Emergency: chiudiamo gli ospedali

«Se il governo di Karzai non smentisce le infamie su di noi e non libera Hanefi, chiuderemo gli ospedali in Afghanistan». L’annuncio è stato dato ieri a Roma da Teresa Strada: due settimane, forse tre, e Emergency smobiliterà. Trasformando pesantemente il made in Italy afghano: arrivano Dardo e Mangusta, partono medici e infermieri.
La decisione è stata presa dalla ong italiana dopo l’arresto e la desaparicion di Rahmatullah Hanefi, il manager dell’ospedale di Emergency a Lashkargah. Hanefi è stato catturato dai servizi segreti afghani il giorno dopo la liberazione del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, rinchiuso in carceri segrete in base a leggi misteriose, forse torturato ed ora è accusato (non ancora formalmente) di contiguità con i talebani. Rahmatullah aveva mediato tra l’Italia e i sequestratori di Mastrogiacomo, del suo autista e del suo interprete (entrambi decapitati) dopo che Prodi e D’Alema avevano espressamente richiesto all’organizzazione di Gino Strada di adoperarsi per il rilascio. Ieri a Roma in piazza Farnese si è svolta una mobilitazione in favore dell’uomo di Emergency. Da oggi una teca di plexiglass sistemata nella piazza romana raccoglierà simboliche chiavi legate a una benda bianca, che rappresenta la pace, deposte da quanti chiedono la liberazione di Hanefi. Tra le facce più o meno note (il nostro Vauro, Michele Santoro, Amanda Sandrelli, Massimiliano Fuksas) è spuntata anche quella di Daniele Mastrogiacomo. Commosso, il giornalista ha detto di «stare ancora male. Sto male per Rahmat, sto male per Adjmal (l’interprete, ndr) che è morto. Hanefi è la persona che mi è venuta a prendere nel profondo territorio afghano». Anche il reporter di Repubblica non si è tuttavia pronunciato sulle accuse mosse dall’Afghanistan al mediatore del suo rapimento: «Non sta a me pronunciarmi», ha detto. Mobilitazioni pro-Hanefi anche a Torino: ieri alcune decine di persone hanno manifestato davanti a Villa di Madama Reale in occasione della presentazione della mostra «Afghanistan o tesori ritrovati», alla presenza dell’ambasciatore afghano Musa Maroofi.
Le accuse contro il manager di Emergency sono ancora misteriose. Il capo dei servizi afghani Amrullah Saleh in un’intervista al Corriere lo ha in pratica accusato di essere un talebano, l’ambasciatore Maroofi ha ripetuto il concetto l’altro giorno a Teresa Strada e agli altri componenti di una delegazione che era andata a manifestare davanti all’ambasciata di Kabul, citando l’esistenza di «prove» e insinuando che Hanefi stesso lo avrebbe ammesso («Quando vedrete gli interrogatori capirete», ha detto). Il governo italiano continua a latitare, ha chiesto solo un «giusto processo» e non ha mosso alcun passo formale per la liberazione di Hanefi, come Emergency – che continua a parlare di montatura – chiede da settimane.
Emergency in Afghanistan significa tre ospedali, un centro di maternità, una trentina di posti di soccorso sparsi nel paese, (comprese sei carceri). Dal 1999 Emergency ha curato un milione e 400mila afghani, assistendo meticolosamente chiunque senza barriere etniche o politiche.
In perfetta coincidenza con le elezioni presidenziali di domani in Francia, intanto, i talebani hanno lanciato un’ultimatum per i due ostaggi francesi rapiti il 3 aprile: se entro una settimana le truppe francesi non saranno ritirate e alcuni talebani in prigione rilasciati, i due verranno uccisi.