Ernesto in festa. Basta discutere di contenitori, serve un programma

Salario, democrazia, no alla guerra, Costituzione: su questi temi si è chiuso l’appuntamento della rivista a Santa Marinella

Ci sono tutti gli ingredienti delle tradizionali feste comuniste – il ristorante, lo stand della lotteria e quello cubano, il bar “Stalingrado” e la libreria, lo spazio dibattiti e l’area concerti. Ma non c’è dubbio, il cuore della consueta rassegna nazionale dell’Ernesto è tutto politico. Un occhio alla propria storia – qui i simboli non sono un problema, falce e martello sventolano assieme alla bandiera di Cuba – l’altro alle sfide attuali, l’appuntamento organizzato dalla rivista di “Essere comunisti”, l’area di Rifondazione che all’ultimo congresso ha raccolto con la seconda mozione oltre il 26 per cento dei consensi, ha chiuso i battenti domenica sera sulle rive di Santa Marinella, alle porte di Roma. Cinque giorni di dibattiti, incontri e tavole rotonde, pubblico tanto e militante – e tra loro, anche qualche turista strappato alla vicina spiaggia – il tutto accompagnato da presenze autorevoli della sinistra, dell’informazione e del movimento pacifista, da Asor Rosa, il “professore”, al giornalista Gianni Minà, dal missionario e africanista don Giulio Albanese a Raniero La Valle, da Cesare Salvi all’economista Emiliano Brancaccio, fino al mondo sindacale con Giorgio Cremaschi, Tiziano e Gianni Rinaldini, Francesca Re David. E’ il programma il leit motiv, a giudicare dai temi: lavoro, salario e rapporti con il sindacato; situazione internazionale e guerra (e qui non poteva mancare Alberto Burgio, coautore del saggio Escalation); la Resistenza come chiave di lettura delle lotte contro fascismo, imperialismo e guerra negli ultimi sessant’anni, dall’Italia al Vietnam, da Cuba al Venezuela e dalla Palestina all’Iraq; la Costituzione italiana e il profilo politico dell’Europa.
Da qui dovrebbe nascere la tanto attesa e invocata “carta d’identità” della sinistra d’alternativa. Ne hanno parlato sabato sera Claudio Grassi (direzione nazionale Prc), l’artefice della Camera di consultazione della sinistra Alberto Asor Rosa, il deputato verde Paolo Cento, il presidente nazionale dell’Arci Paolo Beni e Pino Sgobio per il Pdci (capogruppo alla Camera), con Valentino Parlato de il manifesto nel ruolo di coordinatore. Tutti sono d’accordo, è necessario mettersi assieme per battere il berlusconismo, ma questa condizione non è sufficiente perché la sinistra critica possa dotarsi di un profilo politico davvero alternativo alla destra. Eppure, quando si tratta di mettere a punto il programma e i contenuti di quest’area a sinistra dei centristi dell’Unione prodiana, le cose diventano complicate. L’ordine delle cose vorrebbe che al primo punto – sostiene Asor Rosa – ci fosse il dibattito sul programma, «ma tutte le volte che si tenta di rovesciare il ragionamento si obietta che vengono prima le ragioni dello schieramento e del leader». I punti in comune d’una sinistra d’alternativa non mancano: antiliberismo, pacifismo, conflitto di classe e lavoro, solidarismo. «Ma da qui a ipotizzare la ricomposizione in un’unica sigla di tutte queste forze – risponde Grassi – il passo è lungo. La realtà ha dimostrato che su questo versante non si riesce a mettere assieme tutta la sinistra. Chi vuole scegliere altre strade, come la Lista arcobaleno, è liberissimo di farlo. Ma il punto fondamentale resta: con quale programma possiamo spostare a sinistra l’asse della coalizione prodiana? Altrimenti parliamo solo di contenitori e formule, come già avviene da tempo». No a una lista elettorale, meglio un programma da scrivere assieme. Ma con quali contenuti? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si può partire dalla questione macroscopica del lavoro salariato. Solo in Italia le venti maggiori aziende hanno aumentato del cinquanta per cento i profitti, mentre i salari hanno perso potere d’acquisto e i metalmeccanici attendono ancora un modesto rinnovo del contratto. Perché non reintrodurre un meccanismo di recupero sull’inflazione? E perché tanto silenzio sulla proposta di legge per la democrazia sui luoghi di lavoro? «Per i meccanici non è un elemento di novità – ha spiegato Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, intervenuto assieme a Cesare Salvi, Bruno Casati, Damiano Guagliardi e Marilde Provera -. Noi diciamo che il problema della democrazia, quindi del voto dei lavoratori sulle loro piattaforme e sui loro contratti, debba affermarsi come procedura democratica per tutti i lavoratori dipendenti». Ma in tutta Europa le prospettive del movimento operaio non sono delle più rosee e c’è, anzi, il rischio che vengano azzerate, una dopo l’altra, le conquiste raggiunte con le lotte degli anni ’60 e ’70 – dicono Emiliano Brancaccio, Giorgio Cremaschi, Bruno Steri e Fausto Sorini.

E si potrebbe continuare con la democrazia italiana, con l’impegno a realizzare la Costituzione così com’è, eliminando tutti i correttivi “autoritari” introdotti dalla destra con il maggioritario. Né, del resto, lo stesso centrosinistra è rimasto immune da certe suggestioni, vedi l’infatuazione per le primarie – ulteriore passo verso l’americanizzazione della nostra società a giudizio di Giuseppe Chiarante, Raniero La Valle e Gianluigi Pegolo.

Ma non è che l’inizio, il mondo è molto più grande dell’Europa, e lo scenario sarebbe parziale se non si facesse almeno un accenno alle lotte dei popoli e degli stati contro l’imperialismo. Al Venezuela, all’Iraq, alla Palestina e a quella Cuba ospite con Hugo Ramos Milanes – consigliere politico dell’ambasciata cubana in Italia – arrivato con Giustino, il padre di Fabio Di Celmo, giovane italiano morto all’Avana per una bomba terroristica.