Non bastassero i tanti e diversi motivi che da tempo depongono a favore dell’ emanazione di un provvedimento legislativo di amnistia e indulto se ne è ag¬giunto ulterionnente un altro, con la legge “ex Cirielli”. Solo dopo la sua definitiva approvazione, il competente (?) ministro e poi vari esponenti politici si sono detti preoccupati per il riflesso di notevole incremento della popolazione detenuta che essa comporterà: argomento accuratamente evitato durante i lavori parlamentari, anche dall’ opposizione: evidentemente la nostra flebile voce – che da tempo denunciava esattamente tale effetto – non riesce ad arrivare nelle aule parlamentari o, ancor più probabilmente, il centrosinistra si è progressivamente omogeneizzato al centrodestra.quanto ad attenzioni sul carcere e sui suoi problemi: zero o quasi, cosl come la tolleranza.
La stessa disattenzione e reticenza dimostrate in questi giorni di fronte alla ripresa di iniziativa sul tema dell’amnistia e dell’indulto. La cui necessità è resa evidente dai numeri: non solo da quelli dei detenuti presenti, onnai a livello di record nella storia repubblicana e con un livello di esubero di circa 18.000 unità rispetto ai posti disponibili nelle celle; ai 60.000 presenti, peraltro, vanno aggiunti altri 50.000 che scontano la pena in misura alternativa alla detenzione e ulteriori 70-80.000, già condannati a pene sotto i 3-4 anni e in attesa delle decisioni del giudice circa la concessione o meno della misura alternativa: un totale di ben 180-190.000 persone, il che rappresenta una crescita esponenziale di 6 volte nei 15 anni che ci separano dalla concessione dell’ultima amnistia. Altro che semplice raddoppio, come consuetamente e disinfonnatamente si usa citare, basandosi sulle sole presenze.
Ma occorre poi considerare le cifre che testimoniano di una paralisi progressiva della macchina della giustizia, inceppata da una valanga di processi pendenti e arretrati: secondo la relazione di apertura dell’anno giudiziario sono 8.942.932, di cui 5.580.000 penali.
L’amnistia servirebbe giustappunto a rimuovere una parte di questa imponente massa di procedimenti accumulata (il che peraltro rende l’azione giudiziaria del tutto discrezionale e dipendente dagli indirizzi soggettivi dei vertici delle procure), cosl come l’indulto occorre per riportare a condizioni accettabili il sovraffollamento nelle celle.
Oltre che decisione pragmatica e necessitata dallo stato di sfacelo ed emergenza delle carceri e del processo penale, una legge di amnistia e indulto risponderebbe anche a una logica di giustizia. Per un motivo molto semplice, quanto nascosto: esiste già una fonna di amnistia di classe, strisciante, selettiva e occulta. Si chiama prescrizione e ha visto 865.073 beneficiari solo negli ultimi 5 anni.
In carcere finiscono solo i poveri, i tossicodipendenti, gli immigrati, coloro che non hanno la possibilità di una vera difesa in tribunale. Insomma, quella massa di persone che grazie alla legge ex Cirielli si vorrebbe definitivamente seppellire nelle celle, buttando via la chiave. E su cui incombe anche il minacciato stralcio della legge Fini- sulle droghe che, in combinato disposto con la Cirielli, finirebbe per trasformare il sistema penitenziario in un gigantesco dispositivo di “incapacitazione selettiva” dei gruppi sociali a rischio, secondo il modello statunitense e come prodotto termi¬nale di quella filosofia della tolleranza zero acriticamente importata e fatta propria, a destra come a centrosinistra.
In questo quadro, e con l’occhio rivolto alla prossima legislatura, ecco che la nostra proposta di amnistia e indulto assume una valenza ulteriore: quella di una concreta resipiscenza rispetto alla voga di un securitarismo senza anima e senza prospettiva, di un rigorismo acefalo e cattivo, che vede nelle fasce dell’esclusione sociale un “nemico” da neutralizzare e da rinchiudere anziché un richiamo alle ragioni della giustizia sociale e uno stimolo alla produzione di politiche di welfare, di sostegno e inclusione. Perché è esattamente questo l’inclusione, le politiche sociali – che produce sicurezza, mentre il securitarismo produce solo business per alcuni, induzione di paure per tutti e dannazione per i piùdeboli.
L’amnistia proposta in queste ultime settimane, assieme a Marco Pannella, da un ampio cartello di associazioni (tra cui Arci, Legambiente, Gruppo Abele, Comunità di Sant’Egidio, Antigone, Forum ambientalista, Forum Droghe, Cgil settore penitenziario, l’Unione delle Camere Penali) e da un comitato promotore composto da nomi autorevoli (tra cui i senatori a vita Andreotti, Napolitano, Colombo; Pisapia di Rifondazione, Boselli dello Sdi, Turci e Salvi dei Ds, oltre che i presidenti delle associazioni e della Conferenza volontariato giustizia), significativamente rappresentativi di una pluralità e trasversalità di posizioni e provenienze, assume dunque un valore aggiunto di cambio di paradigma: un’ opportunità per una sinistra che voglia appunto ritrovare identità e anima.
Chissà se ne avrà il coraggio e la lungimiranza.
Non depone in questo senso il mancato inserimento dell’amnistia nel programma di governo dell’Unione; con la capziosa motivazione che occorrendo il voto di 2/3 delle Camere tale misura non può essere avanzata dal governo o da una sola parte. Nel programma per la giustizia dell’Unione decisa prioritàviene assegnata al varo di un nuovo codice penale, il che è più che positivo (e occorre ricordare che di tale rifonna si parla da oltre 30 anni, senza che ancora abbia visto la luce), magari sperando che diventi occasione anche per quell’ abolizione della pena dell’ ergastolo che il passato governo di centrosinistra non aveva avuto la coerenza di portare a termine. Ma quel che deve essere chiaro, a meno non si voglia continuare nel gioco del ping-pong – già cinicamente sperimentato dai due schieramenti nell’ anno del Giubileo – o dei rinvii sine die, è che il provvedimento di amnistia e indulto è premessa delle riforme strutturali in campo penitenziario e penale. Pensarlo come esito, anziché come precondizione, equivarrebbe ad affermarlo a parole per negarlo nei fatti.
Non è più tempo di indultini e indulticchi, di rimandi e di sotterfugi semantici: la drammaticità ed estensione dell’ emergenza carcere e giustizia impone scelte nette e fatti concreti. La sinistra, se c’è, deve infine battere un colpo.