradawi non ha esitato, sempre su Al Jazeera (in prima linea nella lotta anti-Gheddafi), a lanciare una fatwa, invitando ogni militare libico ad uccidere Gheddafi.

Uno dei figli di Gheddafi, Seif Al-Islam Gheddafi, che la stampa occidentale presenta come un “riformista”, consapevole del grado di corruzione del regime, anche se legato agli ideali socialisti del “Libro Verde” di suo padre, ha affermato il 21 febbraio che i partigiani del colonnello Gheddafi dovevano confrontarsi con un piano di destabilizzazione provocato da elementi libici e stranieri mirante a distruggere l’unità del paese e a instaurare una repubblica islamista. Ha sottolineato che suo padre non è il dittatore pronto a lasciare il paese con il bottino delle ricchezze sottratte al popolo come i presidenti tunisino ed egiziano, che rimarrà fino alla fine e che lo scontro sfocerà in una guerra civile mortale “come nel 1936”.

Importanti diplomatici libici che si sono sganciati dal regime di Gheddafi lo hanno accusato di utilizzare dei mercenari per reprimere i manifestanti (circostanza che il sottosegretario al ministero degli affari esteri Khaled Al Gaeem ha smentito con veemenza), e la catena televisiva Al Jazeera ha segnalato il bombardamento da parte dell’esercito delle popolazioni di Tripoli e Bengasi (da cui sono partiti i moti il 15 febbraio), mentre il governo ha parlato di un bombardamento di depositi di armi. Dopo l’incendio di numerosi edifici pubblici, la polizia si sarebbe ritirata da numerose città. Ma le informazioni sono difficilmente verificabili, non essendo i giornalisti autorizzati a recarsi nel paese.