Edilizia per immigrati: il «mestiere» di morire

L’ULTIMA VITTIMA SI CHIAMA IDRISSA SEYDI
Era un operaio senegalese di 31 anni, regolarmente in Italia, sposato e residente a Verona. Era l’addetto agli scambi dei binari dove transitano i carrelli con i rotoli d’acciaio: è morto ieri schiacciato tra due carrelli all’interno della «Riva Acciaio» a Verona

La stessa fine di Idrissa la stava per fare Salem. Salem non è senegalese ma marocchino, non è in regola ma clandestino, faceva il muratore (ovviamente «in nero»). Il giorno in cui è caduto da un tetto, dove lo avevano spedito senza alcuna misura di protezione, è stato caricato su un furgone e abbandonato sul ciglio di una strada. Non è morto come un cane ai bordi di quella provinciale soltanto perché un passante si è fermato e ha chiamato i soccorsi. Oggi Salem cammina a fatica. I sindacalisti che si sono occupati di lui per mesi gli hanno trovato un lavoro e un alloggio, hanno fatto causa all’impresa (che ha tentato anche di corrompere e minacciare l’operaio e la sua famiglia) e, soprattutto, hanno combattuto aspramente contro la legge Bossi-Fini che lo voleva rispedire in Marocco. Ma è stata dura, perché hanno dovuto remare contro la poca disponibilità di chi avrebbe dovuto indagare sull’incidente, contro la latitanza di chi avrebbe dovuto eseguire i controlli ma, anche, contro il silenzio omertoso e intimorito degli stessi compagni di lavoro.
Del resto il mondo dell’edilizia, anche su nel ricco settentrione d’Italia, è una giungla in cui – anche per gli operai italiani – valgono poche, dure regole: lo raccontano le scene che chiunque può osservare alle 5 del mattino in alcuni punti di “raccolta” del mercato delle braccia basso costo. Per esempio in piazzale Lotto, a Milano: giovani di ogni nazionalità si aggirano in attesa che un “caporale” offra loro una giornata di lavoro. I soldi? Poi si vedrà… Ma comunque se un lavoratore regolare costa attorno ai 21 euro al giorno, per quelle braccia da straniero il prezzo può anche limitarsi a 21 euro per l’intera settimana. Tanta fatica, diritti nessuno. Prendere o lasciare.
Mohammed, anche lui marocchino, non vedeva neppure quella misera paga: in base agli “accordi” il 60% di quello che il capocantiere gli sbatteva in tasca restava al caporale che lo aveva reclutato. Non aveva scelta, pena la perdita del lavoro. Ma quei quattro soldi non erano sufficienti per vivere e ancor meno gli consentivano di risparmiare qualcosa da spedire alla famiglia. Insomma, in quelle condizioni era il suo stesso lavoro, la sua migrazione in Italia ad aver perso qualsiasi senso. Per questo ha deciso di rivolgersi al sindacato e di denunciare chi lo sfruttava. Il “boss” è stato arrestato e ora Mohammed ha una nuova casa, un nuovo lavoro, ma vive nell’anonimato per paura di ritorsioni. Dalla sua denuncia, però, è partita un’inchiesta che ha smascherato – a Milano, all’interno del cantiere “modello” della nuova Fiera – un sistema in cui la tangente sulla busta paga era una pratica diffusa. Le prime vittime? Gli immigrati, naturalmente.
Ma anche per gli italiani è una lotta. Erano due giovani siciliani, infatti, i muratori che, sempre nel gigantesco cantiere della Fiera di Rho-Pero, con tornelli elettronici a tutte le entrate («per evitare ingressi illegali», venne annunciato in pompa magna), si arrampicarono su una gru minacciando di non scendere fino a quando “mister x” non gli avesse pagato il dovuto. Avevano deciso di aderire allo sciopero simbolico di un’ora in onore di un collega morto il giorno prima e il loro “capo” gli aveva cacciati via su due piedi. La loro protesta plateale spinse “mister x” ad accorrere con due buste piene di soldi pur di mettere tutto rapidamente a tacere. Tutto in nero anche per loro, alla faccia delle tessere magnetiche per accedere all’area dei lavori.
«Nei cantieri, anche in quelli regolari, i problemi sono uguali per tutti, dalla sicurezza allo sfruttamento – spiega Arben Hasani, funzionario albanese della Fillea Cgil di Napoli – ma i lavoratori stranieri sono comunque i soggetti più deboli. Non godono delle stesse protezioni di legge, la Bossi-Fini li rende molto più ricattabili, e se c’è qualcuno da mandare a fare un lavoro più pericoloso quasi sempre toccherà a un immigrato, anche perché talvolta gli stessi colleghi italiani hanno quell’istintivo atteggiamento di superiorità». Ma se al sud la maggior parte della forza lavoro in edilizia è ancora composta da italiani («Siamo noi a essere trattati come stranieri», ironizzano gli operai siciliani della Catania-Siracusa), a nord gli immigrati rappresentano ormai una risorsa imprescindibile per i costruttori. A livello nazionale i muratori stranieri che risultano iscritti alle casse edili (quindi quelli più o meno regolarizzati dai propri datori di lavoro) sono circa 150.000, ma almeno altrettanti sono i clandestini o quelli che comunque lavorano in nero: sono loro a costituire più o meno il 50% delle braccia ai cantieri di alcune regioni settentrionali, Lombardia e Veneto in testa.
E, guarda caso, sono proprio queste due le aree in cui si registra la più alta incidenza di infortuni mortali che mietono vittime tra gli stranieri: 14 morti dall’inizio dell’anno (l’ultimo è Idrissa). E, a livello nazionale, continua a crescere la percentuale di operai immigrati nell’elenco drammatico dei “caduti” nei cantieri: nei primi sei mesi del 2006 sono stati 25 su 124, mentre per il 2005 il tragico conteggio è di 36 stranieri su 191 morti in edilizia.
Secondo la Fillea Cgil gli operai immigrati sono anche pagati, in media, il 24% in meno rispetto ai colleghi italiani e più difficilmente si emancipano dalle qualifiche più basse. E poi c’è il girone del sommerso: «Fino a qualche anno fa mi capitava ogni tanto un caso di lavoratore stranieri irregolare – racconta Shawky Geber, funzionario egiziano della Fillea di Milano – oggi posso dire che solo ogni tanti mi capita di incrociarne qualcuno regolare». La realtà è proprio questa: il mondo dell’edilizia si è ulteriormente imbarbarito. «A Milano – spiega Franco De Alessandri, segretario generale della Fillea Lombardia – più della metà dei centomila operai edili viene pagata illegalmente: nel 34% dei casi si tratta di stranieri. Appalti truccati, assenza delle più elementari norme di sicurezza, fatica senza tutele. In edilizia, come negli altri settori, le imprese pensano soprattutto ad abbattere i costi». E le braccia da straniero sono un ottimo affare per chi manda avanti un cantiere puntando a spendere il minimo e a guadagnare il massimo.
«E pensare che tanti anni fa i padroni facevano a gara a chi ci pagava di più – racconta Archimede Tripiede, veterano dei cantieri stradali – adesso è tutta un’altra storia. Eppure noi soddisfiamo il secondo bisogno dell’uomo: costruiamo case». Per gli stranieri la spada di Damocle che rende quasi impossibile alzare la testa di fronte ai soprusi, anche più sfacciati, si chiama permesso di soggiorno: «Quando lavori in un cantiere e hai il problema del rinnovo sei in balìa del tuo datore di lavoro – sottolinea Saleh Zaghhloul, dirigente palestinese della Fillea di Genova – tutti i tuoi diritti vengono tranquillamente calpestati senza che tu possa dire nulla, perché altrimenti sai già che te ne dovrai andare. Il padrone ti dice: “Lo vuoi il permesso di soggiorno? E allora fai tutti gli straordinari che ti chiedo, accetta i soldi che ti offro senza discutere, non metterti mai in malattia, se ti fai male ti prendi le ferie… ”. E anche il sindacato può fare poco. Vengono in tanti a raccontarci quello che subiscono, ma poi preferiscono non agire. Per non mettere nei guai i lavoratori avviamo le vertenze soltanto dopo che il rapporto di lavoro è terminato». I controlli? «Se arrivano gli ispettori del lavoro, i primi a scappare dai cantieri sono proprio gli stranieri irregolari, perché loro rischiano anche l’espulsione. Se invece venisse accolta la proposta della Cgil di dare il permesso di soggiorno a coloro che denunciano le situazioni di sfruttamento del lavoro nero… ». Così funziona l’edilizia, così si lavora sui ponteggi che, magari, vengono issati proprio sul palazzo di fronte alla nostra finestra. E presto gli stranieri saranno la maggioranza dei muratori attivi in Italia. La Fillea Cgil si è organizzata e si sta trasformando in un sindacato davvero multietnico: della segreteria nazionale fa parte un marocchino, Moulay El Akkaoui. Ma a quanto pare è il resto del paese che continua a chiudere gli occhi.
E a contare i morti, l’ultimo è di ieri e si chiamava Idrissa. 2- fine