Elezioni irachene: l’illegittimità nascosta

Era prevedibile e tuttavia riesce a meravigliare il clima di incontrollabile euforia in cui media e politica celebrano oggi il voto iracheno.
Era prevedibile che, in Italia, Berlusconi e la sua maggioranza esaltassero il “trionfo democratico” ed avocassero a loro stessi meriti ed onori. Ed era purtroppo prevedibile che anche una parte pesante del centrosinistra nostrano vi si accodasse.
Ciò che meraviglia e infastidisce, però, è che anche autorevoli esponenti della sinistra radicale arretrino, dimostrando una sconvolgente, inaccettabile subalternità politica ed ideologica ai signori della guerra.
Asor Rosa, in un’intervista al Corsera, fa autocritica e sostiene che “ciò che è accaduto in Iraq rappresenta una grande lezione” per tutti coloro che, “trincerati dietro il pregiudizio” del “no alla guerra senza se e senza ma”, non hanno colto nei mesi passati l’ostilità diffusa del popolo iracheno nei confronti del regime di Saddam.
Ci sembra che altre siano le considerazioni da svolgere, altra sia la chiarezza di cui ha bisogno una sinistra d’alternativa in cerca di una identità certa anche sul terreno della politica estera.
In primo luogo di queste elezioni non sappiamo nulla, perché si sono svolte in assenza di qualsiasi controllo imparziale da parte della comunità internazionale e senza osservatori.
Non abbiamo nessuna certezza, né per ciò che riguarda le percentuali di partecipazione al voto, né per ciò che riguarda le singole attribuzioni di preferenza.
Ma non sappiamo nulla soprattutto perché è impossibile conoscere la verità di ciò che accade quando a propagandare l’informazione è un regime d’occupazione coloniale in stato di guerra.
Oggi in Iraq si combatte una guerra imperialista: Falluja non è lontana, decine, forse centinaia di migliaia di morti solo durante quell’assedio sono vittime di cui non conosceremo mai i nomi e i volti, martiri di una guerra atroce su cui è già calato il silenzio.
Un silenzio colpevole. Di una stampa evidentemente allineata al regime, come è d’obbligo sotto dittatura, e di una sinistra che, nella migliore delle ipotesi, non fa abbastanza per denunciare la farsa sconcertante di queste elezioni.
Queste elezioni sono illegittime sul piano politico, storico e morale. Come si fa ad “apprezzare” questo tragico imbroglio imperialista?
E che queste elezioni siano da delegittimare, sotto ogni punto di vista, lo dimostrano le rinsaldate conflittualità etniche e confessionali che oggi più di ieri lacerano il Paese e ostacolano ogni reale progetto di carattere nazionale.
Chi ha votato lo ha fatto sotto il duplice ricatto delle armi e dei propri capi-comunità, leader politici e religiosi, come scrive lucidamente Chiarini su il manifesto di oggi.
È inaccettabile che di questo la sinistra d’alternativa non parli e si dimentichi del vero significato di queste elezioni. Tutti, magnificando la democrazia restituita, celebrano loro stessi: anche questo è il risultato grottesco di un’occupazione militare infame che tocca oggi a noi, con poca compagnia, denunciare.
Non sfugge purtroppo al coro dei beati il segretario nazionale del PRC, Fausto Bertinotti, che si rallegra.
Chissà che anche queste elezioni non si concludano con un 65% tra la “Lista irachena” di Allawi e l’Alleanza irachena unita (Aiu). Come il risultato che ottenne il “listone” mussoliniano con moderati e reazionari per le elezioni del 1924. Anche in quel caso il popolo andò a votare.