Elezioni, qualche personale considerazione

A 48 ore dalla chiusura dei seggi credo che sia possibile iniziare a guardare al voto con la dovuta tranquillità. Come sempre le elezioni amministrative, proprio per le diverse situazioni territoriali e le diverse alleanze, rappresenta un test di difficile lettura e soprattutto soggetto ad analisi anche molto differenti fra di loro. Eppure mi sembra che ci siano alcuni elementi su cui ragionare abbastanza inequivocabili.

Il primo è senza dubbio la crisi profonda in cui versa la destra di questo paese. Una destra che in questi anni, nonostante l’ampia maggioranza di cui disponeva, si è dimostrata incapace di governare. Almeno nell’eccezione della parola “governo”, come strumento per fare gli interessi della comunità. E’ sotto gli occhi di tutti la mancanza di una strategia per uscire dalla crisi economica che sta mettendo in ginocchio milioni di famiglie. L’Italia è fra le poche nazioni che non si pone il problema di come rilanciare l’occupazione. Una lacuna drammatica, che uccide il futuro di tanti giovani. Ma nonostante queste difficoltà il voto non sancisce la fine di una esperienza, il berlusconismo, che specie nel sud riesce ancora ad attrarre molti consensi. Per tutti l’esempio di Reggio Calabria: una città in ginocchio, dove gli anni delle giunte Falcomatà sembrano lontanissimi, che però assicura una maggioranza bulgara al Pdl. Un qualcosa che ci deve far riflettere sulla struttura sociale e culturale del nostro Paese.

Detto questo è indubbio che sarà Milano nelle prossime settimane l’ago della bilancia per comprendere il futuro di Berlusconi. Non tanto per l’importanza che questa città ha per il Paese, non solo perché da quasi un ventennio ha visto succedersi solide maggioranze di centro destra. Milano è il luogo simbolo dove si intrecciano i nodi degli interessi economici dell’alleanza fra Bossi e Pdl. Una eventuale sconfitta della Moratti potrebbe fare implodere l’attuale maggioranza e potrebbe aprire scenari completamente nuovi. E’ risaputo che la sindaca uscente era considerata stracotta da gran parte della dirigenza leghista, chissà se questo giudizio oggi non si estenda anche al “sempreverde” presidente del consiglio? Ma attenzione ad abbassare la guardia. La destra cercherà di ribaltare la situazione al secondo turno.

Veniamo ad una seconda considerazione. Di fronte alla crisi del centrodestra c’è oggi un centrosinistra capace di rappresentare una valida alternativa? Una domanda a cui è difficile rispondere. Queste elezioni ci hanno mostrato un Pd lacerato al suo interno, in molti comuni medio grandi si presentava diviso in due-tre liste. Un Pd incapace di essere forza egemonica in senso gramsciano, che si rifugia dietro una egemonia della prepotenza: “o fai come dico io o sei fuori”. Retaggi evidentemente della disastrosa stagione dell’autosufficienza tanto cara a Veltroni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e la splendida affermazione di De Magistris a Napoli è augurabile che serva da lezione per il futuro. Ma il voto ci dice anche che senza il Pd non può esserci nessuna ipotesi di alternativa in Italia, neanche a Napoli dove per il ballottaggio sarà indispensabile riannodare un dialogo fra tutto il centrosinistra.

La terza considerazione voglio riservarla al terzo polo, il vero sconfitto insieme a Berlusconi di questa tornata elettorale. Il voto dimostra che Berlusconi si manda a casa se si recuperano i voti a sinistra e non rincorrendo fantomatici elettori moderati. Al di là di come la si pensi il bipolarismo è ancora forte e gli spazi per altri soggetti sono davvero ristretti. Bipolarismo, sottolineo, non bipartitismo. Merita una parola a parte il risultato di Fini. Il Fli è ovunque ben al disotto della Federazione della Sinistra nonostante i suoi esponenti imperversano sulle televisioni un giorno sì e l’altro pure. Qui si impone una denuncia verso i media, tutti. Soprattutto per quelli, leggi Anno Zero e Ballarò, che non perdono occasione per denunciare i rischi per la libertà di stampa. E’ libertà se è per tutti, se tutti possono avere la possibilità di poter dire la loro. Altrimenti le denunce dei vari Santoro, Floris, Fazio…, altro non sono che strumentalizzazioni atte a difendere solo ed esclusivamente le loro personali posizioni professionali. I loro interessi.

La quarta considerazione è per la sinistra, che non esce male da queste elezioni anche se le previsioni che davano con percentuali altissime sia Sel che Idv sono state ampiamente ridimensionate. Sorte per certi versi analoga è toccata ai Verdi, che – nonostante negli ultimi scorci della campagna elettorale hanno goduto di una certa visibilità e hanno cercato di fare cassa con la tragedia di Fukushima – sono rimasti al palo con numeri decimali. Risultati alla mano nessuna forza può oggi avere la pretesa di un ruolo egemonico, mentre è sotto gli occhi di tutti la necessità di cercare insieme forme di dialogo e di alleanza capaci di rendere più forti le aspirazioni di cambiamento. Dove queste aspirazioni sono state evidenti a giovarsene è stato tutto il centrosinistra. Al contrario il voto ci dimostra in modo inconfutabile che in Italia non c’è posto per quanti pensano di fare della sinistra o del comunismo una mera bandiera di testimonianza. Per queste forze anche i decimali sono stati un traguardo difficile da raggiungere. Fra strumentali mea culpa e mesti silenzi non abbiamo ancora sentito una parola di autocritica seria e soprattutto basata sulla realtà delle cifre.

Veniamo infine a noi. Il voto ci da una boccata di ossigeno. Ce ne era davvero bisogno dopo anni di sconfitte brucianti. I risultati sono uno schiaffo ai sondaggisti di palazzo e a quanti recitavano il de profundis della sinistra e dei comunisti. In questo Paese la sinistra e i comunisti continuano ad esserci. Ma il voto non risolve i nostri problemi. Siamo ancora in pochi e la strada da percorrere per ricreare una reale rappresentanza politica di chiari interessi di classe è ancora lunghissima e irta di problemi. Il tema della riunificazione dei comunisti e della sinistra è quindi quanto mai attuale.

Ma i risultati qualche indicazione ce la consegnano. Ad esempio ci dicono che i Comunisti hanno un futuro se incidono nelle alleanze. Diventano invece marginali se si rifugiano in una sterile auto rappresentazione o se accettano passivamente i ricatti del Pd. Dobbiamo stare nel centrosinistra, starci in maniera convinta, ma dobbiamo nello stesso tempo starci portando dentro di esso gli interessi delle classi operaie e di quanti non accettano una visione omologata delle sorti del mondo. Per essere esplicito non c’è ad esempio nessuna contraddizione nell’affermare la necessità di un dialogo con il Pd, di una ricerca di alleanza con le forze del centrosinistra, e nello stesso tempo dire no alla guerra in Libia o criticare i silenzi che anche in questi giorni in molti hanno riservato a quanto avviene in Palestina. Oppure affermare di essere unitari, riconoscere il valore della Cgil nel suo complesso, e dichiararsi senza tentennamenti a fianco delle lotte che la Fiom ha portato avanti. Dobbiamo sapere, esserne intimamente coscienti, che se è vero che stare dentro alle alleanze serve a noi, e altresì vero che senza il nostro apporto per queste è difficile vincere.

Concludo con una personale domanda che è anche un auspicio. In gran parte delle città italiane il Pdci e Rifondazione si sono presentati insieme sotto il simbolo della Federazione della Sinistra, ottenendo come sopradetto risultati apprezzabili, non crediamo che sia arrivato il momento di far fare a questa alleanza una passo in avanti verso un più forte partito comunista unificato?