Si è conclusa vittoriosamente la canpagna di Russia di Eni e Enel che, spesso nemiche in casa, hanno fatto fraternamente un colpo grosso a Mosca: EniNeftegaz, il consorzio formato dalle due societa’ italiane (60% Eni e 40% Enel), ha vinto la gara per l’acquisizione del «Lotto 2» nell’ambito della procedura per la liquidazione degli ex asset della Yukos (il colosso energetico russo fatto fallire da Putin) per un prezzo totale di 5,8 miliardi di dollari, cioè 4,34 miliardi di euro.
Goldman Sachs, in un report, aveva indicato in 4,56 miliardi il prezzo sotto al quale per Eni-Enel sarebbe stato conveniente aggiudicarsi l’asta. Secondo la banca d’investimenti americana il titolo Eni viene trattato a sconto del 6% rispetto al settore oil & gas e giudica che il prezzo obiettivo ha un potenziale di crescita del 21%. Per questo il target-price è stato elevato da Goldman a 29,5 euro.
Il lotto acquisito comprende il 100% di Arctikgaz, il 100% di Urengoil, il 100% di Neftegaztechnologia. In totale solo nei due giacimenti nell’area siberiana di Yamal ci sono riserve di metano e di graggio provate e possibili per circa 8 miliardi di barili. E stato anche acquisito il 20% di Gazprom Neft (che sarà di totale proprietà Eni), più altri asset minori che, è stato annunciato, verranno venduti o liquidati.
Alla gara hanno partecipato, oltre al consorzio Enineftegaz, la Unitex di Novatek, il maggior produttore indipendente del gas russo, e Neftradegroup, creatura di Rosneft, il colosso petrolifero a controllo statale. Si trattava del primo lotto di asset da cedere per ripianare il fallimento del più grande conglomerato petrolifero russo, società un tempo posseduta dal tycoon Mikhail Khodorkovskij, che aveva intenzione ad allearsi con multinazionali americane. Per questo, oltre che per le sue ambizioni politiche, Putin lo ha fatto arrestare e da oltre quattro anni lo tiene recluso in carcere a Krasnokamensk, estremo sperduto della Siberia orientale.
Gli accordi prevedono anche un eventuale ruolo di Gazprom: con 24 ore di anticipo le due società italiane hanno siglato un accordo con il quale viene offerto al colosso russo un’opzione per acquisire il 51% di Arctic Gas, Urengoil e Neftegaztechnologia entro due anni. Nel caso in cui fosse esercitata questa opzione, gli asset verrebbero gestiti attraverso una ‘joint venture’ tra Eni e Gazprom che «avrebbe accesso alle tecnologie più avanzate di Eni». Inoltre Eni ha garantito a Gazprom l’opzione di acquisire il 20% delle azioni di Gazprom Neft «in qualunque momento entro i prossimi due anni a un prezzo di 3,7 miliardi di dollari, oltre ai costi inerenti al finanziamento dell’operazione». L’opzione rientra nella partenrship strategica raggiunta tra Eni e Gazprom il 14 novembre dello scorso anno.
Ovviamente Soddisfatti i vertici delle società italiane. «Questo accordo è un importante passo nella strategia di Eni di assicurarsi accesso a riserve in Paesi leader nella produzione di idrocarburi – ha commento Paolo Scaroni amministratore delegato di Eni – e dimostra la capacità di Eni di capitalizzare sulla propria posizione strategica nel midstream e downstream del gas per supportare l’espansione delle proprie attività upstream». Per Fulvio Conti, a.d. di Enel, il successo «è anche il frutto della capacità delle aziende italiane di fare sistema e cogliere le occasioni di crescita all’estero». In questo modo la società elettrica, già impegnata nell’acquisizione dell’Endesa, «rafforza ulteriormente la sua strategia di crescita all’estero entrando per la prima volta nell’upstream del gas ed aumentando così la sicurezza degli approvvigionamenti».
Sul fronte politico, il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, ha sottolineato che l’accordo «va nella direzione di un maggiore radicamento anche di nostre imprese in Russia e nell’upstream russo». Come dimostra anche la battaglia vinta dall’Enel Spagna, ha aggiunto Bersani, il successo Russo dimostra che «con un po’ di coraggio ci sono aziende italiane che possono svolgere un ruolo anche in ambito internazionale».