Echelon: gli spioni Usa dicono no all’Europa

E’ tornata a mani vuote dagli Stati uniti, la Commissione temporanea di inchiesta incaricata dal Parlamento europeo di indagare sullo spionaggio commerciale effettuato attraverso il sistema di intercettazione satellitare Echelon. Sia la Cia sia la National Security Agency (Nsa) hanno rifiutato persino di incontrare i 13 eurodeputati, che si sono dovuti accontentare di colloqui con esponenti del Congresso. E’ stato il presidente delle Commissione d’inchiesta, il portoghese Carlos Coelho ad esprimere il rammarico europeo nel corso di una conferenza stampa tenuta ieri a Strasburgo.
Un esito forse prevedibile, come ci conferma Gianni Vattimo, membro della Commissione di inchiesta. La costituzione della Commissione era già stata a suo tempo frutto di un compromesso all’interno del Parlamento europeo, sfociato nell’accezione “temporanea” della Commissione, priva cioè di poteri di inchiesta giudiziari. Poteri che in ogni caso, rileva l’eurodeputato socialista, la commissione non avrebbe potuto avere per mancanza di basi giuridiche a livello europeo. L’azione era poi ulteriormente ristretta quanto al campo di indagine: solo le eventuali scorrettezze in campo commerciale potevano essere esaminate, e non le violazioni di tipo militare. Tuttavia, Gianni Vattimo difende l’operato della Commissione, servito quanto meno, secondo l’eurodeputato, ad accertare di quali mezzi tecnici si servano effettivagli spioni di Echelon, e dunque dove possono arrivare e quali informazioni possono davvero ottenere. Questo, secondo Vattimo, consentirà al Parlamento europeo (che dovrà discutere il rapporto della Commissione entro giugno) di approvare quanto meno una legislazione preventiva di difesa.
Il che sarebbe almeno un piccolo passo avanti, rispetto alla vaghezza che ha caratterizzato l’intera vicenda, emersa nel 1998, ma mai presa effettivamente di petto dalla istituzioni comunitarie, nonostante l’enormità delle questioni (dalla privacy dei singoli cittadini alle nuove, immense frontiere dello spionaggio post-guerra fredda) che venivano alla luce. Del resto, l’ambito spionistico in cui tutto si svolge è quello che è. Alla mancanza di strumenti legislativi delle istituzioni europee, corrisponde l’azione dei singoli stati, che con tutta evidenza si danno da fare in proprio per spiare a loro volta e probabilmente non desiderano neppure arrivare a una vera regolamentazione. Quel che è certo è che la Commissione, con i pochi strumenti a disposizione, non è stata in grado di accertare quali informazioni gli alleati-antagonisti abbiano potuto effettivamente ottenere con le loro enormi orecchie piazzate tra Stati uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda.
E’ anche difficile immaginare che la Cia e la Nsa potessero sciorinare agli eurodeputati le loro meraviglie tecniche e i dati con queste ottenuti. Ma non era stata messa in conto la rudezza offensiva delle istituzioni americane che hanno rifiutato di incontrare gli europei all’ultimo momento, con una serie di fax, inviati contemporaneamente, che contenevano le stesse formulazioni di diniego. Come se, ha rilevato Coelho, “ci fosse stata una concertazione ad alto livello per decidere che non dovevano incontrarci”. Una mancata collaborazione che contribuisce a trasformare in certezza i sospetti, soprattutto quelli relativi allo spionaggio industriale.
Era stato quest’ultimo l’aspetto maggiormente messo in risalto da Duncan Campbell, il giornalista inglese esperto di intelligence, che l’anno scorso nel suo rapporto al Parlamento europeo sull’affare Echelon aveva anche citato due casi specifici, per dimostrare come la Nsa passasse le informazioni raccolte a società Usa: la perdita da parte del consorzio europeo Airbus di un contratto da sei miliardi di dollari con l’Arabia saudita, concluso dalla Boeing, e un altro progetto da 1,3 miliardi di dollari per un sistema di sorveglianza nella giungla amazzonica brasiliana, passato dalla francese Thompson all’americana Raytheon. Le intercettazioni avevano mostrato che gli europei si erano aggiudicati le commesse a colpi di bustarelle. Da rilevare che le imprese supposte vittime delle intercettazioni non hanno mai presentato denuncia.
A Washington gli eurodeputati hanno potuto incontrare l’ex direttore della Cia, James Woolsey, che difficilmente può aver espresso un’opinione diversa da quella già consegnata nel marzo dello scorso anno al Wall Street Journal: “Sì, noi vi abbiamo spiato perché praticate la corruzione (…) I vostri prodotti sono più costosi, meno avanzati sul piano tecnologico, dei concorrenti americani . Di conseguenza, voi corrompete di più (…). Quando lo abbiamo capito, non abbiamo detto nulla alle compagnie americane vostre concorrenti. Siamo andati dai governi che voi prezzolate per avvertirli che noi non prendiamo la corruzione alla leggera”.