E’ ufficiale: la Nato andrà in Iraq

Un altro pomeriggio di passione dopo una settimana vissuta con la paura della frattura, ma alla fine la Nato ce la fa a trovare l’intesa sulla missione di addestramento in Iraq. «Accordo raggiunto» annuncia poco dopo le 19.00 il portavoce dell’Alleanza James Appathurai. L’accordo c’è sulle direttrici politiche, sul resto continueranno a discutere al comando militare di Mons, a sud di Bruxelles. L’intesa in realtà c’era già mercoledì scorso, poi venerdì, al termine dei due giorni previsti dalla procedura di silenzio-assenzio, Francia e Belgio avevano presentato le loro riserve scritte, mandando a monte l’accordo. Contemporaneamente Germania e Spagna facevano presenti le loro «sfumature». Diverse le ragioni del no: dalla questione della sicurezza a quella del comando (affidato al generale nordamericano David Petraeus, responsabile anche del programma di addestramento statunitense), dalla richiesta di chiarimenti sul finanziamento fino alla chiara negativa dei quattro a inviare loro soldati in Iraq. Lunedì erano ripresi i negoziati tra gli ambasciatori dei 26 membri del club, con il portavoce dell’Alleanza a ripetere che l’accordo era cosa fatta, questione di «uno o due giorni». L’intesa è poi effettivamente arrivata, ma solo ieri sera, in extremis, passate le sette quando si riusciva a convincere Parigi, ancora ieri in prima linea nel dare battaglia sui «parametri politici». Se ne va così dal quartier generale dell’Alleanza la paura di ripetere la crisi del marzo scorso, quando Francia, Belgio e Germania si opposero alla richiesta di sostegno avanzata dalla Turchia in vista dell’invasione dell’Iraq. Se ne vanno i timori di una nuova terribile crisi ma permane qualche nube e la difficoltà cronica a mettersi d’accordo quando si parla di Baghdad.

Ed al di là dell’accordo politico permangono ancora parecchie questioni tecniche da risolvere. Ieri «gli ambasciatori – ha precisato Appathurai – hanno concordato di dare mandato alle autorità militari di sviluppare ulteriormente la missione». I militari, e più precisamente il comando Shape di Mons, sono chiamati a presentare entro la prima settimana di ottobre un rapporto che permetta di mettere in moto l’operazione entro la fine dell’anno. Da risolvere ci sono ancora questioni complesse come quella del finanziamento (la causa della riserva belga) ed alcuni aspetti dello sviluppo pratico della missione.

I 26 ambasciatori si sono infatti accordati ieri solo sulle linee direttrici. I soldati della Nato sono chiamati ad «addestrare, equipaggiare e offrire assistenza alle forze di sicurezza irachene», impegnandosi però a non partecipare a combattimenti, a meno che non sia per legittima difesa. «Tutte le forze in Iraq, comprese quella della Nato – ha precisato il portavoce dell’Alleanza – avranno il diritto di rispondere per difendersi in maniera robusta. Le regole d’ingaggio precise verranno definite ora dalle autorità militari sulla base di queste direttive».

Il fine dell’assistenza sarà, in primo luogo, quello di costruire le capacità del governo provvisorio nell’offrire sicurezza e protezione al popolo iracheno. Quindi i militari dell’Alleanza saranno chiamati a selezionare personale iracheno che possa seguire l’addestramento all’estero, infine la Nato creerà un centro di eccellenza in Iraq con il proposito di organizzare e rendere operativo il comando delle forze di sicurezza irachene, da determinare su una base «multietnica».

Per quanto riguarda la sicurezza della missione, i 26 paesi hanno trovato un accordo a cerchi concentrici. «La forza multinazionale dovrebbe fornire un ambiente sicuro e protetto per le forze Nato in Iraq» mentre «la catena di comando della Nato avrà la responsabilità per la protezione ravvicinata di tutto il personale Nato dislocato in Iraq o nella regione». Il portavoce ha quindi confermato che la missione sarà guidata da un generale americano dotato di un doppio cappello: «risponderà sia a Washington che a al quartier militare alleato Shape di Mons».